Musicista ucciso a Napoli, la promessa ai familiari: «Lo Stato vi sarà vicino»

Manfredi: la vera sfida è il lavoro o non ha senso l’invito a restare

Piantedosi con la madre di Cutolo
Piantedosi con la madre di Cutolo
di Luigi Roano
Mercoledì 6 Settembre 2023, 23:55 - Ultimo agg. 7 Settembre, 12:45
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La fitta al cuore che suscita l’emozione per un dolore forte, più che la coscienza in subbuglio - e chissà se è una cosa buona per Napoli che invece ha necessità di un palinsesto narrativo per ripartire pieno di concretezza e razionalità - è quello che provoca la bara bianca con dentro Giovanbattista Cutolo, il musicista di 24 anni ucciso per mano di un ragazzo che di anni ne ha soli 17.

Quel moto dell’anima nella chiesa del Gesù nuovo gremita come non mai è il subbuglio che indistintamente fa muovere, piangere, disperarsi, mamme, papà, vecchi e giovani e tra questa varia umanità le autorità, mischiate in quella folla che le umanizza e non poco. Così si vede il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano arrivare in chiesa prima del rito funebre per abbracciare la mamma di Giogiò Daniela Di Maggio, piegata sulla bara del figlio e Franco Cutolo il papà di Giovanbattista. Dentro e fuori la Chiesa il grido è uno solo: «Giustizia per Giovanni». Momenti emotivamente toccanti in cui arriva il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, altra personalità dello Stato che come Sangiuliano in questi mesi ha dimostrato vicinanza a Napoli. Che accarezza la mamma di Giogiò, scambia qualche parola, e fa sentire il conforto che «lo Stato c’è».

Un contesto nel quale Roberto Speranza - l’ex ministro della Salute che rappresenta il Pd - un passettino avanti lo fa per uscire dal pantano delle polemiche di queste ore sulla sicurezza: «Sono stato a Napoli per partecipare al lutto cittadino - dice - e al funerale del giovane Giovanbattista.

Ho trovato una Napoli che non si rassegna alla violenza e reagisce. Le Istituzioni, la città tutta e la società napoletana sono unite, senza distinzione di colore politico, per la legalità e la convivenza civile contro ogni forma di malavita. E questa Napoli vincerà». 

 

Contesto emozionale che sulla pelle delle Istituzioni locali, cioè Comune e Regione, però è una frustata quotidiana. Solo 5 mesi fa è stato ucciso a Mergellina Pio Francesco Maimone un altro giovane con le stesse modalità di Giovanbattista, entrambi estranei al mondo gomorriano. «Pio Francesco Maimone - ragione Antonio Bassolino ex sindaco della città accompagnato dalla moglie Annamaria Carloni - aveva il sogno di diventare pizzaiolo da allora cosa è cambiato? Cosa è stato fatto? Quanto si è discusso? Non è cambiato nulla e si è ragionato poco. Serve una scossa e io quella tensione morale che servirebbe non la sento e non la vedo». In sottofondo si sentono le parole del vescovo Mimmo Battaglia che ha officiato il rito funebre, un j’accuse contro tutti «perché tutti siamo colpevoli» dice il prelato. Bassolino ci sta fino a un certo punto: «Si poteva dire qualche parola in più sulle Istituzioni e sulle responsabilità delle stesse» il suo commento. Nel frattempo è arrivato il governatore Vincenzo De Luca il faccia a faccia con i genitori del musicista ucciso e l’abbraccio con loro è commosso e commovente.

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C’è il sindaco Gaetano Manfredi che con la moglie Cettina Del Piano ha pianto la perdita di Giovanbattista. Occhi pieni di lacrime quelle dell’ex rettore: «Prendo l’omelia del vescovo come uno stimolo, come una spinta. Tutti - racconta Manfredi - dobbiamo fare sempre di più e meglio e chiunque rappresenti un’istituzione politica, amministrativa, spirituale deve dare sempre qualcosa in più». Il riferimento anche a un impegno maggiore della stessa Chiesa fa venire a galla l’amarezza dell’ex rettore per quel j’accuse ritenuto troppo generico lanciato dal pulpito da Battaglia. «La grande sfida della città è ed è sempre stata il lavoro: se noi - prosegue il sindaco - non vogliamo che i giovani vadano via, allora dobbiamo dare loro delle opportunità altrimenti diventa uno sterile appello a rimanere, ma senza offrire una prospettiva reale». Anche qui il riferimento alle parole del Vescovo che ha invitato i napoletani a «restare» e non a fuggire» è in trasparenza. «Se Napoli vuole liberarsi di questi suoi fantasmi - dice Manfredi - deve farlo con grande impegno delle Istituzioni ma anche con grande impegno dei cittadini e qui oggi c’è stata una grande partecipazione popolare, tantissimi giovani». 

Si invoca la città e la società civile. In Chiesa c’è Costanzo Jannotti Pecci presidente degli industriali con una delegazione degli imprenditori napoletani. «L’invito dell’Arcivescovo - racconta il Presidente - a restare a Napoli deve essere fatto proprio da chiunque abbia a cuore il destino del nostro territorio. Respingiamo dunque, l’idea di fuggire, ma senza ipocrisia». Cosa significa? «La colpa è di noi tutti, di chiunque ricopra incarichi di responsabilità, ma anche di famiglie in cui non si educa quando si potrebbe». Il numero uno degli industriali si interroga: «Quale modello indichiamo ai nostri ragazzi? Giovanbattista Cutolo era un giovane pieno di talento e voglia di vivere. Ma la sua strada è stata troncata, perché la società civile, prima ancora che i tutori dell’ordine pubblico, non riesce a contrastare la cultura dell’illegalità. Che parte dalle piccole trasgressioni per sfociare nella violenza criminale».

Vuole la certezza della pena Jannotti Pecci: «Il mondo dell’impresa chiede che si colpiscano i reati ma si sanzionino con rigore anche le violazioni di regole necessarie per la qualità della vita quotidiana. Noi siamo pronti a fare la nostra parte e a collaborare con chi sia animato dalle stesse intenzioni». In Chiesa c’è Sylvain Bellenger, direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte. C’è Maurizio De Giovanni che si interroga sul punto chiave: «Questo minorenne - il riferimento è all’assassino di Giogiò - è una drammatica espressione dell’altra faccia di questa città, una faccia che esiste e che noi purtroppo tendiamo a ricordare solo in occasione di queste tragedie, invece ce ne dovremmo ricordare sempre. Questi ragazzi vanno salvati perché se non si salvano loro non si salvano nemmeno gli altri». 

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