Discarica nel sottosuolo di Napoli: «Intervenga il prefetto di Bari»

Appello di Legambiente: subito un tavolo per la gestione di questo disastro ecologico

La discarica
La discarica
Paolo Barbutodi Paolo Barbuto
Martedì 27 Febbraio 2024, 23:55 - Ultimo agg. 28 Febbraio, 10:55
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L’allarme lanciato ieri dal Mattino sulla megadiscarica nascosta nelle cavità di Napoli, ha generato una tempesta di caos e polemiche. La città s’è indignata, l’amministrazione comunale ha spiegato che sta valutando quali azioni intraprendere, la Regione, tramite il vicepresidente e assessore all’ambiente Fulvio Bonavitacola, ha chiarito che la vicenda non rientra tra le competenze dell’Ente e che, quindi, non sente la necessità di intervenire sulla questione.

L’allarme è stato lanciato da Gianluca Minin, direttore tecnico della Ingeo che, assieme al geologo Umberto del Vecchio, si è aggiudicata il bando per le verifiche nel sottosuolo della città. Durante i sopralluoghi sono state rilevate decine di giganteschi cumuli di immondizia, tutti segnalati all’Amminisrazione e ai vigili dell’unità operativa Tutela Ambientale, agli ordini del comandante Massimo Giobbe

Secondo una stima iniziale ci sono almeno cinquecentomila metri cubi di spazzatura lanciati dai napoletani, nel corso di decenni, in fondo alle cavità attraverso i pozzi. «Occorrono interventi immediati. Si pensi innanzitutto a bloccare l’accesso ai pozzi per evitare nuovi sversamenti», la presidente campana di Legambiente, Mariateresa Imparato, chiede che qualcosa si faccia rapidamente. Ammette che «mentre leggevo il Mattino e guardavo le foto pensavo che fosse la trama di un horror, di un fantasy assurdo. Non è possibile che sia la realtà dei giorni attuali nella città di Napoli». 

Legambiente proprio ieri ha festeggiato il varo della direttiva europea sui crimini ambientali, approvata dal Parlamento Europeo, un passo determinante nella lotta ai pirati che sfregiano l’ambiente: «Ma la gioia per questo traguardo è stata spenta dalle notizie su Napoli», ha detto con amarezza Imparato.

La presidente di Legambiante sa quanto è complessa la situazione, non ipotizza interventi ma lancia un appello: «Mi rivolgo al prefetto Di Bari affinché possa creare un tavolo permanente sulla questione dei rifiuti nel sottosuolo, attorno al quale riunire tutti gli esperti del settore per capire come intervenire. Nel frattempo Legambiente resta in attesa degli sviluppi delle indagini: saremo parte civile in un eventuale procedimento contro i colpevoli che verranno identificati». 

Legambiente sta già predisponendo un piano di incontri con gli studenti di Napoli durante i quali verranno mostrate le sconvolgenti fotografie pubblicate ieri dal Mattino, per chiedere soprattutto ai giovani di scendere in campo e battersi contro chi devasta l’ambiente. 

 

Nel frattempo Palazzo San Giacomo valuta la proposta presentata proprio dal geologo Gianluca Minin di prevedere sanzioni per gli edifici che si trovano al di sopra delle cavità dove sono individuate le maxi discariche: è difficile trovare la cornice giuridica entro la quale far muovere un’eventuale delibera del Comune. Attualmente sembra difficile riuscire a pretendere il pagamento di una sanzione senza avere certezze aritmetiche sulle responsabilità degli sversamenti.

Del resto è impossibile ipotizzare un progetto di recupero dei rifiuti lanciati nelle cavità sotterranee di Napoli. Bisognerebbe far risalire tutto il pattume attraverso lo stretto passaggio dei pozzi dai quali è stato lanciato giù. Sarebbe un lavoro da eseguire senza l’ausilio di mezzi di raccolta, che nel sottosuolo non potrebbero arrivare; bisognerebbe utilizzare personale con preparazione adeguata a raggiungere il sottosuolo e, infine, far risalire le schifezze utilizzando contenitori che riescono a contenere, al massimo, quaranta chili di materiale: con queste premesse i tempi di bonifica totale di mezzo milione di metri cubi di immondizia sarebbero eterni, fra i venti e trent’anni.


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Senza contare i costi che non sono prevedibili, eccezion fatta per una voce, quella del “tiro in alto” regolata dal prezzario regionale dei lavori pubblici, che individua proprio l’ipotesi di far risalire secchi di materiale dal basso. Secondo il prezzario regionale il “tiro in alto” costa 42,84 euro al metro cubo. Solo per far risalire 500mila metri cubi dal ventre di Napoli bisognerebbe investire 21,4 milioni di euro, senza contare le spese per il personale, per le strumentazioni, per l’illuminazione ipogea.