Disturbi alimentari, a Napoli è emergenza con sempre più giovani nel mirino: «Colpa dei social»

L'intervista a Luisa Russo, capo del dipartimento salute mentale Asl di Napoli

Napoli, allarme casi di disturbi alimentari e giovani nel mirino: «Colpa dei social»
Napoli, allarme casi di disturbi alimentari e giovani nel mirino: «Colpa dei social»
di Mario Sapio
Mercoledì 3 Aprile 2024, 23:25 - Ultimo agg. 5 Aprile, 07:50
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A Napoli è allarme per l’impennata di casi di disturbi del comportamento alimentare. Ne parliamo con Luisa Russo, capo del dipartimento salute mentale dell’Asl di Napoli: «Abbiamo modificato totalmente il servizio. In questo senso la collaborazione tra la Asl Napoli 1 e l’istituto Montsouris di Parigi è stata un’importante svolta per far fronte all’esponenziale crescita dei disturbi registrata dopo la pandemia. C’è stato un incremento del 50% di richieste di prima visita nel 2021».

Quali sono le principali cause dell’aumento dei disturbi del comportamento alimentare nel periodo post pandemico? La condizione socioeconomica può costituire un nesso con l’insorgenza del fenomeno?
«Il fenomeno è multifattoriale, determinato sia dall’ambiente, che dall’instabilità causata da un vuoto valoriale.

La concezione che lega i disturbi del comportamento alimentare all’appartenenza a una classe sociale è ormai solo un vecchio retaggio. Anche i social sono una delle concause: creano standard e prototipi di bellezza spesso falsi e inarrivabili».

Questi sono fattori che toccano più da vicino i giovani: anche i dati dimostrano che la fascia di età più colpita sia quella adolescenziale?
«In effetti, l’età di insorgenza si è abbassata notevolmente: 8-12 anni. Il 70% delle persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare si trova in una fase adolescenziale e pre-adolescenziale. Perciò noi dell’Asl 1 d abbiamo compiuto una settorializzazione, che ci ha permesso di seguire i pazienti non solo come malati, ma anche come individui. Sempre più sono le attività organizzate per accompagnare coloro che soffrono di disturbi del comportamento alimentare».

Significativo è il vostro nuovo approccio ai pazienti, ci può descrivere un percorso di guarigione che proponete?
«Ovviamente i percorsi sono differenti sia in base al disturbo di cui si soffre, sia al singolo caso. Infatti il 47% dei casi che trattiamo soffrono di disturbi specifici dell’alimentazione o della nutrizione. Noi seguiamo i pazienti sia dal punto di vista sia alimentare che psicologico. Offriamo loro l’opportunità di stare in socialità tramite laboratori d’arte, musica e teatro».

La manovra 2024 varata il 29 dicembre dello scorso anno stava per tagliare i fondi e quindi anche le attività da voi organizzate. Anche in relazione all’articolo 32 della Costituzione che sancisce il diritto alla salute , qual è la sua opinione in merito?
«I disturbi del comportamento alimentare sono una malattia e andrebbero trattati in quanto tali. I fondi andrebbero forse reinvestiti in maniera più efficace, ma non certo tagliati».

Passando, invece, a un dato alquanto scoraggiante: nell’ultimo anno, il numero di decessi si avvicina a 4mila. Cosa non sta funzionando nel processo di guarigione? Questi numeri incoraggiano il mito che dai Dca non si può guarire mai completamente.
«Guarigione è un termine inesatto quando si parla di malattie mentali. Se si intende la scomparsa totale della malattia, ciò è pressoché impossibile, ma se si intende imparare a convivere con essa, questo è l’obiettivo. Più che la parola “guarigione”, noi preferiamo utilizzare “recovery”. Il recupero del paziente e del suo equilibrio interiore è la meta. Noi nel nostro centro ci occupiamo di tutte le malattie legate alla psiche, ad esempio chi soffre di autismo non “guarirà” mai, ma potrà inserirsi più facilmente nella società. Allo stesso modo, chi soffre di disturbi del comportamento alimentare ha il proposito di riuscire a convivere con la malattia per tornare a vivere e non solo ad esistere».

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