Fondi per il tesoro, il sindaco di Napoli non paga neanche San Gennaro

Fondi per il tesoro, il sindaco di Napoli non paga neanche San Gennaro
di Luigi Roano
Giovedì 9 Luglio 2020, 23:00 - Ultimo agg. 10 Luglio, 11:02
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Quattro dipendenti a rischio licenziamento, la manutenzione del sito difficile da programmare, la preoccupazione stampata sul volto di chi deve far quadrare i conti. Sembra la descrizione di uno degli uffici del Comune, quelli distaccati presso le sedi periferiche mentre si avvia alla chiusura. Invece, stiamo parlando addirittura della Cappella di San Gennaro, quella del Patrono della città. Da sette anni, dal 2013, la Deputazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro che gestisce uno dei siti più famosi al mondo, un vanto per Napoli, non riceve il sostegno economico dal Comune. Il debito accumulato dall’Ente sfiora il mezzo milione. Il sindaco Luigi de Magistris e la sua giunta - in buona sostanza - in un bilancio che per quanto dissestato vale 7 miliardi, non riescono a sostenere nemmeno San Gennaro. Al netto del culto e della devozione, e soprattutto di quello che significa per i napoletani, il patrono è una autentica star e attrazione turistica di primo piano. Ma de Magistris e la giunta quando si tratta di stringere la cinghia sanno dove, come e per chi farlo, ed evidentemente San Gennaro non rientra nelle priorità. 

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Eppure la Cappella di San Gennaro - consacrata il 16 dicembre 1646 - fu fatta edificare dalla Deputazione nel 1527 stiamo parlando di 5 secoli fa, perché il Patrono difendesse la città. Per i napoletani è un luogo sacro. I nobili fecero voto di offrire mille ducati per il tabernacolo eucaristico e diecimila per la costruzione di una nuova cappella. Il finanziamento dell’opera inizialmente prevedeva lo stanziamento complessivo di 10mila scudi, poi raggiunse la cifra di oltre 480mila, senza ottenere alcun contributo dal Vaticano. Furono i nobili a farsene carico, ma anche il popolo, una specificità napoletana che rende bene il rapporto carnale con il Santo. Cosa c’entra il Comune con una storia di nobili e chiesa? Bisogna arrivare al 1800 quando anche dalle nostre parti si iniziò a parlare di municipi sulla scorta della rivoluzione napoleonica e del rinnovamento sociale. In quegli anni quello che oggi chiamiamo sindaco fu - in quanto rappresentante della città - nominato presidente onorario della Deputazione ma senza poteri, quelli ancora oggi ce li ha il vice. Per farla breve fino al 2013 è andato tutto bene, il contributo di 65mila euro è arrivato, poi il flusso si è fermato tranne che per un paio di anni dove il contributo del Comune è stato di appena 5000 euro: come se la Cappella del Santo fosse alla stregua di una qualsiasi associazione no profit dedita magari alla ricerca di nuove specie di farfalle o a qualche sagra. 
 


Ma a cosa servono i fondi alla Deputazione di San Gennaro? A manutenere il sito che - ricordiamolo - è dentro al Duomo ma in maniera autonoma. Per spese si intendono gli stipendi dei 4 dipendenti, due amministrativi e due custodi, che sono necessari per il funzionamento della Cappella visitatissima. Li si svolgono anche le invocazioni delle cosiddette «parenti di San Gennaro» perché il patrono rinnovi il miracolo dello scioglimento del sangue. E poi la polizza assicurativa del sito che contiene le reliquie del patrono ma anche molti gioielli non solo in oro, ma in argento. Che vanno manutenuti e lucidati. Insomma, serve un sostegno alla Deputazione i nobili non sono più quelli di una volta con rendite tali da poter dedicare alla Cappelle corposi finanziamenti. Di qui la richiesta la Comune di mantenere i patti e di tenere fede agli impegni. 
 
 

In questo scenario ieri de Magistris e la sua Giunta hanno varato un’altra delibere carica di buone intenzioni e nulla più. Nella sostanza per il Comune il pareggio di bilancio non sarà «più un vincolo assoluto». Cosa significa? Palazzo San Giacomo è gravato da 2,7 miliardi di debiti ed è in predissesto. La norma sul pareggio di bilancio obbliga gli enti a non spendere più di quanto si incassa creando appunto debiti: «Chiediamo al Governo - dice il vicesindaco Panini - di fare la sua parte e di trovare gli strumenti necessari per eliminare il debito ingiusto ed illegittimo, in contrasto con i principi costituzionali».

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