Sanità, la Fondazione Gimbe: «L'autonomia differenziata porterà il Sud al collasso»

«Le nostre analisi documentano dal 2010 enormi divari in ambito sanitario tra Nord e Sud»

L'allarme della Fondazione Gimbe
L'allarme della Fondazione Gimbe
di Marco Esposito
Venerdì 22 Marzo 2024, 07:03 - Ultimo agg. 23 Marzo, 10:05
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La sanità in Italia è già da anni fortemente differenziata. E con il progetto di regionalismo del disegno di legge Calderoli quella del Sud «rischia il collasso». È la denuncia della Fondazione Gimbe di Bologna nel report “L'autonomia differenziata in sanità”.

I sostenitori dell'autonomia differenziata hanno tra i propri argomenti a favore proprio i divari territoriali nella qualità di servizi, quale prova che il sistema attuale non funziona. Tuttavia la sanità è regionalizzata dal 1992 (e in modo ancora più netto dal 2001) per cui le differenze sono proprio dovute allo sviluppo di sistemi sanitari autonomi, peraltro con risorse procapite tutt'altro che omogenee. Neppure la definizione dal 2001 dei Lea, i livelli essenziali di assistenza, ha garantito una base minima nazionale di tutele visto che Campania e Calabria sono sistematicamente inadempienti.

I conti 

«Le nostre analisi - sottolinea il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta - documentano dal 2010 enormi divari in ambito sanitario tra Nord e Sud e sollevano preoccupazioni riguardo all'equità di accesso alle cure.

Di conseguenza, l'attuazione di maggiori autonomie in sanità, richieste proprio dalle Regioni con le migliori performance sanitarie e maggior capacità di attrazione, non potrà che amplificare le diseguaglianze già esistenti». I dati sono noti: dalla minore speranza di vita nel Mezzogiorno e in particolare in Campania alla mobilità sanitaria, che vede Calabria, Campania e Sicilia in forte deficit. Il saldo negativo per curare i meridionali al Nord tra il 2010 e il 2021, calcola Gimbe, ha raggiunto i 13,2 miliardi di euro.

Purtroppo persino il Pnrr, che pure nasce in risposta alla sfida sanitaria della pandemia del 2020, sembra mancare gli obiettivi soprattutto nel Mezzogiorno proprio a causa dei diversi divari di partenza. Per esempio per raggiungere entro il 2026 gli obiettivi del Pnrr per l'assistenza domiciliare integrata degli anziani over 65, l'Emilia Romagna dovrebbe migliorare la propria rete di assistenza pre Covid del 35%. Un impegno rilevante ma non proibitivo. In Campania invece l'incremento necessario dovrebbe essere del 294% (cioè quattro volte il valore di partenza) e in Calabria del 416% (ovvero cinque volte il livello del 2019). 

Ma perché l'autonomia differenziata potrebbe incidere negativamente su tale quadro? Cartabellotta indica come rischio principale i contratti e i salari regionalizzati con «una fuga dei professionisti sanitari verso le Regioni in grado di offrire condizioni economiche più vantaggiose». Inoltre le Regioni più ricche potranno offrire borse di studio extra per scuole di specializzazione di medici. Ma anche al Nord ci sono fattori di rischio. Le maggiori autonomie sul sistema tariffario aprono ulteriori spazi per l'avanzata del privato, riducendo l'equità per chi resta utente del settore pubblico. Inoltre «un massivo incremento della mobilità» verso i sistemi sanitari settentrionali peggiorerà l'assistenza sanitaria per chi risiede nelle regioni attrattive. Secondo Gimbe, l'autonomia differenziata per la tutela della salute non solo porterà al collasso la sanità del Mezzogiorno, ma darà «il colpo di grazia al Servizio sanitario nazionale, causando un disastro sanitario, economico e sociale senza precedenti». Un allarme che sta trovando ascolto fra i vescovi del Sud come del Nord, I quali hanno deciso di mettere a punto entro maggio un documento comune della Conferenza episcopale italiana contro le diseguaglianze provocate da una regionalizzazione spinta. Non solo nella sanità. «C'è preoccupazione e perplessità tra i vescovi per un allargamento delle differenze che possono far cadere in un particolarismo istituzionale», ha osservato monsignor Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei. 

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Il ministro Calderoli

Il ministro degli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli però non ci sta e accusa Cartabellotta di catastrofismo. «Il report della Fondazione Gimbe - puntualizza il ministro - fotografa un fallimento della sanità nel Mezzogiorno e una difficoltà anche nelle Regioni del Nord in sanità, a legislazione e a Costituzione vigenti. Il report, comunque, si dimentica che la vituperata sanità parzialmente regionalizzata viene classificata in tutte le graduatorie mondiali tra le top ten e, secondo Bloomberg, addirittura al terzo posto a livello mondiale. Per cui, con buona pace di Gimbe, noi stiamo male ma non troppo, e tutto il resto del mondo sta peggio». Secondo Calderoli, «l'autonomia differenziata è stata proposta per rimediare al disastro del Sud e ai problemi del Nord, quindi per rendere più efficienti le prestazioni in tutto il Paese». 

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