Ucraina, i profughi via dal Sannio a due anni dal conflitto

Piovono missili sull'Ucraina
Piovono missili sull'Ucraina
di Antonio Martone
Venerdì 5 Gennaio 2024, 12:30 - Ultimo agg. 12:33
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Tra marzo e luglio del 2022, nei primi tre mesi successivi all'invasione russa in Ucraina, a Benevento e in provincia arrivarono circa 1.800 ucraini, ben 1.200 solo nei primi tre mesi dall'inizio del conflitto. Erano uomini, donne e bambini, che in gran parte avevano già parenti o amici nel Sannio. Scappavano dalla guerra. Cercavano una protezione temporanea o una sistemazione definitiva. Tante le iniziative di solidarietà e di accoglienza organizzate in quel periodo. Al capoluogo si aggiunsero vari centri della provincia come San Leucio del Sannio, Cerreto Sannita, Molinara, che aprirono le porte all'insegna dell'ospitalità. L'associazione «Dante Alighieri» di Benevento, organizzò corsi gratuiti di lingua italiana, mentre Caritas, varie parrocchie, Unitalsi e altri enti si mobilitarono per dare il giusto supporto, con manifestazioni di piazza, beneficenza, spettacoli e incontri di preghiera. A distanza di quasi due anni, anche se la guerra non è ancora conclusa, oltre due terzi degli ucraini «ospiti» del Sannio hanno lasciato Benevento e hanno fatto ritorno nella loro nazione. La mancata integrazione, la voglia di ritrovare i parenti, la nostalgia della loro terra e in alcuni casi anche la non significativa possibilità di sbocchi occupazionali, hanno determinato l'emigrazione al contrario. 

«Mio fratello e un mio cugino - dice Valentin Kovalenko, che vive a Benevento da 14 anni - sono stati per circa un anno a casa mia e si sono messi alla ricerca di un lavoro adeguato che purtroppo non hanno trovato.

Hanno tirato avanti con occupazioni saltuarie e spesso remunerate in maniera insufficiente, di conseguenza hanno deciso di tornare a Poltava». Degli oltre 500 ucraini che sono rimasti, una buona fetta è costituita da donne e bambini, la minoranza da adulti. Quella sannita è una situazione controcorrente perché in altre località della penisola, in particolare nel settentrione, sono gli uomini ad essere rimasti, mentre donne e bambini sono tornati in patria. 

Secondo una ricognizione effettuata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, gli ucraini che si sono stabiliti nella provincia sannita, adesso, sono saliti quasi a quota 2.000, rispetto ai 1.201 del rapporto annuale ufficiale riferito al 2019. La percentuale è pari al 15% circa della popolazione straniera censita nel Sannio, leggermente al di sotto di quella regionale, che si attesta intorno al 17%. Naturalmente si tratta in ogni caso di elaborazioni che sono in continua evoluzione. 

Non mancano, intanto, gli esempi di integrazione, come conferma Enzo Micco: «A gennaio dell'anno scorso, sono stati ospitati a casa mia in città due bambini, nipoti della mia badante di 6 e 11 anni, che dopo una prima fase difficile di ambientamento a causa dei problemi di lingua, ora sono felicissimi e non vogliono più tornare in Ucraina. Tifano per il Benevento Calcio, praticano sport e soprattutto hanno stretto amicizia con tutti i compagni di scuola che li hanno trattati come fossero vecchi compagni. All'inizio avevano una psicologa di sostegno, ora sono liberi». 

Inoltre Iryna Melnyk, che gestisce in pieno centro un'attività commerciale da circa dieci anni e che nei primi giorni della guerra era il riferimento per le comunicazioni e l'arrivo di ucraini, fa il punto della situazione: «La maggior parte sono andati via perché non si sono integrati - sottolinea -, anche se Benevento sin dallo scoppio del conflitto ha mostrato di avere un cuore grandissimo. Da me venivano persone a dare disponibilità per ospitare presso le loro case i profughi e soprattutto hanno donato di tutto, tanto è vero che fummo costretti a utilizzare un locale di via Paga per poter depositare la merce che a scaglioni spedivamo in Ucraina». 

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Emergono, infine, spunti interessanti anche dalle parole di Vitali Saichenco, «sono rimaste soprattutto le donne, perché hanno maggiore possibilità di lavoro come badanti o cameriere. Dispiace per quelli che sono andati via, ma la nostra comunità è ugualmente cresciuta e a livello sociale occupa un ruolo dignitoso». 

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