Via Marina, cantiere eterno
si lavorerà fino a settembre

Via Marina, cantiere eterno si lavorerà fino a settembre
di Paolo Barbuto
Sabato 8 Aprile 2017, 00:00
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Il tir gigantesco sfriziona per mettersi un millimetro davanti alla tua minuscola auto, guadagnare spazio e infilarsi nel fiume d’auto che s’inoltra dentro Napoli. Mattina già calda d’aprile, via Marina, cantieri sparsi, strettoie, slalom, traffico. Su quella strada i lavori sono stati ufficialmente aperti il 21 ottobre del 2015: rullo di tamburi e squilli di tromba: «Entro cinque mesi l’intervento sarà concluso e quella strada sarà in gioiello», gongolava palazzo San Giacomo con l’assessore ai trasporti in prima fila. Quindici mesi dopo, però, il cantiere era ancora in piena attività: dicembre del 2016, il Mattino gridò allo scandalo, lo stesso assessore ai trasporti Mario Calabrese scrisse una lettera, mise in fila tutto ciò che di bello e di buono si stava realizzando a via Marina e spiegò: «La conclusione dei lavori è prevista per la fine del mese di marzo».

La fine di marzo è inesorabilmente passata da più di una settimana. I cantieri sono ancora lì, i disagi restano esattamente identici. Anzi, c’è un particolare di non secondaria importanza: con l’avvento degli interventi sulle fognature si sprigiona una orribile puzza che avvolge tutti gli edifici che circondano gli interventi. Ma bisogna turarsi il naso, sperare e aspettare. Anche perché, secondo la ditta che sta eseguendo i lavori, questo strazio andrà avanti almeno fino al mese di settembre per cui, amici automobilisti che ogni giorno affrontate quella strada, fatevene una ragione. I cinque mesi annunciati diventeranno ventitré, se tutto andrà bene. Volete sapere cosa succede? Spiega la ditta che sta eseguendo i lavori che bisognerebbe piantare ottanta pali che serviranno all’illuminazione e alla linea elettrica per i tram. Solo che nessuno era andato a guardare cosa c’è sotto allo spazio dove vanno infilati quei colossi: al primo tentativo di foro s’è scoperto che c’era di tutto, linea elettrica, linea del gas, tubature d’acqua. Così adesso bisogna studiare una maniera per piantare quei pali senza devastare i sottoservizi. Avete letto bene, bisogna ancora pensarci perché per adesso, sostiene la ditta, nessuno ha ancora deciso con precisione come superare l’impasse. All’inizio dello scorso settembre, per raccontare via Marina decidemmo di percorrerla misurando tempi e modi di avanzamento: dallo svincolo autostradale a piazza Municipio impiegammo 21 minuti e tre secondi. Spoileriamo il finale del racconto di ieri: abbiamo impiegato sessantatrè secondi in più. Tempo totale per completare la strada 23 minuti e sei secondi, Record peggiorato. Evviva.


Lungo tutto il percorso, all’interno dei cantieri abbiamo contato solo dodici operai. Ma la ditta ci ha chiarito che ieri c’erano in tutto 28 maestranze al lavoro: probabilmente operavano lungo i sottoservizi perché gli altri sedici noi non siamo stati in grado di individuarli. Tutti i protagonisti, sia istituzionali che operativi, continuano a dire che la parte più importante del lavoro è fatta, adesso è questione di dettagli: ma allora perché non si cominciano a smantellare un po’ di chilometri di cantiere per lasciare spazio alle auto? Te lo chiedi esattamente cinquanta metri dopo aver iniziato la sfida a ostacoli, quando arriva la prima strettoia, e il gigantesco tir portacontainer romba aggressivo per piazzarsi davanti alla tua utilitaria minuscola: vabbè, passa pure, non posso competere, mi arrendo. Si avanza a singhiozzo. Sette minuti per un minuscolo chilometro tutto guerra di nervi con gli invasori della tua corsia che, inesorabilmente, vincono. L’incrocio con via Gianturco è una roulette russa: anche da lì sbucano musi di camion troppo grandi per essere veri, quando s’infilano nel magma di automobili ci vuole una vita per far incanalare anche i loro rimorchi lunghi come grattacieli. Riparti dopo un tempo infinito, all’orizzonte c’è il parcheggio Brin. E non è un buon segno perché prima c’è la drammatica rotonda che segna la confluenza con via Brecce a Sant’Erasmo e via Ponte della Maddalena. Quella rotonda serve a invertire il senso di marcia, quel rondò viene utilizzato soprattutto dai giganti portacontainer così ad ogni inversione di un mostro della strada, noi disperati automobilisti alle spalle restiamo paralizzati per lunghi minuti. Le auto che vengono in senso opposto bloccano il percorso del gigante che rimane fermo a metà della rotonda, chi sta dietro non riesce ad andare avanti, chi si è parato davanti al tir si ritrova incastrato: olè, la paralisi del traffico è servita.

