Napoli, il bar dove il caffè si prepara ancora con la “cuccuma”: «Qui la fretta non esiste»

Caffè alla napoletana
Caffè alla napoletana
di Emma Onorato
Domenica 6 Febbraio 2022, 18:39 - Ultimo agg. 18:48
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Nel centro storico di Napoli, in via San Giovanni Maggiore Pignatelli, c'è un bar che ancora conserva, custodisce, ma soprattutto tiene in vita, un'antica usanza. Qui viene preparato il caffè come si faceva un tempo, con la cuccuma, anche detta cuccumella o napoletana, ovvero la vecchia caffettiera da cui prende inspirazione anche il nome il bar: Cuccuma Caffè. Un posto dove la bevanda si gusta alla vecchia maniera, con calma. La fretta non esiste. C'è chi sorseggia il caffè mentre legge un buon libro, e chi sceglie di gustarlo in compagnia di amici o familiari. Ma c'è tutta un'usanza da scoprire prima di arrivare alla degustazione del tanto amato caffè alla napoletana.
Per capire di cosa si tratta bisogna fare un passo indietro nel tempo e provare - per un solo momento - a dimenticare la moka o le macchine da caffè in cialde di ultima generazione: solo così sarà facile immergersi nell’antico aroma che avvolge la tradizione.

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Da Cuccuma Caffè è Achille Munari, il titolare del bar, a fare da Cicerone durante la preparazione della bevanda. Il procedimento viene spiegato passo passo, partendo dalle origini della caffettiera che «si chiama napoletana anche se le origini sono francesi. Fu brevettata a Parigi nel 1819». L'antica macchina per fare il caffè era considerata come un oggetto di lusso perché realizzata in rame «ma i napoletani riuscirono a riprodurla in latta, un materiale più economico che ha reso l'acquisto accessibile al popolo partenopeo», facilitandone la diffusione. Il momento del caffè è sacro nella vita di un napoletano, e un tempo era considerato proprio un rito. La preparazione richiedeva una lunga attesa; i chicchi si macinavano a mano e bisognava stare attenti alle giuste quantità di acqua e di caffè per far sì che la bevanda riuscisse bene. Il segreto? era racchiuso nell'utilizzo del cuppetiello, come ricorda anche Eduardo De Filippo nella sua commedia Questi Fantasmi «Abitudini che, secondo me, sotto un certo punto di vista, sono la poesia della vita; perché, oltre a farvi occupare il tempo, vi danno pure una certa serenità di spirito.

Nessuno potrebbe mai prepararmi un caffè come me lo preparo io, con lo stesso zelo, con la stessa cura. Capirete che, dovendo servire me stesso, seguo le vere esperienze e non trascuro niente», recitava il maestro durante il monologo.

Forse qualche vecchio signore napoletano ancora lo prepara in questo modo. Ma è innegabile che il modo di fare il caffè è cambiato, si è dovuto evolvere per adattarsi a uno stile di vita più frenetico, tipico dei giorni d’oggi dove tutto deve essere fatto in tempi più stretti e veloci.
Ma se è vero che cambia e progredisce la modalità di preparazione, è altrettanto vero che resta ben saldo il valore che ruota intorno al concetto di gustare una tazzina di caffè.
A Napoli, infatti, il caffè è anche un momento di socialità e aggregazione, una piacevole pausa - dal tran tran quotidiano - che invita alla cordialità con le altre persone. «Questa è una macchinetta per quattro tazze, ma se ne possono ricavare anche sei, e, se le tazze sono piccole, anche otto, quando vengono gli amici. D’altra parte il caffè costa così caro».



 

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