La violenza di genere e la mano assassina dell'uomo

Su 129 omicidi registrati in Italia dal primo gennaio al 28 maggio 2023, le vittime donne sono 45, di cui 37 uccise in ambito familiare o affettivo

La violenza di genere e la mano assassina dell'uomo
La violenza di genere e la mano assassina dell'uomo
di Tiziana Apicella *
Lunedì 19 Giugno 2023, 14:01
9 Minuti di Lettura

La pace non può essere ottenuta con la forza; può essere raggiunta solo con la comprensione

Albert Einstein.

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In questi giorni la cronaca ci ha fatto inorridire, disperare e fare mille congetture; ci ha fatto interrogare sull'azione degli uomini, del valore, delle relazioni e della violenza che spesso le anima. Cosa spinge un essere umano a usare la forza, la violenza e a uccidere un altro essere umano? Cosa accade, poi, quando questo essere umano contro il quale si usa violenza è la donna con la quale si condivide un pezzo significativo di vita e che, addirittura, porta nel suo grembo una creatura che è il frutto di un'unione d'amore ? Cosa spinge un essere umano a essere così privo di umanità, di amore, di compassione? Dove rintracciare la falla? Cosa non ha funzionato? Come intervenire? Cosa fare per non giungere all'indicibile?

Dai dati ufficiali del Dipartimento della pubblica sicurezza pubblicati sul sito del Ministero dell’Interno a oggi, da inizio anno, le donne vittime di femminicidio sono quasi cinquanta, tra queste la giovane Giulia, uccisa a Senago con il bimbo che portava in grembo, originaria della nostra regione.

Sempre il Viminale indica che dal primo gennaio al 28 maggio 2023, in Italia sono stati registrati complessivamente 129 omicidi. Le vittime donne sono 45, di cui 37 sono state uccise in ambito familiare o affettivo; 22 sono state ammazzate per mano del partner o dell'ex partner.

Se si sposta lo sguardo sul territorio regionale e si focalizza l'attenzione sugli omicidi degli innocenti, si può dire che la nostra regione ha il numero più alto di vittime innocenti della criminalità. Si parla di innocenti quando a essere colpiti sono bambini, donne e uomini completamente estranei alle dinamiche criminali e/o si sono opposti alle diverse forme di violenza criminale. La Fondazione Polis, braccio operativo della Regione Campania, infatti, opera per garantire l'ascolto, l’accompagnamento, il sostegno e la presa in carico, nell’immediatezza del fatto delittuoso, delle persone vittime dei reati e dei loro familiari. Nel corso dei suoi quindici anni di esistenza, in forza dei Protocolli di Intesa sottoscritti con l'Ordine degli Psicologi della Campania e con il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli, ha potuto garantire importanti e fondamentali interventi a favore di chi è stato vittima di un reato. La Fondazione Polis ha realizzato in questi anni più di 400 interventi a favore dei familiari delle vittime innocenti della criminalità.

Queste vittime possono essere distinte per tipologia, se il parametro è il fenomeno che ha determinato l'azione violenta e traumatica: vittime della criminalità organizzata; vittime di reato intenzionale violento; vittime di crimini domestici; vittime del terrorismo; vittime del dovere. Una distinzione che la Fondazione opera anche in ossequio alla normativa vigente a livello nazionale che interviene in forza della tipologia vittimologica a cui queste appartengono.

Il monitoraggio della Fondazione Polis delle donne vittime di omicidio, e in particolare delle donne vittime di violenza di genere, uccise in Campania o di origine campane uccise in altri territori, ci pone all'attenzione 131 omicidi. La prima donna presente nel nostro dataset, uccisa dal compagno, risale al 1983, quasi all'indomani della legge che ha abolito in Italia il delitto d'onore e il matrimonio riparatore (Legge 5 agosto 1981, n. 422 “Abrogazione della rilevanza penale della causa d'onore”).

