Garcia via da Napoli in silenzio: «È soltanto colpa mia»

Il triste addio 150 giorni dopo l'annuncio

L'addio di Rudi Garcia
L'addio di Rudi Garcia
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Martedì 14 Novembre 2023, 07:03 - Ultimo agg. 15 Novembre, 09:34
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Centocinquanta giorni esatti dal 16 giugno quando con un tweet venne annunciato Rudi Garcia. Centocinquanta giorni, 8 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte dopo, ha lasciato lo spogliatoio con delle parole tristissime, che sapevano di addio: «Non è colpa vostra, è solo colpa mia questa sconfitta e questa situazione». Pochi secondi, forse gli ultimi con la squadra. Non c'era De Laurentiis che, nell'ultimo giorno, lo ha lasciato da solo. Incredibile: ha avuto il fiato sul collo per ogni giorno, in questi cinque mesi, e poi alla fine è stato mollato senza una parola. Non è sceso nello spogliatoio né all'intervallo né alla fine, il patron. Ha deciso il destino del suo tecnico dopo averlo affiancato in queste ultime settimane. Non ha parlato alla squadra, non ha parlato al presidente, Rudi Garcia. L'unica telefonata ai suoi figli e a casa sua. Ha ancora il volo di ritorno prenotato per domani mattina, ma sa che difficilmente lo prenderà. 

Centocinquanta giorni pieni zeppi di troppi sì: aziendalista oltre misura, forse in maniera esagerata. Aveva un compito: creare uno spartiacque tra il primo e il dopo. Non andava fiero di quel «anche lei può allenare il Napoli» pronunciato al giornalista della Rai il 4 giugno, prima della festa scudetto. Ma ha accettato con entusiasmo la sfida. A Roma, prima di cacciarlo, lo chiamavano Napoleone. Per il coraggio e per il suo essere temerario. È arrivato senza avere garanzie tecniche, né le ha chieste al patron. Neppure una. Si racconta che rimase sorpreso nel sapere che non c'era neppure un direttore sportivo. Ma nel frattempo, con la compagna Francesca, era già ripartito per le vacanze in Francia. A Dimaro, solo lì, ha conosciuto il ds Mauro Meluso. Delle mosse di mercato non ha approvato nulla. Ma non si mai lamentato. Neppure mezza volta ha fatto trapelare il proprio malcontento. Ma certo ha fatto fatica ad accettare l'arrivo di Natan al posto di Kim o l'addio di Lozano. De Laurentiis ha avuto solo una richiesta: valorizzare Raspadori. E ci ha provato in ogni modo. In quei giorni era riuscito, però, a puntare i piedi, sul preparatore atletico Paolo Rongoni.

Da Roma arrivavano voci negative sul suo conto, ma Garcia di dubbi ne ha avuti subito pochi: «Voglio lui». Poche ore e Sinatti diede le dimissioni. Vicenda strana: perché De Laurentiis sul nome del preparatore dei portieri mise, però, un veto. Il francese voleva Nanni e lui rispose che nello staff c'era già lo spagnolo Rosalen.

Sì, anche la gestione dei rinnovi non è mai andata molto giù a Garcia. Ma lui non è mai voluto entrare nel merito: certo, partire con tre big con il mal di pancia per il contratto o in scadenza o da prolungare come Zielinski, Osimhen e Kvara non è il massimo per un tecnico alla prova del dopo Spalletti. Non ha mai parlato male di Luciano, ne ha avuto sempre il massimo rispetto: a Roma non ci fu un sereno passaggio del testimone, ma capendo bene che lo spogliatoio era pieno zeppo di nostalgia e di riconoscimento per il leggendario scudetto, ha sempre evitato parole rancorose. E non è vero che non ha mai visto il Napoli di Luciano Spalletti. Lo ripeteva di continuo che avevano dominato la serie A con merito e giocando un grande calcio. Con De Laurentiis il rapporto all'inizio è stato buono: d'altronde, il presidente ha gestito i primi mesi del dopo-scudetto dall'alto di un piedistallo. A Dimaro e Castel di Sangro hanno diviso molti momenti, ma di cose da condividere ce ne sono state poche. Avrebbe voluto, Garcia, una multa per Osimhen dopo il vaffa a Bologna. E la risposta buonista della società, voluta da De Laurentiis, fu il primo segnale di indebolimento. Non manda giù il silenzio del club dopo le prime voci che lo mettono sulla graticola: diventa ombroso e permaloso. L'arrivo di De Laurentiis a Castel Volturno prima è quasi una liberazione visto il vuoto dirigenziale che non ha mai visto altrove poi diventa un peso. Perché percepisce che la squadra ne è infastidita. La prova con l'Empoli è stata un disastro. Si scusa con tutti prima di partire: «È colpa mia». Non è vero, non solo la sua. Ma pagherà per tutti. 

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