Alessandro Giuliano lascia Napoli: «Non sottovalutare la camorra nell'economia»

«Ho negli occhi le immagini dell'idrante del Reparto Mobile in giro per la città a spruzzare prodotti per sanificare le strade, e i tanti colleghi che si sono ammalati, alcuni dei quali perdendo la vita»

Il questore Alessandro Giuliano
Il questore Alessandro Giuliano
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Venerdì 30 Giugno 2023, 11:00
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Ha guidato la Questura di Napoli in uno dei periodi più complessi della sua storia. Ha gestito l'esperienza drammatica e inedita della pandemia, ma anche i grandi eventi che la città ha offerto, oltre a rappresentare un presidio sicuro per i cittadini e per le altre istituzioni sul territorio. Eccolo il questore Alessandro Giuliano, fresco di promozione alla Direzione centrale anticrimine, una delle eccellenze per i nostri reparti di polizia.

Questore, qual è il suo sentimento dopo quattro anni in via Medina?
«Sentimenti molto contrastanti: alla soddisfazione per l'importante incarico che mi è stato affidato si affianca il dispiacere di lasciare questa città meravigliosa, in cui mi sono sentito a casa, e la squadra eccezionale che ho diretto in questi quattro anni, di cui Napoli e la sua provincia devono essere orgogliosi.

Per me è stato un grande onore essere il Questore di Napoli».

Lei ha guidato la Questura durante la pandemia, cosa ricorda di quei giorni?
«Un periodo surreale, la città deserta, dover chiedere alla gente di non uscire di casa per la loro sicurezza, e allo stesso tempo ai miei collaboratori di continuare a fare il proprio dovere come sempre. Ho negli occhi le immagini dell'idrante del Reparto Mobile in giro per la città a spruzzare prodotti per sanificare le strade, e i tanti colleghi che si sono ammalati, alcuni dei quali perdendo la vita».

Lo scenario delinquenziale di oggi non è paragonabile alla Napoli che lei ha conosciuto negli anni Novanta, ci aiuta a capire qual è il principale problema della lotta al crimine a Napoli?
«Forse manca ancora una comprensione piena e diffusa di come la camorra non sia solo semplice criminalità, ma abbia permeato settori dell'economia e anche pezzi delle istituzioni attraverso la corruzione. Il numero di Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose dovrebbe, già da solo, essere un campanello d'allarme per tutti».

In alcune occasioni istituzionali, ha fatto notare che argomenti come la camorra entrano poco nel dibattito pubblico cittadino: ne è ancora convinto?
«Sì, purtroppo sì. L'attenzione, se mi permette anche quella mediatica, è spesso concentrata solo sulle manifestazioni più evidenti come le cosiddette "stese", che pure sono gravi ma non restituiscono il quadro completo: infatti, le aree che si trovano sotto un rigido controllo mafioso sono spesso "pacificate" e apparentemente tranquille».

Al netto del lavoro svolto dalle Procure del distretto e dalle forze dell'ordine, resta l'emergenza minorile: come va affrontata secondo lei?
«L'aspetto repressivo è certamente importante, e per certe fattispecie, come il porto abusivo di armi, andrebbe forse valutato un inasprimento delle pene o la previsione della custodia cautelare. Ma non si può non tener conto del fatto che tanti bambini e ragazzi di questo territorio crescono nell'assenza completa di punti di riferimento e dei servizi più elementari. Si deve assolutamente lavorare anche su questo, ad esempio intervenendo in modo più drastico sulla dispersione scolastica, e non lasciare questo fardello solo sulle spalle delle tante associazioni del terzo settore, che pure qui fanno un lavoro egregio».

La morte degli agenti Lino Apicella e Giovanni Vivenzio, durante il servizio, resta una ferita aperta: cosa sente di dire a un suo giovane collega che di notte attraversa le strade della città per garantire l'ordine pubblico?
«Anzitutto la gente deve sapere che vi sono centinaia di donne e uomini disposti a mettere a rischio la propria incolumità perché loro vivano più sicuri; può sembrare una banalità ma l'esempio di colleghi come Lino Apicella e Gianni Vivenzio è lì a ricordarcelo. E a queste donne e uomini non posso che dire, per l'ennesima volta: grazie».

Lascia una città invasa da turisti e orgogliosa di aver ritrovato la propria leadership nella cultura e nello sport: da napoletano di adozione cosa sente di dire ai suoi concittadini?
«Di avere cura della loro città, che è una delle più belle e attrattive del mondo. Di non sottovalutarne i problemi, che devono essere affrontati da tutti facendo squadra».

Come immagina la città tra dieci anni?
«Sempre più bella».

Può dare un consiglio al suo successore?
«Maurizio Agricola è un professionista riconosciuto che non ha certo bisogno dei miei consigli. Semmai provo per lui una punta d'invidia, per le straordinarie emozioni che ricoprire questo incarico certamente gli regalerà, come ha regalato a me». 

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