Ospedale San Pio di Benevento, si scatena la rabbia su medici e infermieri

La sala d'aspetto del pronto soccorso è piena

Rabbia su medici e infermieri
Rabbia su medici e infermieri
di Giuseppe Di Martino
Sabato 6 Gennaio 2024, 11:00
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Un'attesa di ore e ore. La sala d'aspetto del Pronto soccorso dell'ospedale San Pio di Benevento è piena. C'è chi dorme, aspettando notizie dei propri cari, chi attende in silenzio, chi protesta con l'incolpevole vigilantes, che con cadenza quasi «biblica» annuncia nomi e cognomi dei fortunati che possono valicare le porte del triage riabbracciando un proprio caro.

«Speriamo che qualcuno venga presto a dirci qualcosa, per capire come sia davvero la situazione» confida una pensionata. È una giornata che trascorre lenta, nella quale le tante persone che hanno necessità di una visita si armano di pazienza e aspettano il proprio turno o quello di un familiare da loro accompagnato.

Un'attesa che, in certi casi, si può trasformare in un'odissea lunga due giorni. «Non ho notizie di mio padre da due giorni, questo è un sequestro di persona» racconta nella sala d'attesa una giovane mamma. «Sono a Benevento di rientro dalla Scozia per trascorre le festività natalizie con mio padre che purtroppo ha avuto una crisi respiratoria. Sono qui da quasi 24 ore e, dopo aver dato dei diuretici a mio padre, gli operatori sanitari non hanno dato neanche un pappagallo per i bisogni. Una situazione vergognosa», spiega esausta dall'attesa e dalla mancanza di assistenza una ragazza. Il personale sanitario, per lo più giovane, si vede di rado. Qualcuno prova a chiedere informazioni ma viene invitato a sedersi e ad aspettare con pazienza il proprio turno.

«Non è di certo colpa dei medici, loro sono vittime di un sistema che non funziona» è la tesi di molte persone. «Vi faccio sapere io appena ho notizie, aspetto da sei ore per parlare con un medico» dice al telefono un uomo con il forte accento napoletano. Nel pomeriggio la situazione si è normalizzata, come spesso accade in quanto ci sono particolari momenti di maggiore afflusso di mezzi di soccorso che sono seguiti da fasi alterne di maggiore tranquillità. Nonostante le strategie messe in campo dal management, nel reparto di emergenza-urgenza dell'ospedale cittadino si continua a lavorare sotto stress, soprattutto a causa della sindrome influenzale che sta facendo aumentare a dismisura gli accessi, determinati proprio dalle complicanze legate all'influenza che evolve in alcuni casi in polmonite. Ma la situazione all'interno del Pronto soccorso è al limite. Pazienti con sindrome da Covid insieme ad altri ammalati non Covid. Barelle una sopra l'altra. 

Dall'altro lato della barricata il dramma degli operatori sanitari dei reparti di emergenzaurgenza, già sotto pressione per turni sfiancanti e situazioni mediche delicate da gestire, presi quotidianamente d'assalto. «Noi operatori sanitari siamo vittime quanto i familiari e le persone che hanno bisogno di una prestazione d'urgenza. Le emergenze sono tante e spesso andiamo in affanno. Ovviamente non tutti i familiari hanno questa comprensione e 5 su 10 arrivano già sul piede di guerra pensando che con urla e minacce vengono serviti prima» dichiara un'infermiera del Pronto soccorso del San Pio.

Un problema acuito dalla necessità di adeguare l'assistenza al numero di risorse organiche limitate, dunque medici, infermieri e operatori socio sanitari che non sono stati implementati.

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Ogni giorno, il pronto soccorso del principale nosocomio cittadino assiste un numero di ammalati che in media è compreso tra i 40 e i 50 pazienti, con punte di accessi fino a 80 persone. Spesso, i sanitari sono costretti a sistemare i pazienti nel pronto soccorso dal momento che i reparti sono pieni. «Questo è uno dei problemi più grandi che abbiamo noi infermieri del triage. Siamo i primi professionisti che gli assistiti e i familiari incontrano. Quando si apre la porta siamo praticamente travolti e non abbiamo il tempo per dare delle informazioni. Quando possiamo lo facciamo però c'è un livello di aggressività che non possiamo sostenere» conclude. Anche al San Pio i casi violenza non sono mancati, ma senza arrivare a situazioni limite, il clima è sempre teso tra accompagnatori di pazienti e personale. 

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