Stellantis, piano per l’ingresso Renault. Le fabbriche in Italia sono più in bilico

Il pericolo è quello di una riduzione della produzione nel nostro Paese

Stellantis, piano per l’ingresso Renault. Le fabbriche in Italia sono più in bilico
Stellantis, piano per l’ingresso Renault. Le fabbriche in Italia sono più in bilico
di Umberto Mancini
Domenica 4 Febbraio 2024, 00:34 - Ultimo agg. 5 Febbraio, 10:41
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Francia alle grandi manovre sull’auto. Con il governo di Parigi, azionista sia di Stellantis (quota del 6,1% che sale al 9,1% dei diritti di voto) sia di Renault (15%), che pensa in grande. L’idea, circolata in queste ore, è quella di una fusione tra i due gruppi dell’auto. Nozze sotto la regia dell’esecutivo guidato dal presidente Macron. L’obiettivo, fanno capire fonti finanziarie, sarebbe quello di aumentare la presa nel settore e la leadership in Europa, creando una linea Maginot nei confronti dei sempre più temuti e agguerriti cinesi e dei concorrenti tedeschi. 

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LE LINEE GUIDA

Una mossa, ovviamente tutta da confermare, che da un lato farebbe diluire la quota italiana in mano alla famiglia Elkann (attualmente in minoranza in Stellantis) e, dall’altra, consentirebbe ai transalpini di mantenere ben saldo il controllo anzi di rafforzarlo. Un matrimonio, aggiungono sempre fonti finanziarie, anche per neutralizzare o rendere più oneroso un eventuale ingresso dello Stato italiano in Stellantis finalizzato a difendere gli interessi strategici del nostro Paese e, soprattutto, i livelli occupazionali. A Torino cambierebbe invece ben poco. La famiglia Elkann-Agnelli, se il piano andrà in porto, si troverebbe proiettata in un maxi gruppo con quasi 16 milioni di auto prodotte, anche se con minori poteri. Del resto ad aprire alle nozze Stellantis-Renault, proprio mentre il governo italiano chiedeva di aumentare produzione, condizionando l’arrivo degli incentivi ad impegni concreti, è stato l’ad di Stellantis, Carlos Tavares, scelto dagli Elkann per il dopo Marchionne. Il top manager portoghese, che ha sollevato dubbi sul destino di Mirafiori e Pomigliano, ha parlato esplicitamente della necessità di un consolidamento in Europa. «Noi di Stellantis - ha detto in sostanza a Bloomberg - vogliamo farci trovare pronti, vogliamo essere parte del consolidamento». Anche perché il consolidamento «arriverà e metterà il mondo occidentale in una situazione difficile. Le attuali norme antitrust sono controproducenti per fronteggiare l’offensiva cinese. A un certo punto, se devi finanziare una tecnologia molto costosa e non disponi di economie di scala, finisci nei guai. Per fortuna, grazie all’Unione Europea, abbiamo potuto creare Stellantis. Se non lo avessimo fatto, avremmo dovuto affrontare un problema profondo. Fca sarebbe nei guai e Psa sarebbe nei guai. Quindi, quella è stata la mossa giusta al momento giusto».
Ora Tavares pensa soprattutto al futuro. «Guardo - ha detto - a quello che sta facendo Renault, a come si muovono».

Come accennato, non ci sono i dettagli del piano d’integrazione. Il manager si lascia solo sfuggire che «se dovessimo fare qualcosa, lo faremo in modo amichevole. Non ci saranno ostilità». 

LE POLEMICHE

Non si placa poi la polemica con i sindacati e il governo sul futuro degli stabilimenti italiani e sui livelli occupazionali. Un ingresso dello Stato in Stellantis, per riequilibrare i poteri, sarebbe però molto costoso. Per rilevare il 6,1% servirebbero circa 4 miliardi di euro, considerando che attualmente il gruppo conta su una capitalizzazione di oltre 67 miliardi. In ogni caso, Roma rischierebbe di contare sempre meno dei francesi: le holding delle famiglie Agnelli e Peugeot hanno, rispettivamente, il 14,2% e il 7,1%, ma visto quanto stabilito dallo statuto per chi possiede azioni da almeno tre anni, hanno esercitato la possibilità di aumentare i loro diritti di voto al 23,13% e all’11,1%. E lo stesso ha fatto la Francia, tramite la Bpifrance, salita al 9,6%. 
Ieri è stato il ministro degli Esteri Antonio Tajani a tornare all’attacco. «La preoccupazione maggiore - ha detto - è la difesa dei posti di lavoro e mi auguro che Stellantis possa continuare a produrre auto in Italia, è importante che l’Italia possa continuare a essere la seconda manifattura d’Europa». Proprio il ministro Adolfo Urso ha poi ricordato che negli anni scorsi il 40% degli incentivi è andato a Stellantis, ma la metà di questi sono finiti a modelli prodotti all’estero e importati in Italia. 
«La questione di Stellantis - ha aggiunto Carlo Calenda, laeder di Azione - la sto sollevando dalla nascita di Stellantis, anzi da prima, da quando il Governo Conte 2 ha dato 6,3 miliardi di garanzia agli Elkann per pagarsi un dividendo di 2,9 miliardi in Olanda. Da allora io sto dicendo che non è una fusione, ma una vendita ai francesi di un asset industriale fondamentale. Il ricatto di Tavares nel dire “o ci date gli incentivi o chiudiamo le fabbriche” è inaccettabile».

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