Coronavirus, gli scienziati si interrogano su quale potrà essere l'evoluzione del contagio nei prossimi mesi. «Vaste aree dell'emisfero australe, tra cui America meridionale, Sud Africa, Australia e Nuova Zelanda, presenteranno verosimilmente condizioni ambientali molto favorevoli a una rapida crescita dell'epidemia nei prossimi mesi, in assenza di misure contenitive». A spiegarlo sono gli scienziati dell'università degli Studi di Milano, Francesco Ficetola e Diego Rubolini, autori di uno studio sulle relazioni tra incremento dei casi di Covid-19 e condizioni climatiche, disponibile come 'preprint' sulla piattaforma medRxiv.
Uno studio di Francesco Ficetola e Diego Rubolini, professori del Dip. Scienze e Politiche Ambientali di @LaStatale illustra come fattori ambientali possano avere un impatto sui modelli spazio-temporali delle malattie infettive.#Covid_19 #coronavirus https://t.co/rvukTR2IIy
— Roberto Zuffada (@RZuffada) March 30, 2020
Quale potrebbe essere l'area in cui Covid-19 colpirà di più nei prossimi mesi? Scoprendo il meteo del coronavirus è quindi possibile ipotizzarlo.
Il team ha rilevato infatti che l'epidemia cresce più rapidamente a temperature medie di circa 5°C ed umidità medio-bassa (compresa tra 0.6 e 1.0 kilopascal) «l'epidemia cresce più rapidamente a temperature medie di circa 5°C ed umidità medio-bassa (compresa tra 0.6 e 1.0 kilopascal)». Gli autori hanno analizzato le relazioni tra incremento dei casi di Covid-19 e condizioni climatiche. E hanno anche osservato che, al contrario, in climi molto caldi e umidi caratteristici di alcune zone tropicali, l'epidemia sembra diffondersi molto più lentamente, anche se nessuna area popolata del mondo sembra essere completamente inidonea alla diffusione della patologia.
In generale, spiegano gli esperti, le condizioni meteorologiche e climatiche hanno un ruolo molto importante nell'influenzare l'andamento delle epidemie, come dimostrato da numerosi studi condotti sulle malattie influenzali. Per esempio, i virus influenzali si diffondono meno e sono meno persistenti nell'ambiente in climi caldo-umidi. È pertanto verosimile, hanno ipotizzato gli studiosi, che i fattori climatici influenzino anche la progressione della pandemia di Covid-19 attualmente in corso, causata dal virus Sars-CoV-2.