Napoli-Milan, Spalletti parla alla squadra: ​«Testa solo al Lecce»

​«Non eravamo invincibili prima, non siamo brocchi adesso»

Luciano Spalletti
Luciano Spalletti
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Martedì 4 Aprile 2023, 07:00 - Ultimo agg. 16:28
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Fermi tutti. Parlo io. Parlo solo io. Luciano Spalletti non ci sta a vedere tutti quei volti delusi, il dispiacere dipinto sui volti degli azzurri primi in classifica, lo sconforto per la sconfitta subita con il Milan. La squadra deve solo restare serena. E ascoltarlo. Eccolo, quindi, tornare a essere lo sciamano dei giorni migliori: a me gli occhi, dice, mettendo la sua squadra a rapporto. Non ha senso questa depressione che improvvisa travolge il gruppo ed è questo che spiega Lucianone. Stavolta, pure Di Lorenzo il capitano resta in silenzio. È l'uomo che carica e motiva. Ma non ora: tocca a Spalletti, immediatamente riprendersi il Napoli smarrito per una sera. Dopo una notte praticamente senza chiudere occhio. A vedere e rivedere la gara con i rossoneri. E alla fine del colloquio, il gesto liberatorio: il lungo abbraccio della squadra. Si riparte. Il Milan è già un ricordo. 

Non c'è l'incubo dello scorso aprile. La frenata di primavera che è costata lo scudetto è tornata anche domenica sera nei pensieri di Spalletti. Ma è tutto diverso, anche perché il vantaggio è talmente enorme che pure una serata così può essere perdonata. Spalletti va avanti. Deve andare avanti. È un martello: «Pensiamo ora alla gara di Lecce».

Il tecnico di Certaldo ha già parlato nel ventre del Maradona e lo ha rifatto ancora ieri a Castel Volturno. Non gli piace l'aria che si respira. Insiste: nessun dramma. Lo ripete. Non eravamo invincibili prima, non siamo una squadra che tutti possono battere adesso. Voglia di voltare pagina. Dice ancora: giusto essere tristi, ma bisogna già pensare al Lecce. Neppure stavolta l'uomo di Certaldo si mostra inerme. E allora quando ha rivisto la squadra, ieri mattina nel centro tecnico di Castel Volturno, ha pensato solo a esaltare le cose belle fatte fino ad adesso. E ha fatto la cosa giusta. Perché è logico che è il gioco dei momenti. se un tecnico vede il mondo in fiamme, getta acqua sul fuoco. Se vede depressione, prova a riportare entusiasmo. Le magliette degli allenamenti, quella scritta «sarò con te e tu non devi mollare» sono il ritornello del lungo monologo di Lucianone. Non è un brivido, perché i punti di vantaggio sono sedici. C'è solo una sottile inquietudine che è cominciata a serpeggiare pensando alla Champions League, ai quarti di finale con il Milan. Un Milan in salute, pieno di entusiasmo e di voglie, con un Brahim Diaz e Leao tirati a lucido. 

 

Il Milan è servito, forse, a capire che c'è da dosare meglio le energie dei suoi: Anguissa e Zielinski sono sembrati in affanno, Elmas è pronto per l'uso da tempo e forse c'è bisogno di dare fiducia a Ndombele. Juan Jesus anche, fresco di rinnovo, può far respirare uno tra Kim e Rrahmani e lì davanti Raspadori è pronto a tornare in campo dal primo minuto con un ritorno alla classica staffetta con Simeone. Insomma, venerdì ci saranno delle novità di formazione. Turnover? Sì, senza esagerazione, ma ci sarà. Con qualche titolarissimo che si fermerà per ricaricarsi.

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Mondi separati. L'atmosfera di festa che c'è tra le strade della città e anche all'esterno del centro tecnico, dove anche ieri c'erano una ventina di tifosi ad attendere l'uscita dei (quasi) campioni d'Italia fa da contraltare alla bufera delle due curve. Tanti i bambini anche ieri ospiti del club a Castel Volturno. La squadra è rimasta stupita dalle scene viste dal campo. I calciatori ne hanno parlato tra di loro, increduli e stupiti già nel dopo Napoli-Milan. Luciano Spalletti, parlando a Radio Kiss Kiss, ha chiarito: «Noi dobbiamo essere bravi a fare quanto fatto per tutta la stagione, abbiamo l'obbligo di essere professionisti e badare al nostro lavoro. Quello che accade fuori non possiamo gestirlo. È chiaro che se siamo stati 33 anni senza portare a casa un obiettivo e ora possiamo farlo, ma al contempo ci si dà contro, questo ci penalizza un po', ma noi dobbiamo badare al nostro lavoro». 

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