Giorgio Napolitano e il «vivaio intellettuale»: quei giovani tra speranza e futuro

L’esperienza di Napolitano con La Capria, Rosi, Caprara e Barendson: cultura e impegno politico

Napolitano tra i giovani
Napolitano tra i giovani
di Gigi Di Fiore
Sabato 23 Settembre 2023, 23:58 - Ultimo agg. 24 Settembre, 10:03
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Nella Napoli fascista di quegli anni, piazza Santa Maria degli Angeli si chiamava ancora piazza Aurelio Padovani. A poche decine di metri, in via Monte di Dio di fronte palazzo Serra di Cassano, abitava la famiglia di Giorgio Napolitano. Il padre, Giovanni Napolitano, era un avvocato di idee liberali amico di Gherardo Marone grande elettore di Giovanni Amendola, che da Gallo di Comiziano, piccolo paese vicino Nola, si era trasferito a Napoli. Era uno stimato penalista, che aveva sposato una giovane di origini piemontesi, Carolina Bobbio, con cui ebbe tre figli maschi. Quella dei Napolitano era una famiglia di buone frequentazioni e principi saldi. Nella biblioteca c’erano, tra i tanti libri, tutte le opere di Benedetto Croce. Giovanni Napolitano, figlio di agricoltori, si era fatto apprezzare a Castelcapuano, facendosi conoscere tra i colleghi anche per i suoi saggi e le sue poesie. 

Famiglia borghese e conosciuta a Napoli, quella del futuro capo dello Stato. Giovanni Napolitano era anche un reduce della prima guerra mondiale e su quell’esperienza pubblicò uno dei suoi 16 saggi. Non era di certo una famiglia di sovversivi, né di «rossi» quella di Giovanni Napolitano, che era anche consigliere della Camera penale.

Ma Giovanni Napolitano non era neanche di convinte idee fasciste, tanto che rimase ai margini della vita politica nonostante avesse preso la tessera del partito «affascinato dall’arte oratoria di Mussolini».

Dalla figura del padre, il giovane Giorgio fu influenzato e ne seguì le orme negli studi universitari di Giurisprudenza, iscrivendosi per qualche anno anche nell’albo degli avvocati napoletani. Aveva 30 anni il futuro presidente della Repubblica, quando nel 1955 perse il padre che così tanto aveva significato per lui come esempio e riferimento. «Sapevo quanto gli dovessi per l’esempio morale e culturale» riconobbe Napolitano, che avrebbe chiamato uno dei suoi due figli, come da migliore tradizione meridionale, Giovanni come suo padre. 

La cultura e l’esempio familiare, ma anche le frequentazioni adolescenziali napoletane furono determinanti nella formazione del giovane Giorgio Napolitano. Ricordò spesso con commozione i due anni di ginnasio al Reale liceo Umberto I, che dal 1936 al 1941 era ancora nella sede di Vico Santa Maria Apparente. La scuola, le amicizie, i luoghi tra Chiaia e Monte di Dio furono le palestre strutturanti del giovane Napolitano. Ha raccontato lo scrittore Raffaele La Capria: «Se non ci fosse l’amicizia, io non sarei quello che sono. Per fortuna, ho avuto grandi amici fin dal liceo. In classe con me c’erano Giuseppe Patroni Griffi, Francesco Compagna, Antonio Ghirelli, tutte persone speciali. E, nella classe accanto, c’erano Giorgio Napolitano e Francesco Rosi». E ancora: «Eravamo un gruppo di ragazzi di belle speranze, ci conoscevamo bene e ci scambiavamo le idee che si hanno a quell’età. Uno di noi è diventato addirittura presidente della Repubblica!». 

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Aveva 13 anni l’adolescente Giorgio, quando iniziò a studiare all’Umberto. In quel 1938, venivano approvate le leggi razziali contro gli ebrei. La famiglia Napolitano si trasferì per qualche mese a Padova, per evitare i rischi dei bombardamenti in aumento su Napoli. 

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