Se si vuole dare uno sguardo veloce alle norme introdotte in questi anni per garantire pari diritti alle donne ci renderemo conto di quanto queste siano relativamente recenti. Nel 1968 viene abrogato il reato di adulterio regolato dall'artico 559 del codice penale che puniva solo la donna, fino a un anno di reclusione e il correo dell'adultera, con pena fino a due anni di detenzione nel caso di relazione adulterina. Sin dagli albori dell'Impero Romano, infatti, solo la donna era colpevole di questo reato mentre l'uomo era libero di avere tutte le relazioni che voleva. Nel 1975, con la legge del 19 maggio 1975, n. 151 “Riforma del diritto di famiglia”, viene introdotto nel Codice Civile il concetto di potestà genitoriale che sostituisce quello di patria potestà che metteva solo in capo al pater familias ogni decisione su ciascun membro della famiglia quindi non solo sui figli, ma anche su tutti i discendenti in linea maschile e femminile. Solo nel 2013, con il d.lgs del 28 dicembre 2013, n.154 “Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219”, si arriva al concetto di responsabilità genitoriale che sancisce finalmente non solo l'assoluta identità dei diritti e doveri dei genitori ma comporta anche che l'interesse principale e unico da proteggere è quello del minore. Solo, poi, nel 1996, con la Legge n. 66 del 15 febbraio “Norme contro la violenza sessuale”, lo stupro diventa un reato contro la persona e non più contro la morale.

Un piccolo e non esaustivo excursus normativo per riflettere soprattutto sulla temporalità di questi interventi, sulla portata trasformativa di tipo culturale che ha permesso di agire sul modo di guardare e rivolgersi alle donne e anche su come questo agire debba necessariamente trasformare prima le coscienze e poi i comportamenti di ciascun cittadino.

Se rivolgiamo uno sguardo al recente passato, per fare anche i conti con la cronaca, possiamo evidenziare che nel 2022, in Regione Campania, 9 sono stati i femminicidi, su un totale di 120 donne uccise in Italia (300 il totale degli omicidi registrati), 97 di loro sono state uccise in ambito familiare e affettivo (a esempio donne uccise dai padri, dai fratelli), di queste 57 donne hanno trovato la morte per mano del partner o ex partner (dati del Viminale – Servizi analisi criminale della Direzione centrale della Polizia Criminale).

Si aggiunge, seguendo i numeri del Viminale, l'aumento generale degli omicidi rispetto allo scorso anno (2021) che da 287 passano a 300 (un aumento del 5%), ma anche quello delle vittime di genere femminile, che da 114 diventano 119. Questi numeri, dietro ai quali si celano storie di vite spezzate, di orfani improvvisamente privati degli affetti più cari, e di una comunità spesso non pronta ad affrontare criticità di una tale portata, ci impongono una riflessione sempre più accurata e scientifica su un tema scabroso e scandaloso.

Le donne continuano a essere uccise ed essere le destinatarie di efferate violenze.

Il tema della violenza di genere è, dunque, un tema complesso: ci impone di riflettere e, altresì, offrire risposte e politiche d'intervento che coinvolgano tutte le dimensioni dell'esistere. Lo sguardo rivolto alle donne e quello che la donna, talvolta, rivolge a se stessa, continua a conservare e a riprodurre, nonostante il passare degli anni e le trasformazioni epocali, lo stesso archetipo di soggezione e di potere maschile predominante. Il tema dell'educazione e dell'istruzione, il tema del tempo libero, dell'intrattenimento e del modo di intendere la relazione con l'altro sesso radicano relazioni di potere e di soggezione che, come cerchi concentrici, influenzano, in un circolo vizioso, gli atteggiamenti (il modo di pensare) e i comportamenti (modi di agire) degli individui.

Partendo dalla famiglia e proseguendo poi con gli altri soggetti che un individuo incontra nel suo processo di socializzazione, il tema del conflitto e, in generale dell'incontro dell'altro diverso da me, dovrebbe essere affrontato attraverso una comunicazione rivolta alla comprensione e offrendo modelli positivi di comportamento (comportamenti di dialogo e comunicazione non violenta), per innescare un'imitazione funzionale alla relazione pacifica tra gli esseri umani.

Nel mondo immediatamente accessibile ai ragazzi, attraverso relazioni dirette o mediate dal mondo virtuale , i modelli educativi ricalcano archetipi culturali di fascinazione degli atteggiamenti violenti, di sopraffazione dell'uno sull'altro, dell'amore violento e possessivo e dell'oggettivazione dell'altro che diventa oggetto di proprietà senza animus. Archetipi culturali, matrici di concetto, che in maniera meno o più implicita e/o evidente vengono riprodotti anche negli ambienti più ordinari e quotidiani.

