Venezia 80, Micaela Ramazzotti premio Armani Beauty: «Scrivere fa bene»

«Questo film me lo sognavo la notte, lo desideravo, nella mia fantasia ce lo avevo in testa e ho avuto la faccia tosta di dirigerlo»

Micaela Ramazzotti
Micaela Ramazzotti
di Titta Fiore
Lunedì 11 Settembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 12 Settembre, 07:30
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Taglio pixie asimmetrico, abito d'alta moda, ma vintage e sostenibile. La nuova Micaela Ramazzotti, attrice e regista, è nuova anche nel look. Splendente. Con «Felicità» ha vinto il premio Armani Beauty assegnato dal pubblico e per molti il film passato nella sezione cadetta Orizzonti non avrebbe certo sfigurato in concorso. Pur essendo da anni una delle protagoniste più brave e intense del nostro cinema, il suo sguardo d'autrice è la rivelazione della Mostra. Sul palco, al momento della vittoria, non si è preoccupata di nascondere l'emozione: «Ho messo l'anima per arrivare al vostro cuore». Poi la dedica ai figli Jacopo e Anna, avuti dall'ex marito Paolo Virzì, «a chi mi vuole bene e a chi «sta vivendo un periodo delicato» della propria vita. «L'infelicità può durare a lungo, ma bisogna lottare sempre per la felicità, perché tutti ne abbiamo bisogno».

Nel film, una produzione Lotus con Rai Cinema, in sala dal 21 settembre con 01, girato tra la Roma radical chic di piazza Vittorio e gli alveari dormitorio di Fiumicino, Ramazzotti è protagonista di un dramma familiare con due genitori inadeguati, Anna Galiena e Max Tortora, e due figli fragili, Matteo Olivetti e la stessa Micaela nei panni di una parrucchiera che lavora nel cinema e cerca di prendersi cura di tutti, mentre di lei, che pure vive con un professore supponente e pieno di sé, nessuno si cura. «Questo film me lo sognavo la notte, lo desideravo, nella mia fantasia ce lo avevo in testa e ho avuto la faccia tosta di dirigerlo.

Sapevo esattamente che percorso far fare a vittime e carnefici, a quella madre ossessiva, morbosa con il figlio maschio, e a quel padre mitomane che sfrutta il lavoro della figlia per una carriera miserabile nelle televisioni di provincia». Nella storia, però, non c'è niente di autobiografico: «Ho messo nella sceneggiatura elementi che conosco, vicino a Ostia ci sono cresciuta». 

Nelle chiacchiere di questi giorni veneziani sulla nascita del progetto c'è una parola che ricorre spesso nel racconto dell'attrice e regista: emancipazione. «Pensavo a questo nucleo familiare, i Mazzoni di Fiumicino, con due figli fragili. Volevo raccontare l'emancipazione di due ragazzi nati e cresciuti in un contesto tossico e disfunzionale. Due anime buone che si trovano a percorrere una strada difficile e, tuttavia, continuano a proteggere i genitori agli occhi degli altri, alimentando l'inganno del loro legame. L'infelicità stanca, indebolisce la testa e il fisico e può mettere una persona in condizione di non reagire. Mi piacerebbe molto che il film parlasse allo spettatore, che aprisse un confronto sui meccanismi dell'emancipazione e sulla possibilità di andare via, di intercettare la malattia. Bisogna avere il coraggio di ribellarsi». 

Di «Felicità» Ramazzotti ha scritto anche la sceneggiatura assieme alle amiche Isabella Cecchi e Alessandra Guidi. Spiega che nella famiglia patologica al centro del film c'è anche il riverbero dell'Italia di oggi e di come «la mediocrità educativa e sociale» che attraversa il paese si rifletta «sulle persone meno attrezzate». Il suo personaggio, Desiré, porta le tracce delle tante donne confuse e infelici che ha portato sullo schermo in film memorabili come «La prima cosa bella», «Posti in piedi in Paradiso», «Gli anni più belli» e «La pazza gioia»: «In un certo senso ho messo in lei tutte le donne vessate, insicure, angosciate dalla vita che ho interpretato finora. Mi piace filtrare con i personaggi fragili, però alla fine Desire si emancipa, capisce di essere l'unica in grado di aiutare il fratello e questa consapevolezza le dà forza, la fa crescere». 

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Vista la bella accoglienza, avrà un seguito l'esperienza dietro la macchina da presa? «Lo deciderà il pubblico, tutto il lavoro che ho fatto è dedicato al pubblico». Di sicuro continuerà a fare l'attrice, «ma scrivere fa sempre bene e già abbiamo cominciato a buttare giù delle idee. Oggi ci sono tante opportunità e tante possibilità di lavoro, le storie belle vanno sempre raccontate, che siano film per il cinema o serie come “The Good Mothers” con cui abbiamo vinto a Berlino. E poi non dimentichiamo l'importanza delle piattaforme, che raggiungono una platea vastissima formata per lo più da giovani». La gioia di essere a Venezia, comunque, non si discute: «È un regalo grande, ringrazio Barbera e la Mostra per aver voluto bene al film». E quando le chiedono se le sarebbe piaciuto essere in concorso, la risposta è nel mood: «Sono felice così».  

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