«La cosa più sconcertante è il silenzio che vediamo intorno a noi, specialmente tra le istituzioni. Dovremmo renderci tutti conto che il fatto stesso di poterci mobilitare è già un grandissimo privilegio, un vantaggio che noi oggi sfruttiamo per dare voce a chi in questo momento non può farlo».
Marzia, rappresentante di istituto del Liceo Gian Battista Vico di Napoli, è un fiume in piena nonostante l’intuibile stanchezza del momento: «È essenziale prendere posizione in quanto studenti – precisa - il nostro Governo si è astenuto mentre migliaia di civili muoiono sotto i bombardamenti che non risparmiano le scuole e i ragazzi come noi».
Sono trascorse già due notti e tre giorni da quando i giovanissimi del collettivo Vico e del coordinamento studentesco Kaos hanno occupato il Liceo di Salvator Rosa. Rispondendo, dopo gli universitari dell’Orientale (occupato all’alba di lunedì 6 novembre), all'appello lanciato dall'ateneo palestinese di Birzeit che aveva invitato tutti gli studenti del mondo accademico e liceale a mobilitarsi in solidarietà con il popolo palestinese. Una chiamata alla mobilitazione a tutti gli effetti che nel capoluogo campano, con buone probabilità, potrebbe estendersi ad effetto domino anche su altri istituti cittadini. Non ha molti dubbi in merito Sofia, studentessa del Vico e attivista del coordinamento Kaos: «Tutti i licei di Napoli ci stanno mostrando la loro vicinanza in queste ore e credo che ci appoggeranno occupando anche loro per far sì che la nostra voce si estenda ancora di più».
I ragazzi si dicono preoccupati e sconcertati per le drammatiche notizie che arrivano ora dopo ora dal Medio Oriente, puntando il dito contro i media occidentali - additati come pro sionisti - istituzioni politiche e scolastiche. «Troviamo inaccettabile che nel dibattito pubblico emerga una sola campana, sembra quasi che non possiamo prendere parola – denuncia Jay, un’altra studentessa del Vico - Nelle nostre scuole se proviamo a raccontare del genocidio in atto nella Striscia di Gaza veniamo zittiti ed etichettati nientedimeno come filo terroristi. Ma questo conflitto va avanti dal 1948, quando è nato il concetto di sionismo».
Per Manuel, al quinto anno del liceo linguistico, è invece necessario costruire dal basso una forma pacifica di resistenza. Attraverso la promozione di incontri ed assemblee nei luoghi del sapere, come scuole e università, con lo scopo di arrivare alla fine delle ostilità. «E' assurdo ciò che sta succedendo in Palestina, ci sono vittime innocenti da entrambe le parti. Ma sono morti causate sempre dallo stesso Governo, quello israeliano che impone la sua narrazione guerrafondaia ad entrambi i popoli. La nostra occupazione non farà finire la guerra a Gaza: l’obbiettivo è incentivare ad un movimento che punti allo stop del conflitto».
«Un’onda» la chiama Marzia, rimembrando il massiccio movimento studentesco che nel 2008 si diffuse in tutta Italia contro la riforma Gelmini.