Napoli, se il futuro di Spalletti diventa una partita a scacchi con il patron

Il tecnico ha dubbi sulla permanenza in panchina dopo lo scudetto

Spalletti e De Laurentiis
Spalletti e De Laurentiis
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Venerdì 5 Maggio 2023, 23:56 - Ultimo agg. 7 Maggio, 09:03
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La partita a scacchi è iniziata. E guai a dare l’impressione a Luciano Spalletti di avere le spalle al muro. Le reazioni potrebbero essere assai scomposta. Di certo, sarebbe un problema anche far credere a Luciano che il paradiso sia invece una specie di gabbia. Dunque, serve un incontro e in tempi assai rapidi tra De Laurentiis e il suo tecnico. Cosa che, fino ad adesso non è avvenuta. Perché chiaro che con lo scudetto a un passo ogni argomento differente doveva essere considerato tabù ma certo il clima comincia a diventare particolare. Certo, De Laurentiis parla di Spalletti in maniera incantata («è il mio mito, ora è un eroe per tutti» e così via) ma queste lusinghe difficilmente da sole basteranno senza prima un faccia a faccia. In cui si parli di progetto, di partenze dei calciatori, di chi verrà e così via. Quando? A questo punto potrebbe essere prima di Monza-Napoli, dunque la prossima settimana,

Primo gesto pubblico al risveglio: uscire all’esterno dell’hotel e scattare foto con i piccoli tifosi che sono lì appostati in attesa di qualcuno degli eroi col tricolore sul petto. «Fateli entrare, uno alla volta, tutti i bambini». Secondo gesto, da tecnico campione d’Italia, ex ultimo dei samurai, è quello di andare a trovare alcuni vecchi amici dei tempi dell’Udinese, quindi su per giù una ventina d’anni fa, a cui è rimasto legato, a bordo del van guidato da uno degli autisti del club. Lo ha detto, Luciano Spalletti: non vi dovete aspettare chissà cosa da me quando vincerò lo scudetto. E lo scudetto è arrivato. E con il titolo, termina anche quella specie di armistizio mai stipulato sulle decisioni per il suo futuro. 

Perché ogni volta che ha potuto, in questi mesi, Spalletti non ha mai risposto «resto» ma sempre un languido «non voglio pensare ad altro in questo momento». 

Tradotto: non so che farò. Ecco, ora che il traguardo è stato tagliato, è arrivato il momento di capire. E le parole di ieri sera da Bruno Vespa lasciano intendere che è iniziata una partita a scacchi. In realtà iniziata da molto tempo. Ovvio, tutto bisogna fare tranne che dare la sensazione a Spalletti di avere le spalle al muro. Perché le reazioni posso essere assai scomposte. «Ho esercitato la clausola che avevo nel contratto», ha detto. «E lui dice che è innamorato di Napoli». Tradotto, perché avere delle incertezze. De Laurentiis non ha, in verità, molto digerito né compreso i dubbi di Spalletti perché per lui, quella clausola unilaterale che il tecnico di Certaldo decise di concedere al club, la ritiene vincolante. E il Napoli ha deciso di farla scattare: Spalletti è vincolato da un contratto fino al 2024 con il club azzurro perché per il presidente non ci sono alternative al tecnico campione d’Italia. Il punto è ora semplice: perché la palla passa tutta nelle mani di Lucianone. Che è stato lasciato in santa pace all’inseguimento del sogno diventato realtà, ma adesso la realtà ha bisogno di capire se ci sarà lui a guidare il prossimo anno. E deve dirlo lui. Ed è arrivato il momento.

 

«Napoli, è tutto per te». Ed è questo l’aspetto che più di tutti tormenta Spalletti è proprio questo: ripetersi. Mettiamo da parte l’ingaggio (2,7 milioni di euro) e il fatto che un bel po’ di club sono pronti a offrire molto di più: la questione economica è qualcosa che a Spalletti non importa nulla e che non incide sulle sue scelte. Concentriamoci sulle paure: Spalletti teme di non poter fare meglio di quello che ha fatto adesso. Ha il timore che l’asticella ha raggiunto il cielo. Da tempo i suoi dubbi sono stati stanati.

Ovvio non sa ancora cosa farà. Il tecnico azzurro considera, davvero, come una opzione quella di vincere e di dire addio. Chiuderla qui. Altro che ciclo. In queste ore uniche, straordinarie, eccezionali, avverte sensazioni discordanti e si dovrebbe stare nella sua testa per apprezzare il frastuono dei pensieri anche se già i suoi discorsi sono torrenziali e inafferrabili, figurarsi i sobbalzi dell’anima. Napoli è stata la sua città, l’ha amata e vissuta tutta. Non è facile separarsi anche se «dopo l’Empoli siete venuti tutti a contestarmi». Ma si può mai pensare ancora all’Empoli nella notte in cui si torna a essere campioni d’Italia.

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Spetta a De Laurentiis parlare con Spalletti e convincerlo come se fosse il primo incontro. Come se fosse il primo appuntamento. Anche due anni fa Spalletti aveva delle perplessità perché sapeva che il Napoli andava incontro a una mezza rivoluzione. Ma accettò la sfida, con entusiasmo e passione. E senza il lungo infortunio di Osimhen, chissà come sarebbe andata a finire un anno fa. Ma adesso, difficile capire quello che pensa sia giusto fare. «Lo dica a me che resto, non a voi», ha detto nel ventre di Udine prima di lanciarsi anche lui in un piccolo coro di liberazione. Ma intanto ieri sera lo ha ripetuto, dopo averlo anche raccontato nel pomeriggio. Ma ora occorre capire se Spalletti ha voglia di sfidare Spalletti. 

C’è ancora qualche giorno per allineare i pensieri con rigore tattico senza farsi assalire dalla tentazione della nostalgia. De Laurentiis non ha fretta, la sensazione è che prima della gara con il Monza inviterà a cena Spalletti per iniziare a capire lo scenario. Anche se visto dal punto di vista del presidente, la questione allenatore non esiste: nel senso, lui lo ha riconfermato e l’altro ha un contratto. Basterà? Liberarsi dai lacci e lacciuoli del contratti stipulati dal Napoli non è semplice. Ma impensabile è trattenere Lucianone se per caso dovesse dire che non se la sente più. La lingua non se l’è mai morsa perché, sinceramente, negli ultimi mesi non ha mai parlato come uno che era certo di restare.

Anzi, ha troppo spesso sollevato i sospetti. Ora siamo davvero a un passo dalle decisioni: la palla è nelle sue mani, prendere, lasciare o rilanciare con De Laurentiis. Un nuovo contratto? Chissà, magari è quello l’obiettivo. Ma se si aspetta delle garanzie sul fatto che né Kim né Osimhen andranno via, non le avrà. C’è solo da raccogliere la nuova sfida, da campione d’Italia. «Tre le regole per essere Campioni: città appassionata, calciatori fantastic

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