Napoli, sciopero dei penalisti al via: salteranno 1500 processi

Rivendicazioni delle toghe legate alla riforma Cartabia

Sciopero degli avvocati a Napoli, a rischio 1500 processi
Sciopero degli avvocati a Napoli, a rischio 1500 processi
di Leandro Del Gaudio
Martedì 18 Aprile 2023, 23:54 - Ultimo agg. 20 Aprile, 07:21
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Tre giorni di astensione, a partire da oggi, con un raduno nazionale che si terrà venerdì mattina a Roma. È l’onda lunga dei penalisti, che puntano a far sentire la propria voce a proposito della riforma della giustizia. Un’onda lunga che approda anche a Napoli, dove - da questa mattina - sono diversi i processi destinati ad essere rinviati: siamo intorno ai 1500 processi, che potrebbero saltare, di fronte a una partecipazione che qui a Napoli si annuncia massiccia. Da oggi fino a venerdì verranno celebrate solo udienze con detenuti o con quanti decidessero di non astenersi, in vista del corteo romano di venerdì mattina. Ma quali sono i punti che alimentano le rivendicazioni della piazza napoletana? La battaglia è su due punti in particolare, due questioni entrambe legate alla cosiddetta riforma di legge Cartabia e alla posizione del governo. Ma proviamo a capire su cosa verte la protesta delle toghe, a Napoli o nelle altre città italiane.

C’è la questione dell’Appello, alla luce delle modifiche inserite dalla legge Cartabia in materia di procedura penale. Vengono introdotte dei paletti per la formulazione di impugnazioni in appello. Paletti che, nell’ottica di chi indossa la toga, vengono considerati come delle limitazioni. Spiega il presidente della Camera penale Marco Campora: «Sono state introdotte delle limitazioni sulle garanzie degli imputati».

Per quale motivo? Prendiamo il caso delle impugnazioni: vengono riscontrate da parte degli addetti ai lavori delle modifiche sulla inammissibilità del giudizio di appello e delle possibilità di impugnazioni, che sono destinate a riverberarsi in particolare sui difensori di ufficio, dunque sulle persone meno attrezzate da un punto di vista economico. Qual è la conseguenza? Sempre secondo i penalisti, ci saranno tanti imputati che non potranno fare ricorso, rischiando di ritrovarsi - a distanza di anni - in carcere, magari per reati che non sono di allarme sociale. Da un tentativo di riforma, per abbattere il contenzioso in appello e decongestionare la macchina giudiziaria, si rischia di affollare quelle carceri che già oggi sono un problema per il sovraffollamento. Ma c’è un altro aspetto su cui riflettono oggi i sostenitori dello sciopero. Ed è il caso dell’udienza filtro che - per i casi più complessi - dovrebbe verificare la sostenibilità di una ipotesi di accusa a carico di uno o più imputati. È il cosiddetto ufficio pre dibattimentale che fa fatica a prendere forma, non solo a Napoli, ma anche nei principali distretti giudiziari del Paese. In sintesi, l’udienza filtro non è partita, tarda a decollare, potrebbe diventare materia viva a partire da gennaio del 2024. Eppure il principio di questa modifica, almeno in linea teorica, trova d’accordo avvocati e addetti ai lavori. Spiega il presidente Campora, al netto degli sforzi organizzativi che vengono quotidianamente profusi negli uffici napoletani: «Bisogna garantire la possibilità di dare forma, da un punto di vista organizzativo, alla creazione di un ufficio che al momento resta solo sulla carta». 

Ma più in generale, si riflette su altri punti da anni controversi e al centro del dibattito politico nazionale. Parliamo della riforma delle carriere, che - secondo i fautori dello sciopero - non troverebbe piena sintonia in seno a tutte le anime del governo. È un percorso possibile? È possibile immaginare una distinzione tra chi entra nei ranghi della magistratura inquirente rispetto a chi va a svolgere il ruolo di giudicante? Secondo l’interpretazione della maggior parte dei penalisti, è doveroso dividere le carriere di pm e giudici, mentre c’è chi ritiene che un pm disancorato dal rapporto con il giudice rappresenta un rischio per l’intera giurisdizione. Spiega il presidente Campora: «Assistiamo al dilagare di una cultura giustizialista e populista che punta ad innalzare pene e a invocare più carcere, che per noi non sono la soluzione delle criticità legate al mondo della giustizia».

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