Coronavirus, portavoce Usa: «Sosteniamo l'Italia». Aumentano decessi in Cina e Corea
La ricerca è stata condotta nel dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche dell’Ospedale Sacco di Milano e nel Centro di ricerca di Epidemiologia e sorveglianza molecolare delle infezioni (Episomi), che fa capo alla stessa Università Statale di Milano. È stato curato da Alessia Lai, Annalisa Bergna, Carla Acciarri, Massimo Galli e Gianguglielmo Zehender. La ricerca si è basata sull’analisi di 52 genomi completi del coronavirus SARS-Cov-2 depositati nelle banche internazionali di dati genetici al 30 gennaio 2020 e ha consentito di stabilire il periodo in cui il virus ha cominciato a circolare e di ricostruire la diffusione dell’infezione nei primi mesi dell’epidemia in Cina.
LA MODIFICA
Dallo studio è emerso che da un numero riproduttivo inferiore a 1, in dicembre il virus è passato a 2.6: un dato che, secondo i ricercatori, permette di ipotizzare l’acquisizione - rapida - di una maggior efficienza di trasmissione. Le cause della trasformazione non sono chiare: potrebbe essere dovuta a cambiamenti che hanno permesso al virus di trasmettersi in modo più efficace da uomo a uomo, oppure alle caratteristiche della popolazione colpita. Secondo i ricercatori la trasmissione del virus dall’animale che lo ospita all’uomo, e le prime trasmissioni da uomo a uomo, potrebbero avere avuto all’inizio un’efficienza limitata, per diventare più rapide in dicembre. «È verosimile - rilevano i ricercatori - che tale rapidità di crescita dei casi si sia successivamente ridotta in seguito alle misure restrittive adottate in Cina». Ulteriori studi su genomi isolati in un periodo più recente potranno confermare l’utilità di queste tecniche anche nel valutare gli effetti delle misure di prevenzione adottate.
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