Ora, benché il legislatore provveda a rafforzare e a estendere la risposta sanzionatoria penale (si pensi ai Trattati internazionali sul tema e in Italia al Codice Rosso - legge 19 luglio 2019, n. 69 - per la tutela delle donne e dei soggetti deboli che subiscono violenze, per atti persecutori e violenti), le condotte criminose restano in larga parte sommerse e sono riconducibili a stereotipi socialmente diffusi, alla divisione dei ruoli, all'esistenza di relazioni di potere diseguali nel rapporto tra uomo e donna. Risulta evidente allora che sia necessario un intervento trasversale che continui ad avere a cuore provvedimenti normativi sempre più tutelanti e attenti alle disfunzioni che l'intervento stesso può creare, ma allo tesso tempo interventi preventivi ed educativi che si rivolgano alla comunità complessivamente intesa.

La Fondazione in questi anni ha operato anche a favore degli orfani di femminicidio, provando a sostenere a livello regionale tutte le famiglie affidatarie prese in carico, sia in forza della normativa nazionale e regionale sul tema (Legge 11 gennaio 2018, n. 4 “Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici” e legge regionale del 1 dicembre 2017, n. 34 “Interventi per favorire l’autonomia personale, sociale ed economica delle donne vittime di violenza di genere e dei loro figli ed azioni di recupero rivolte agli uomini autori di violenza” del 2017), sia in forza di interventi di tutela e di sostegno suoi propri che integrano le azioni di aiuto previste dalle precedenti leggi, basti pensare alla Legge Regionale del 22 dicembre 2018 (“Istituzione del Fondo per il sostegno socio-educativo e formativo delle vittime di camorra, dei reati intenzionali violenti e dei loro familiari, al sostegno psicologico, all’orientamento ai diritti, etc). Interventi normativi e di supporto che vanno sicuramente implementati per tutelare sempre meglio e sempre di più queste vittime doppiamente tali e che integrano e rendono sempre più chiara la mission della Fondazione: intervenire per ascoltare, accompagnare e tutelare tutte le vittime di reato, soprattutto quelle più vulnerabili, ma anche intervenire con azioni capaci di modificare le lenti attraverso le quali si guarda al mondo, all'altro, alla comunità.

La Fondazione Polis, infatti, sta operando in questi anni mettendo in campo azioni di tipo educativo e formativo. Azioni rivolte alle bambine e ai bambini che insieme agli adulti di riferimento rappresentano la prima comunità entro la quale sviluppare potenzialità ma anche il luogo primario in cui si palesa la fragilità di cui ci si può fare carico in un processo di continua auto educazione, per agire in maniera trasformativa e rendere queste debolezze potenzialità individuali e collettive (Legge regionale 24 giugno 2020, n. 15 “Legge a sostegno delle buone pratiche per le politiche integrate di sicurezza. Istituzioni di Punti Lettura rivolti alle bambine e ai bambini dalla nascita fino a sei anni di età e ai loro genitori”).

Inoltre, la Fondazione, ha operato in questi anni nella convinzione che interventi di giustizia riparativa, caratterizzati dall'ascolto e dalla comprensione del bisogno della vittima, rappresentino una modalità trasformativa per affrontare il conflitto e l'evento traumatico. Capire qual è il bisogno della vittima e intervenire a partire da questo permette di creare un contesto di protezione, di ascolto e di vicinanza alla vittima stessa per generare un clima di fiducia e un lento processo di risanamento. Ascoltare il bisogno di chi ha commesso un reato, d’altro canto, permette di capire cosa non ha funzionato in quel caso particolare, ma, più in generale, cosa non ha funzionato in una comunità che è espressione anche di quella violenza agita, al fine di poter comprendere sempre meglio e in maniera sempre più profonda come poter intervenire per riparare/risanare una ferita che non è solo individuale ma sistemica.

* responsabile dell’Area Vittime della Fondazione Pol.i.s. della Regione Campania

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