Dante Ferretti a Napoli: «Pasolini, Fellini e Scorsese: la mia carriera con i maestri»

«Ho deciso di lavorare nel mondo del cinema a 13 anni, anche se non avevo idea di cosa avrei potuto fare»

Dante Ferretti a Napoli
Dante Ferretti a Napoli
di Alessandra Farro
Martedì 16 Maggio 2023, 11:00
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Pasolini, Fellini e Scorsese, ma anche Tim Burton, Ettore Scola e Terry Gilliam: il tre volte premio Oscar (per «The aviator», «Sweeney Todd» e «Hugo Cabret) Dante Ferretti ha ripercorso i suoi 50 anni di carriera di fronte a una sala gremita dei giovani studenti dei master di secondo livello dell'Accademia delle Belle Arti in Scenografia per il cinema e Costume per il cinema, finanziati dalla Regione in collaborazione con Rai e Netflix. All'incontro anche David Miliozzi, coautore insieme allo scenografo di Macerata del libro Immaginare Prima. Le mie due nascite, il cinema, gli Oscar (edito da Jimenez), e Renato Lori, direttore dell'Accademia.

Ferretti, quando è cominciato il suo amore per il cinema?
«Avevo 8 anni, mio padre mi portava al cinema ogni domenica insieme a mia sorella e a mia madre.

Iniziai a non poterne fare più a meno. Di notte frugavo nelle tasche dei pantaloni di mio padre in cerca di soldi, così quando andavo a scuola dicevo ai miei che non tornavo a casa per andare dai miei amici a studiare, invece mi chiudevo al cinema: finiva il primo film, cambiavo sala e guardavo il secondo, dopo il secondo il terzo e così via. Poi alla fine dell'anno venivo sempre rimandato».

Quando ha capito che avrebbe voluto trasformare la sua passione nel suo lavoro?
«Ho deciso di lavorare nel mondo del cinema a 13 anni, anche se non avevo idea di cosa avrei potuto fare. Ne parlai con un amico di mio padre, uno scultore, e lui mi trovò subito la soluzione: Devi diventare scenografo. Io non sapevo neanche cosa significasse, ma decisi che avrei fatto di tutto per riuscire a essere uno scenografo per il cinema. Mio padre aveva una falegnameria ed era certo che dopo la scuola dell'obbligo avrei lavorato al suo fianco. Non fu facile per lui digerire la novità, mi avrebbe concesso di andare a Roma per frequentare l'istituto d'arte soltanto se avessi preso voti alti: non fui più rimandato a settembre».

Una volta a Roma sono arrivati i primi incarichi da assistente sui set di Pasolini.
«Una grande scuola, cominciata presto: avevo 17 anni quando mi hanno affidato la prima scenografia. Il capo-scenografo mi disse di essere impegnato e che avrei dovuto portare io avanti il lavoro. Così ho conosciuto Pasolini, ho lavorato come assistente di Scaccianoce per Edipo Re, realizzando le scenografie al suo posto. Il film fu candidato ai Nastri D'Argento per la migliore scenografia, vinse e Scaccianoce ritirò il premio prendendosi tutto il merito, ma da quel momento Pasolini cominciò ad affidarsi a me per i suoi lavori».

Invece con Fellini?
«Quando tornai a Cinecittà dopo la fine della lavorazione di Medea di Pasolini, incontrai il maestro che mi disse: Dantino, il prossimo film lo devi fare con me, io gli risposi: Tra dieci anni, quando ti sarai scocciato di lavorare col tuo scenografo, lavoreremo insieme. Dopo dieci anni, mentre io lavoravo a Todo modo di Petri e Fellini stava finendo Casanova, ci siamo incontrati di nuovo per caso e lui mi ha detto: Dantino guarda che sono passati dieci anni, ora devi lavorare con me. Così ho realizzato le scenografie dei suoi sei ultimi film. Poi sono stato chiamato per Il nome della rosa e subito dopo da Scorsese in America per L'età dell'innocenza ed è cominciato un nuovo capitolo della mia carriera».

Lei ha lavorato anche a Napoli, alcune scene di «Il Decameron» di Pasolini sono girate nella chiesa di Santa Chiara.
«Pier Paolo mi ha insegnato che gli errori sono fondamentali per realizzare delle cose che sembrino reali: qualcosa di perfetto risulterà sempre finto, perché basta andare in giro per renderci conto che quello che ci circonda è pieno di errori. Napoli è così, piena di errori e di meraviglia al tempo stesso, sia per il suo centro antico che per quello moderno. È una città che amo tantissimo. Quando ci passo per raggiungere Capri e Ischia mi fermo sempre in città, poi io tifo per il Napoli, sono molto amico di Aurelio de Laurentis». 

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