A meno che Aurelio De Laurentiis non riesca a convincere Luciano Spalletti, magari con spettacolare abbraccio a uso di cineoperatori e fotografi, il tecnico del terzo scudetto saluterà il Napoli tra pochi giorni. Speriamo che i protagonisti, in quell'occasione o - perché no? - anche prima, chiariscano e bene le ragioni di questo divorzio. Peraltro, non deve sorprendere che Luciano lasci dopo due anni perché, dal rientro dalla campagna di Russia con i successi conquistati alla guida dello Zenit San Pietroburgo, non è andato oltre i 24 mesi alla guida di una squadra.
A Roma, dove era stato richiamato a furor di popolo per sostituire Rudi Garcia, aveva chiuso il secondo ciclo nel 2017, dopo un duello fino all'ultima giornata con il bellissimo Napoli di Sarri per il secondo posto ma soprattutto dopo lo scontro frontale con Totti. Si era presentato a Milano, sponda Inter, e aveva centrato due qualificazioni Champions, anche qui entrando in contrasto col capitano Icardi.
Roma, Inter, Napoli. Situazioni differenti. Ma con un finale - se è stato già scritto, questo dovrebbero farlo dirlo con chiarezza i protagonisti - tutto sommato simile. Separazioni tutt'altro che in armonia, anzi dopo veri e propri scontri. Quasi sembra che ogni volta Spalletti debba scegliersi un “avversario”. Una volta Totti, un'altra Icardi, adesso De Laurentiis. Se ci fate caso, i capitani e il presidente, cioè gli elementi più rappresentativi dei club in cui lavora. Nemici in casa? A Spalletti non bastano evidentemente gli avversari che affronta e quasi sempre batte sul campo.