Franco Ricciardi in concerto allo stadio Maradona: «Ma resto sempre Francuccio da Secondigliano»

«Dopo lo stadio ricomincio dalle piazze: non volto le spalle a chi mi ha portato sin qui»

Franco Ricciardi a palazzo San Giacomo
Franco Ricciardi a palazzo San Giacomo
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Venerdì 9 Giugno 2023, 07:00 - Ultimo agg. 10 Giugno, 09:47
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La frase è fatta, anzi no: «È un sogno che si realizza, anche se io un anno fa nemmeno potevo sognarmela una cosa così». Franco Ricciardi parla del suo concerto di domani sera allo stadio Diego Armando Maradona, sold out in prevendita, il che vorrebbe dire 40.000 spettatori paganti o giù di lì. Francesco Liccardo, così all'anagrafe, 56 anni, da Secondigliano, 36 anni di carriera e 20 album alle spalle, con migliaia di feste nuziali, centinaia di concerti di piazza e due David di Donatello: star del primo contingente neomelodico è oggi artista urban riverito e rispettato dal gotha del rap italiano. Ma non ha mai voltato le spalle al pubblico che gli ha permesso di fare questo mestiere.

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Adesso, però, dopo lo stadio puoi dire addio ai matrimoni, Franco.
«Ma perché mai dovrei voltare le spalle a chi mi ha portato sin qui?».

Magari perché dopo un bagno di folla come quello di domani tornare ai duecento di una cerimonia non è proprio la stessa cosa?
«L'unica differenza è la sensazione iniziale: poi quei duecento invitati degli sposi valgono 40.000 persone».

Va bene, occupiamoci di loro: che cosa gli offrirai?
«Franco Ricciardi, anzi Francuccio, dagli esordi ad oggi».

Oggi però vivi a Posillipo e non più a Secondigliano.
«Ma non passa giorno che non passi da casa di mammà, anche se adesso lei non c'è più e ci stanno mio fratello e mia sorella.

Le radici non sono acqua, i ragazzi fuori alla salumeria o al bar, la signora di fronte che viene a prendere il caffè da noi appena mi vede... Io per tutti loro sono Francuccio. E ricordarmelo fa bene anche a me».

Visto che ci siamo: apri il concerto con «167», pezzo che, come «Cuore nero», fece scalpore: un neomelodico cantava versi sociali, forse persino politici, oltre che firmati da un narratore del calibro di Peppe Lanzetta.
«Inizio cantando casa, certo. E Peppe, certo, e il mio popolo: Scampia non è più Gomorra, forse non è mai stata davvero solo e soltanto Gomorra, c'è sempre stata anche tanta brava gente vicino al regno del malaffare. Ma ora lo si vede meglio, anche se quel grido d'allarme che lanciavo in quel brano vale ancora, per tutta Napoli, per tutto il Meridione abbandonato dalla politica, forse per l'Italia intera. Intanto ho trovato il modo, ottenendo dei permessi, di portare allo stadio qualche ragazzo di Nisida, qualche recluso a Poggioreale e a Pozzuoli, qualcuno che soffre davvero il disagio sociale. È una goccia nel mare, ma è la mia goccia».

Lo show?
«La mia band, le mie canzoni. Un palco come non l'ho mai avuto in vita mia. Sto venendo ogni giorno allo stadio per vederlo nascere, abituarmi, evitare di spaventarmi e sentirmici perso sopra. Ci ho già cantato certo: quando si chiamava San Paolo ospite di Nino D'Angelo, qualche giorno fa per la festa dello scudetto: è stato emozionante vedere i giocatori del Napoli, anche quelli stranieri, cantare la mia Treno: ecco, quella sarà la canzone conclusiva».

Ospiti?
«Pochi, confronti autentici. Chi verrà - Andrea Sannino, Ivan Granatino, Enzo Dong - ha già diviso la mia strada, fa parte della mia vita e carriera».

Il tuo primo lp uscì nel 1986.
«E l'anno dopo, al primo scudetto, capii che era andata bene: in quella festa feci undici serate in piazza, mi spostavo in motorino. Ci rincorriamo io e gli azzurri: loro portano bene a me, forse anche io porto bene a loro».

I neomelodici hanno cambiato pelle: sono postmelodici, urban, cantanti «del popolo»...
«Si cambia e non te ne accorgi. Io non so come da Mia cugina sono arrivato a Madama blu, ma so che non rinnego niente, che senza la prima non sarebbe arrivata la seconda, che a forza di cercare il suono e il linguaggio nuovo con l'ultimo disco, Je sono tornato al punto di partenza: oggi sono di moda gli anni Ottanta, ed io sono partito da lì».

Ti piace la Napoli invasa dai turisti?
«Io, per carattere, tendo a vedere il lato positivo delle cose. Ma, pur comprendendone quello negativo, come possiamo fare gli snob di fronte al successo, che vuol dire lavoro per tanti giovani»?

Domenica vai in ferie?
«Solo per qualche giorno, ho il tour estivo da iniziare, parte il 17, non mi ricordo da dove. Ma il 22 ho già una data importante: a Scampia, piazza Ciro Esposito». 

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