Studente da record a Salerno: «Io, diplomato a 17 anni, con lo studio ho imparato che è sbagliato omologarsi»

Classe 2006, compleanno il 23 aprile, maturità al Da Procida in quattro anni. «La cultura? Un piacere, non un dovere per me resta la migliore valvola di sfogo»

Rosario Barone
Rosario Barone
di Gianluca Sollazzo
Domenica 9 Luglio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 10 Luglio, 10:08
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Scrive poesie. E si diletta al violino. Punta dritto alla laurea in matematica e si candida a studiare al Conservatorio. A 17 anni compiuti solo due mesi fa, ha già ottenuto la maturità scolastica. È salernitano uno dei più giovani diplomati d’Italia.

Si tratta di Rosario Barone, studente della quarta G presso il liceo scientifico Giovanni Da Procida di Salerno. Vive a Pontecagnano con papà Aristide e mamma Claudia. Rosario è nato il 23 aprile 2006 e, nel settembre del 2019, ha scelto il percorso di Sperimentazione Quadriennale, che vuol dire diploma in 4 anni.

Non ci sono stati sconti però: l’anno in meno di studi è stato spalmato sul quadriennio, con programmi più vasti, pesanti e un metodo di studio più rigido dei normali licei quinquennali. Stessi obiettivi formativi raggiunti, insomma. Questa particolare combinazione di fattori e di scelte ha fatto sì che Rosario Barone possa essere considerato il più giovane diplomato d’Italia. Ha sostenuto il colloquio finale il 27 giugno. E da pochi giorni ha esultato nello scoprire di aver superato l’esame di Stato col 100 e lode. Sensibile e con una vena artistica molto spiccata. Il 17enne neo diplomato scrive poesie, novelle e spera un giorno di poterne pubblicare alcune. Suona violino e il pianoforte, ispirato da mamma Claudia, cantante nel coro del Teatro Verdi di Salerno.

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E, dopo aver centrato il record della maturità ad appena 17 anni, sta passando le sue giornate a progettare il suo futuro. L’iscrizione all’Università di Salerno per gli studi in matematica è la prima certezza. Poi c’è la scommessa di poter studiare contestualmente al Conservatorio Martucci. «Posso iscrivermi a due corsi di studi post diploma e lo voglio fare – rivela Rosario, che ha ben chiari i suoi obiettivi – questo significherà studiare tutta l’estate, ma non mi spaventa».

Ha iniziato la maturità a meno di due mesi dal 17esimo compleanno. Cosa ha provato?
«Come qualsiasi studente ho provato grande emozione alle prove scritte. Ho deciso di vivere il mio ultimo anno delle superiori come un maggiorenne. I prof mi hanno seguito molto e devo molto a loro».
 

Che traccia ha scelto alla prova d’italiano?
«La traccia che ho scelto il 21 giugno è stata la A1, ovvero l’analisi della poesia Alla nuova luna di Quasimodo. La poesia mi ha molto colpito, non solo perché avevo studiato Quasimodo, ma per le notevoli associazioni socio-artistiche che avrei potuto fare. A differenza delle altre tipologie che erano a direzione unica, la poesia ha sempre più sfaccettature, permettendo così una interpretazione più vasta ed elaborata, talmente vasta che si potrebbe andare fuori tema».
 

Si è iscritto a scuola al primo anno di liceo quando è scoppiata la pandemia. Cosa ha provato?
«La didattica a distanza ha segnato drasticamente quello che è il rapporto fra docente e studente.

Ogni studente - con molta franchezza - tendeva a non seguire, o per lo meno, seguiva ciò che gli interessava, proprio perché il professore non ci poteva osservare. La Dad, scolasticamente parlando, ha messo in scena la differenza dello studiare a casa e dello studiare a scuola, ribadendo come il vero studio avviene prevalentemente a scuola. Personalmente la Dad mi ha aiutato molto a capire che l’Io diventa Io solo quando è immerso in un contesto socio-culturale, pieno di dibattiti, conversazioni e molti, moltissimi litigi. Inoltre la Dad ha messo in risalto le vere amicizie».

Quanto è importante la scuola per lei?
«La scuola non deve essere un luogo di formazione piatta, cioè dove tutti imparano allo stesso modo quel determinato argomento. Credo sia più coinvolgente se durante una lezione ci sia una diversità culturale tra l’interlocutore e l’ascoltatore, mettendo in risalto le conoscenze di entrambi. La scuola questo dovrebbe insegnare: ad essere se stessi ed a non omologarsi alle tendenze e alle mode. La valvola migliore di sfogo non è quello che la gente vede, ma quello che non vede, ovvero la cultura, che si viene a creare solo con lo studio appassionato e privo di doveri, ma intriso di piaceri».
Pensa di aver perso un anno scolastico o di aver anticipato semplicemente i tempi diplomandosi al liceo a 4 anni?
«Sicuramente ne esco rafforzato e arricchito. L’anno prossimo diventerò maggiorenne al primo anno di università: questa per me è una sfida vinta col sacrificio. Il liceo quadriennale e non è più pensante o meno pesante di un liceo di cinque anni. Ovviamente i ritmi di studio sono più rigidi. Ma il peso non lo abbiamo sentito in classe».
Quale messaggio si sente di rivolgere ai suoi compagni che l’anno prossimo a 18 e 19 anni sosterranno la maturità?
«La cosa che voglio dire ai miei compagni del Da Procida, ormai da neodiplomato, è che la maturità non è il voto, ma il colloquio che si fa, dove si svelano le proprie capacità e sensibilità. Dico ai miei compagni più grandi che non dovranno dimostrare alla commissione chi sono, ma dimostrare a loro stessi le potenzialità nascoste».

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