Omicidio del boss Francesco Russo, annullata la sentenza per Biancolella

A tirare in ballo Biancolella era stato il collaboratore di giustizia Carmine Cerrato

L'omicidio di Francesco Russo
L'omicidio di Francesco Russo
di Luigi Sabino
Mercoledì 19 Aprile 2023, 14:53 - Ultimo agg. 20 Aprile, 07:21
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Annullata con rinvio la sentenza che condannava all’ergastolo il ras Francesco Biancolella. E’ questa la decisione della I sezione penale della Corte di Cassazione dopo aver ascoltato le argomentazioni difensive dei penalisti Luigi Senese e Saverio Senese, legali dell’imputato.

Biancolella era stato accusato di aver partecipato ad un eclatante fatto di sangue avvenuto nel 2009 ossia l’eliminazione del boss Francesco Russo, di suo figlio Ciro e il loro guardaspalle, Vincenzo Moscatelli, tutti ritenuti organici all’organizzazione criminale dei Lo Russo di Miano. A tirare in ballo Biancolella era stato il collaboratore di giustizia Carmine Cerrato che, in uno dei suoi verbali, aveva dichiarato di aver partecipato alla fase preparatoria della strage e, successivamente, di essersi occupato, insieme proprio all’imputato, di far sparire i corpi delle vittime, seppellendoli in un terreno incolto di Mugnano.

Accuse contro le quali il ras degli Amato-Pagano si era sempre professato innocente. Un’innocenza su cui aveva puntato anche uno dei legali di Biancolella, l’avvocato Luigi Senese che, pur di dimostrare la veridicità delle affermazioni del suo assistito, aveva condotto indagini difensive finalizzate a sconfessare Cerrato.

Indagini che avevano dato i loro frutti nell’agosto di tre anni fa quando i cadaveri dei due Russo e di Moscatelli furono trovati in un appezzamento di Mugnano diverso, però, da quello indicato da Cerrato e distante solo poche centinaia di metri.

Un ritrovamento che aveva messo in crisi le accuse del collaboratore anche alla luce di quanto appurato dagli investigatori che, proprio in base alle sue indicazioni, avevano passato al setaccio l’area senza, però, trovare nulla. Si ipotizzò, quindi, che i cadaveri fossero stati trasferiti dopo che si era diffusa la notizia che Cerrato, così come altri prima di lui che erano a conoscenza del triplice omicidio, aveva deciso di collaborare con lo Stato. Un’ipotesi che, però, è stata smentita dal ritrovamento dei corpi. L’episodio, per come ricostruito dalle indagini, si inquadra nello scenario criminale che aveva interessato l’area nord di Napoli subito dopo la sanguinosa faida di camorra tra i Di Lauro e gli Amato-Pagano. Uno scenario dominato dal patto di ferro che questi ultimi avevano stretto con un altro sodalizio di camorra, i Lo Russo.

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Un’intesa che prevedeva anche quello che i collaboratori hanno indicato come scambio di favori come nel caso dell’uccisione dei Russo e di Moscatelli. A eliminarli furono gli Amato-Pagano su ordine dello stesso Cesare Pagano ma la richiesta, come ricostruito dai collaboratori, sarebbe arrivata dai Lo Russo e, in particolare dall’allora boss, ora pentito, Antonio Lo Russo. Quest’ultimo, per come da lui stesso confermato ai magistrati antimafia, chiese agli alleati di sbarazzarsi dei suoi sodali con i quali era entrato in rotta di collisione. Russo e le altre due vittime furono, quindi, attirate in trappola con la scusa di un incontro chiarificatore con esponenti di un altro clan dell’area nord con cui c’erano stati dei contrasti. Al summit, tuttavia, si presentarono i sicari degli Amato-Pagano che non gli lasciarono scampo. Subito dopo la strage, quindi, i corpi furono fatti sparire mentre uno dei killer si incaricò di acquistare champagne e dolciumi per festeggiare la riuscita esecuzione.

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