Appalti al Rione Terra di Pozzuoli, parla il manager: «Davo soldi a Oddati, erano per la politica»

Dal Gip le ammissioni dell'imprenditore

La Procura di Napoli
La Procura di Napoli
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Mercoledì 24 Gennaio 2024, 23:30 - Ultimo agg. 26 Gennaio, 07:28
4 Minuti di Lettura

Prima il copione a sfondo umanitario. Poi le ammissioni più nette e taglienti, a proposito del fiume di denaro finalizzato «alla sua campagna elettorale...» o «ai suoi contatti da aiutare in Campagna elettorale...». Sessanta e passa pagine, che portano la firma dell’imprenditore Salvatore Musella, cinquantenne puteolano che si apre al cospetto del gip che lo ha mandato in carcere a Poggioreale. Un interrogatorio finito agli atti dell’inchiesta che punta a fare chiarezza sulla definizione dell’appalto per la gestione di rione Terra.

Una vicenda che ha coinvolto alcuni soggetti di area Pd, con gli arresti di Nicola Oddati e del sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia (entrambi hanno ottenuto gli arresti domiciliari), ma anche dell’imprenditore Musella (difeso dall’avvocato Stefano Montone) e dell’ex direttore Enit Palmucci (oggi ai domiciliari). Al cospetto del gip Antonio Baldassarre, viene ricostruita la storia di un’amicizia pericolosa e spregiudicata, quella di Oddati e Musella, del politico con tanti incarichi (e un retroterra familiare doloroso) e dell’imprenditore macina appalti, che non esita a chiarire il senso di quelle continue elargizioni di denaro, non solo per i problemi privati di Oddati, ma anche «per le campagne elettorali per quelli là...

in Puglia e in Calabria» (con un chiaro riferimento a Santoro e Romeo, due politici Pd finiti nelle trame di questa inchiesta).

Difeso dall’avvocato Paola Balducci e dal suo penalista di fiducia Vittorio Giaquinto, Oddati spiega come è nato il rapporto con Musella. È in cella da tre giorni, ha letto l’ordinanza e sa benissimo che Finanza e Squadra mobile hanno acquisito foto e riscontri sui 14mila euro intascati per mano di Musella. «L’ho conosciuto ai tempi del mio incarico alla Scabec, mentre Musella stava svolgendo dei lavori all’interno della struttura. Diventammo amici, stesso credo interista, poi gli ho raccontato dei miei problemi, che hanno subìto un crescendo». È il momento in cui Oddati parla di vicende familiari, ma anche di altre vicissitudini: «Ero assessore della giunta Iervolino, mi è arrivata una condanna a 60mila euro della Corte dei conti. Soldi che sto ancora versando. Poi un periodo di incarichi e consulenze con cui non riusciva a coprire le sue esigenze, sempre segnate da spese mediche». 

Il gip lo interrompe e gli chiede quale fosse il suo lavoro attuale: «Sono dirigente regionale, ho un ufficio a Roma, percepisco 4.200 euro, ma non rientro nelle spese». Di qui le richieste di soldi a Musella che lo avrebbero portato «sdebitarsi nei confronti dell’imprenditore amico». Ma il giudice lo interrompe di nuovo. E gli fa notare che, a sentire le intercettazioni agli atti, «non si ravvisa sofferenza, discrezione e intimità» nel chiedere un abito su misura al sarto di Musella, o nel commentare con una propria conoscente «la bomba», a proposito di una busta con migliaia di euro (per alcune spese domestiche o per le spese personali della donna). Ma a smentire Oddati su alcuni punti è ancora Musella. L’imprenditore conferma di essersi rivolto a Oddati per agganciare Palmucci, per costruire poi un’associazione di impresa con colosso alberghiero per vincere la gara per la gestione di rione Terra. 

Video

Quanto alle buste di denaro consegnate a Oddati, l’imprenditore ricorda la sua disponibilità ad aiutare in modo incondizionato l’amico Nicola, salvo poi ammettere alcuni punti cardine. È il filone buste di denaro, che spinge gli inquirenti a scavare sui contatti di Oddati in Puglia e in Calabria. Inchiesta condotta dai pm Stefano Capuano e Immacolata Sica, dagli aggiunti Amato e Ferrigno, Musella aggiunge: «Nicola qualche volta mi ha detto, io devo fare... mi servono i soldi, che devo fare la campagna elettorale, devo aiutare Sebastiano l’altro... e io gli rispondevo “Nicò, io ti do i soldi, non voglio sapere a chi li dai...”». 

E ancora: «Nicola mi ha detto io devo aiutare sia in Calabria che in Puglia i miei referenti, la nuova corrente politica che ho fatto, hai qualche possibilità? Poi ovviamente te li ritorno...». Difeso dal penalista Stefano Montone, Musella aggiunge poi un retroscena a proposito del blitz della Finanza: «Durante il camminamento in caserma, Nicola commette un errore grave, a proposito dei soldi che hanno trovato, quando dice che “sono soldi delle tessere elettorali”». Insomma, a che servivano quei 14mila euro? «Campagna elettorale, in Sicilia, Calabria o Puglia. Mi chiese anche di dividerli in due buste».

© RIPRODUZIONE RISERVATA