Da largo Nilo a Forcella, la Napoli dei ponteggi

Viaggio nella città dei tubi Innocenti: la Procura indaga sui ritardi nei lavori

Ponteggi a Forcella
Ponteggi a Forcella
di Gennaro Di Biase
Martedì 28 Novembre 2023, 23:14 - Ultimo agg. 30 Novembre, 07:30
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Il centro storico Unesco, in diversi punti, è la repubblica dei ponteggi. A tratti, non si capisce se Napoli sia una città ancora da costruire o un mondo antico che non tornerà più in sesto. Le impalcature partenopee, però, nascondono più del fascino del decrepito. A reggere il business dei Tubi Innocenti ci sono vari fattori, su cui - come riportato ieri da Il Mattino - ha acceso un faro la Procura. L’incuria delle istituzioni, i rallentamenti della burocrazia e gli affari del noleggio delle impalcature. Affittarli costa: per privati e istituzioni. E garantisce, dunque, un introito per i proprietari di reti e tralicci. In certi casi, si vocifera di «interessi economici che coinvolgono i clan». Saranno naturalmente gli inquirenti a verificarlo. Ma, nei fatti, lo sblocco dei lavori deve fare i conti non solo con le croniche difficoltà burocratiche e di reperimento dei fondi, ma anche con il fatto che il restauro non sempre conviene a tutti.

Transenne e tralicci, spesso ultradecennali, sono diventati parte della storia di Napoli e dei suoi monumenti. Ieri abbiamo parlato su queste pagine del Conservatorio, di San Lorenzo, di San Martino e della Scorziata. All’elenco dei ponteggi “storici” aggiungiamo oggi alcuni dei casi più vivi ed eclatanti. Partiamo dal cuore dei Decumani. Qui, in uno degli angoli più battuti dal turismo natalizio, in largo Nilo, ecco una coppia di impalcature: alle spalle delle transenne montate sulla statua del Dio Nilo e sulla Sfinge che lo accompagna, svettano gli imponenti ponteggi di Palazzo Panormita: uno dei principali esempi dell’architettura rinascimentale partenopea. «Sono montati da 5 anni», spiegano i commercianti di San Biagio dei Librai. 

Non serve fare molta strada per trovare altri Tubi Innocenti storici: in vico Tarallari a Forcella sono tangibili i segni del terremoto del 1980. I ponteggi occupano da più di 40 anni tutta la via. Sono parte dell’urbanistica. All’angolo di vico Tarallari, si trova la chiesa di Santa Maria a Piazza. Le impalcature, in un luogo di culto che risale al IV secolo, sono arrugginite dagli anni di abbandono. «Santa Maria a Piazza - ricorda Antonio Pariante del Comitato Portosalvo - ebbe dei cedimenti 20 anni fa. Le pareti sono tutt’ora pericolanti».

Danno d’immagine ed economico. Anche le reti di contenimento hanno dei costi, di noleggio o sostituzione. Ecco perché un paragrafo a parte lo meritano due degli obelischi più importanti della città: la guglia barocca dell’Immacolata al centro di piazza del Gesù. E quella di Pio Monte della Misericordia in piazza Sforza, eretta nel 1636, a due passi dalle “Sette Opere” di Caravaggio.

Su entrambi gli obelischi pendono antiche reti di contenimento. A Pio Monte furono montate nell’autunno del ’21, dopo una pioggia di calcinacci. In piazza del Gesù, il crollo di un angioletto risale al 2011. E poi ci sono la rete dell’Arco di Port’Alba e le transenne della Galleria Principe. 

Un altro cult del ponteggio è il complesso degli Incurabili, nel centro del centro. Sono passati 4 anni dal crollo di una volta del pavimento. «I ponteggi ci sono dal 24 marzo del 2019 - spiega Gennaro Rispoli, chirurgo, consigliere comunale e presidente dell’Osservatorio permanente per il Centro Storico di Napoli-Sito Unesco, che stamattina farà un punto in consiglio - Si stanno completando i saggi archeologici. L’investimento, regionale e dell’Unesco, è di oltre 100 milioni. Confido che, completati i saggi, le gare partiranno a breve». Speriamo bene. 
 
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Impalcature celebri sono poi «la Galleria Umberto dal 2014, Il Mausoleo Schilizzi a Posillipo, l’Arco Borbonico sul lungomare, Palazzo Penne o il campanile di Portosalvo, Sant’Agostino alla Zecca - sottolinea ancora Pariante - Le criticità, secondo le nostre stime, riguardano ben 1500 elementi monumentali in centro, tra palazzi, chiese e statue invase da reti di contenimento o impalcature di sicurezza. Un peccato: l’Unesco aveva messo a disposizione negli anni circa 500 milioni per Napoli. Abbiamo inviato un dossier all’Unesco, che ci ha risposto da Parigi e invitato a fissare un incontro». Infine Castel dell’Ovo, chiuso da marzo per lavori. Da una facciata del Maschio Angioino c’è stato un crollo due mesi fa. Nella parte bassa di Castel Sant’Elmo insistono barbacani da un decennio: a ogni fortezza la sua storia. E la sua impalcatura. 

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