Autonomia differenziata, monito di Bankitalia: «No a formule accelerate al Nord»

Le audizioni di Zaia e Marsilio nella Commissione Affari Costituzionali

Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia
Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia
Marco Espositodi Marco Esposito
Giovedì 4 Aprile 2024, 07:00 - Ultimo agg. 17:05
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E tre. Con una terza memoria la Banca d'Italia interviene ancora sull'autonomia differenziata, esaminando ai raggi X il testo licenziato dal Senato e adesso in discussione alla Camera, dove sono in corso le audizioni nella Commissione Affari Costituzionali. E lo fa per dire un motivato no a corsie preferenziali per le Regioni del Nord che per prime hanno avviato il percorso per ottenere maggiori poteri e risorse: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.

Bankitalia appare preoccupata per la «disposizione transitoria» prevista nell'undicesimo e ultimo articolo del disegno di legge firmato dal ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli. La norma è commentata così: «L'attuale versione dell'articolo 11 del disegno di legge sembra invece prefigurare una prosecuzione automatica della procedura» per le «Regioni che hanno già siglato intese preliminari nelle precedenti legislature». «Sembra», scrive Bankitalia, perché la legge non è scritta in modo limpido.

Ma qual è la sostanza dietro le formule ambigue? Che tre Regioni il 28 febbraio 2018 hanno firmato con il governo Gentiloni delle intese preliminari nelle quali si affronta il nodo delle risorse in modo davvero originale: per calcolare i fabbisogni standard per i servizi da trasferire alle Regioni (scuola, sanità, trasporti e così via) bisogna tener conto non solo dei bisogni della popolazione ma anche del gettito fiscale, stabilendo cioè che un territorio con ricchezza superiore alla media ha bisogni maggiori di istruzione, tutela della salute e così via. In pratica si introduce in Italia il principio che i cittadini non sono del tutto uguali davanti alla legge ma hanno fabbisogni e quindi diritti differenziati per residenza. Una evidente aberrazione, ma non una novità. Già per i servizi comunali, per esempio in materia di istruzione, uno studente ha un fabbisogno riconosciuto per il 2024 pari a 700 euro se risiede a Bari e a 1.200 euro se risiede a Bologna. Con l'autonomia differenziata si rischia quindi che le storture presenti nei servizi comunali (per esempio per le mense scolastiche e quindi per il tempo pieno alle elementari) si moltiplichino per tutti i servizi regionalizzabili.

I quali non sono pochi: l'ufficio legislativo di Calderoli ha censito oltre 800 funzioni trasferibili, di cui 184 possono passare immediatamente alle Regioni visto che si riferiscono a nove materie per le quali non vanno definiti i Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni (come il commercio estero, la protezione civile, le professioni). 

La linea di Zaia 

«Ben venga il fatto - ha detto ieri in audizione il presidente del Veneto Luca Zaia - che la commissione Cassese abbia stabilito che quattordici materie sono lepizzabili e nove materie non lo sono. Penso anch'io che la gradualità nella definizione delle materie sia uno dei pilastri fondamentali». Secondo Zaia l'autonomia differenziata non va interpretata «come un atto di egoismo, ma pensiamo che sia grande occasione per i Paese, diciamo di un nuovo Rinascimento, l'opportunità di gestire in proprio molte competenze». Il presidente ha fatto esplicitamente riferimento agli accordi preliminari del 2018 (i cui testi sono disponibili sul sito del Dipartimento Affari regionali): «Se si è firmata una preintesa, quella nasce da una mia idea con il governo Gentiloni, con il sottosegretario Bressa, proprio con la volontà di dire iniziamo questo percorso di modernità. Leggere che è la secessione dei ricchi vuol dire che tu nottetempo vuoi fregare il tuo vicino di casa, qualche Regione che non ha indicatori ottimali. Tu dovresti fare come la Banda Bassotti, cercare di sottrarre qualcosa a qualcuno e questo qualcuno non se ne accorge. Noi non stiamo portando avanti questo», ha concluso Zaia.

Bankitalia, ovviamente, non accusa nessuno di comportarsi come la Banda Bassotti, tuttavia chiede che ci sia «un'istruttoria accurata e metodologicamente solida dei vantaggi della differenziazione di ciascuna specifica funzione, sia per la Regione interessata sia per il resto del Paese. Questi meccanismi potrebbero essere utili a salvaguardare l'efficienza e l'efficacia dell'assetto complessivo delle politiche pubbliche». Bankitalia, insomma, chiede che il decentramento non sia effettuato al buio, sulla base della presunta maggiore efficienza degli enti regionali, ma di misurare caso per caso gli effetti sull'efficienza economica del Paese e sul suo sistema produttivo. Per esempio «una cornice normativa più articolata e disomogenea sul territorio - si legge nella memoria consegnata ai deputati - potrebbe rendere più difficoltosa l'attività delle imprese operanti su scala sovraregionale, che dovrebbero adeguarsi a quadri regolamentari potenzialmente molto diversi». 

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Alla babele di norme si accompagna una babele di controllori. Ciascuna intesa, infatti, sarà valutata anno per anno da una specifica commissione della quale fa parte la stessa Regione che andrebbe controllata. Un palese conflitto d'interessi che Bankitalia boccia: «Per garantire trasparenza e uniformità di rendicontazione il monitoraggio dovrebbe coinvolgere organismi tecnici unici per tutte le Regioni». 

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