Vincenzo De Luca, nel libro raffica di insulti al Pd: «Miserabili e cialtroni»

Uscito il libro del governatore della Campania

De Luca alla presentazione del suo libro a Roma
De Luca alla presentazione del suo libro a Roma
di Adolfo Pappalardo
Mercoledì 25 Ottobre 2023, 00:01 - Ultimo agg. 26 Ottobre, 07:27
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«Miserabili», «poveri uomini», «nullità politiche», «cialtroni» e «idioti». Sono solo alcuni degli epiteti, ma ripetuti più volte, con cui Vincenzo De Luca dipinge i dirigenti del Pd nel suo ultimo libro. Ma, almeno su una cosa possono stare tranquilli: a parte i segretari nazionali, da Occhetto alla Schlein, nessuno viene mai nominato. Così si sopisce la paura dei giorni scorsi di molti dem timorosi che il governatore indicasse qualcuno. Possono quindi dormire sonni tranquilli. Anche perché titolo a parte (“Nonostante il Pd”, uscito ieri per i tipi della Piemme) il libro non è tutto incentrato contro il Nazareno. Anzi. Solo poco più di un quarto del tomo (263 pagine in totale) si sofferma sul Pd mentre per il resto il governatore si sofferma, oltre ad una veloce analisi sulla sconfitta alle ultime politiche, molto di più a quanto fatto in questi 8 anni alla guida della Regione e accenna a quanto resta da fare. 

Il titolo, volutamente accattivante, destinato ovviamente a far discutere, dentro e fuori il Pd, è preso invece pari pari da un capitolo di 40 pagine.

Ed è, oggettivamente, la parte più succosa. Di aneddoti, retroscena infatti, non vi è quasi traccia. Se si esclude il racconto dei mesi di De Luca sulla poltrona di viceministro dei Trasporti durante il governo Letta. E qui, racconta il governatore, cresceva la rabbia per le deleghe mai avute. Una rabbia tale che un giorno lo spinse lo spinse a «strappare da una parete un blocco di contatori o di centraline, e - scrive De Luca - lo buttai per aria, giusto per rendere comprensibile la mia posizione». Unica consolazione «il gusto di restituire pan per focaccia al ministro Lupi. Cominciai a indicarlo nelle mie iniziative pubbliche come… la figlia di Fantozzi! La cosa non aiutò a ricomporre i rapporti, ma mi procurò un godimento enorme...». 

Per De Luca la scelta di correre senza i 5Stelle da parte dell’ex segretario Enrico Letta è stata sbagliata: «È stata ancora una volta suicida la linea scelta dalla segreteria del Pd: non ci si allea con i Cinquestelle, dopo che hanno fatto cadere Draghi!». «Si sarebbe dovuto tenere incatenato all’alleanza, fino all’ultimo minuto, Giuseppe Conte», scrive ancora De Luca che rilancia quest’alleanza per le prossime scadenze elettorali. 

Sul Pd, sui suoi dirigenti e sui segretari (dal Pds a seguire) ci sono invece le riflessioni più crude del De Luca-pensiero. E si evince un odio per i «burocrati romani», li chiama lui, che risale al lontano 1993 quando si tentò di fermare la sua prima corsa a sindaco di Salerno. Sono esattamente 30 anni, infatti, che De Luca ce l’ha con il suo partito. «La segreteria nazionale, manco a dirlo, è contro la mia proposta. La motivazione è che un grigio funzionario di partito non va bene». E da allora che scoppia l’allergia di De Luca che dura ancora oggi e lo spinge a scendere in campo, da sindaco per 4 volte, rifiutando il simbolo del partito per optare per una civica personale. E così, lamenta, snocciola tutte le volte che il partito l’ha ostracizzato: dalle regionali perse nel 2010 alle primarie del 2014, prima di approdare a Santa Lucia. Passando per gli attacchi ai suoi figli: «Aggressioni ignobili ai miei figli, cui veniva negato il diritto di vivere la propria vita e le proprie passioni politiche, messi in croce per anni, e aggrediti con un livello di barbarie e bestialità indegno». 

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Duro, durissimo contro Elly Schlein definita «caccica ante litteram», per i suoi tre mandati e contro Articolo Uno («trasformismo clamoroso»). «Si sono trovati a sostenere Elena Schlein (la chiama sempre con il suo vero nome, ndr) tutti i principali responsabili del disastro elettorale» scrive sempre De Luca che se la prende con la segretaria anche per la vicenda dell’armocromista: «Non può il segretario di un partito che vorrebbe parlare agli ultimi, al mondo del precariato e delle povertà, comunicare disinvoltamente la propria passione per l’“armocromia”, con consulenze che costano 300 euro l’ora, cioè i due terzi di una pensione al minimo». In mezzo Antonio Misiani, il commissario del Pd campano: «Gli ho chiesto di chiudere la sua nobile missione in un mese. L’ho visto arrossire, titubare...». Infine un attacco che sembra diretto all’ex ministro Franceschini anche se non lo nomina direttamente «ma spera di incontrarlo da solo». E lo definisce così: «Candidato dai tempi di Giolitti, anzi di Depretis...».

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