Ma bisogna mettere in conto anche i furbi, quelli che non affrontano la rotonda e la imboccano contromano per evitare quel blocco: è il trionfo dell’illegalità stradale. Ovviamente senza controllo alcuno da parte della polizia municipale. L’altroieri a fare il furbo anticipando la rotatoria ci ha provato pure l’autista di un tir: il risultato è stato definitivamente imbarazzante. Il camion non è riuscito a completare la svolta e ha centrato in pieno una porzione del muretto per i binari appena costruito, riducendolo in pezzi. Dopo quattordici minuti nel traffico, i metri percorsi sono millesettecentododici. Alle viste c’è il deposito «Stella Polare» davanti al quale troneggia ancora una porzione immensa di cantiere che costringe a uno slalom e ti lancia dritto verso il restringimento a una sola corsia. Frizione, acceleratore, freno, guerra con un’auto piena di ragazzi tatuati e allegri che accettano di farti passare. Sembra un miracolo, si cammina un po’. Evviva. Ma dura poco. All’altezza del Loreto Mare è ancora paralisi, stavolta dovuta semplicemente al traffico, non ai restringimenti.


Proprio qui ci sono tanti operai al lavoro, stanno ricoprendo di terra la base delle palme che per adesso sembrano stuzzicadenti con un ciuffetto in cima (ma diventeranno belle e forti, giurano gli esperti. Speriamo). Dal pronto soccorso dell’ospedale escono mamma, papà e adolescente molto robusto: è alto dieci centimetri più della mamma, largo dieci centimetri più del papà. È immenso. Il ragazzo ha un braccio appena ingessato, la mamma lo abbraccia protettiva. I tre salgono su un ciclomotore, nessuno indossa il casco, l’adolescente ingessato al centro, la mamma che sta per cadere dalla parte posteriore del sellino. Aggrediscono il traffico, si parano davanti, il papà fa urlare un clacson dalla voce bianca mentre ti guarda in cagnesco: vabbè, passa, passa pure, tanto lo spazio per far avanzare un’auto non c’è. Le reti rosse del cantiere spariscono, a destra si apre il mercato. Addio lavori in corso, l’obiettivo di piazza Municipio si avvicina. Anzi no.


Perché iniziano i guai perpetrati quotidianamente dagli incivili.
Quel tratto finale di strada va a infilarsi su via De Gasperi che si trova subito dopo un semaforo che pare non passare mai al verde. Il fatto è che pure quando scatta la luce verde, è impossibile proseguire perché su via De Gasperi si circola su una sola corsia. In realtà lo spazio sarebbe molto più ampio, solo che da entrambi i lati della strada c’è una costante doppia fila di automobili, quelle parcheggiate lungo il marciapiede e quelle parcheggiate di fianco alle prime: così lo spazio per la circolazione si riduce a una sola fila di auto in movimento, e alle spalle il traffico si espande in maniera impressionante. Dietro un angolo si staglia, finalmente, il Maschio Angioino. Ingresso in piazza municipio 23 minuti e sei secondi dopo la partenza dallo svincolo autostradale: ottima prestazione, via Marina certe volte sa essere molto peggio.
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