Ritardi, omissioni, irregolarità e abusi nell’assegnazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. È quanto scoperto dalla Procura di Nocera Inferiore, dopo un sistema di monitoraggio, curato dal procuratore Antonio Centore, riguardo la fase esecutiva che mira a scongiurare la dispersione o deterioramento, così come la riacquisizione, di aziende e beni immobili ubicati nel circondario del distretto di Nocera.
L’attività è svolta congiuntamente, con scambio di dati e informazioni, con l’Agenzia Nazionale dei beni sequestrati e confiscati. «In molti casi - dice Centore nel tracciare il bilancio - abbiamo individuato e risolto situazioni nelle quali erano emerse interferenze o inframmettenze da parte dei precedenti proprietari o di soggetti a loro riconducibili, così come abusi o omissioni da parte delle amministrazioni locali alle quali i beni erano stati assegnati. Così come da parte dei custodi giudiziari, alle cui cure i beni erano stati affidati».
La lista di beni nel circondario di Nocera parte dagli anni 90 e prosegue fino al 2016. «Esiste una zona grigia», spiega Centore, tra il momento della confisca e quello della destinazione e utilizzo ai fini sociali del bene sequestrato. Tante le irregolarità scoperte: si parte dall’occupazione abusiva di immobili da parte degli ex proprietari o di loro familiari, al silenzio di amministratori giudiziari che non chiedevano il pagamento delle indennità di occupazione, fino a sindaci che, dopo l’assegnazione dell’immobile al Comune, permettevano agli ex titolari di riappropriarsene. Scoperte anche aziende confiscate, i cui amministratori continuavano a gestire, svuotandole dei beni e lasciando «gusci vuoti e privi di valore».
Circostanze che spesso diventano oggetto d’indagine, come l’amministratore giudiziario che si accordò con i familiari di un immobile, concedendo a nullatenenti dei mutui finalizzati all’acquisto di immobili, senza chiedere garanzie.
I controlli hanno condotto anche alla scoperta di errori nell’ubicazione degli immobili confiscati o edificati in assenza di titoli autorizzativi, ma usati da amministrazioni per negare la possibilità di un loro riutilizzo a fini sociali, «secondo un modus operandi - continua il Procuratore - che amo definire come “l’Antimafia del giorno dopo».
Il caso più eclatante riguarda il sequestro di una villa a Nizza e un appartamento a Montecarlo nelle mani di un clan di camorra, mai colpiti da confisca pur con una decisione definitiva. L’attività è seguita insieme ad Eurojust. A bloccare il provvedimento fu uno stralcio e separazione di atti e posizioni trasmesse ad altro distretto, che ne aveva determinato la mancata confisca. «Va detto - conclude Centore - che nella maggioranza dei casi si è giunti alla definitiva assegnazione e destinazione a fini sociali dei beni confiscati. Pur all’esito di percorsi mai lineari, sempre costellati da ricorsi, resistenze, inefficienze o eccezioni di parte, spesso pretestuose o dilatorie, per superare le quali in tempi ragionevoli non sarebbe probabilmente stata sufficiente la sola attività, pur se efficiente e generosa, dell’A.N.B.S.C».