Salerno, la denuncia di un infermiere:
«Discriminato perché gay»

Salerno, la denuncia di un infermiere: «Discriminato perché gay»
di Petronilla Carillo
Venerdì 12 Agosto 2022, 06:40 - Ultimo agg. 07:07
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Proprio quando i diritti civili diventano occasione di dibattito sociale, all’azienda ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, un infermiere viene discriminato perché omosessuale. «Dobbiamo metterlo fuori dal reparto», avrebbero commentato il primario e la caposala con i suoi colleghi, «il ricchione se ne deve andare via da qua», e ancora: «devo costringerlo a cambiare reparto». Offese ed ingiurie che sono state formalizzate in una querela-denuncia presentata da G.S., 44 anni, in procura tramite il suo legale di fiducia. Una querela sulla quale i carabinieri, che hanno avuto delega di indagine dalla procura di Salerno, stanno ora lavorando ascoltando anche i quindici testimoni indicati dalla difesa del giovane infermiere, una querela alla quale sono seguite una serie di altre integrazioni. A questa denuncia i due indagati avrebbero risposto con la richiesta di un provvedimento disciplinare aperto presso la direzione sanitaria ma immediatamente sospeso, essendoci una indagine penale in corso sugli stessi argomenti. 

«Sono stanco di combattere - dice l’infermiere - perché psicologicamente sono molto provato. È vero, sono molto meticoloso e puntiglioso sul mio lavoro, forse anche perché ho prestato servizio per anni fuori Campania, ma da qui ad offendermi sul piano personale, e sulla mia identità sessuale, soltanto perché chiedo regole precise e il rispetto delle norme di sicurezza in un importante reparto ospedaliero, credo sia davvero troppo». 



Tutto avrebbe avuto inizio ad aprile del 2020 quando, nel reparto presso il quale lavora G.S., è arrivata una caposala facente funzioni. Gli animi si sarebbero un po’ inaspriti e lui non sarebbe risultato, per la sua pressante richiesta di rispetto delle regole e di miglioramento delle condizioni di lavoro del reparto, molto «simpatico» alla sua superiore. Di qui le cose sarebbero poi peggiorate con il Covid e con la richiesta di maggiore sicurezza più volte avanzata dall’infermiere. Insomma, si è entrato in un circolo vizioso nel quale il 44enne è stato inghiottito e dal quale è penalizzato. «Mi hanno isolato anche dai miei colleghi - racconta ancora - se io mi allontano a prendere un bicchiere d’acqua vengo rimproverato. Altri fumano e a loro non viene detto niente». Insomma, un susseguirsi di episodi che si sono poi materializzati in una vera e propria discriminazione di genere. Tant’è che l’infermiere avrebbe anche chiesto l’intervento dell’Arcigay e dei sindacati che, però, si sarebbe risolto in un nulla di fatto. 

La magistratura avrebbe già dato ragione all’infermiere per due volte. L’uomo, difatti, ha presentato denuncia per ben due aggressioni subite, una delle quali gli ha provocato la rottura del setto nasale, e due suoi colleghi, uno dei quali un amministrativo, sono anche a giudizio.

Ora G.S. attende con ansia l’esito di questa nuova indagine. Al momento, difatti, è in malattia: è caduto a causa di un buco del pavimento del suo reparto e l’Inail, dopo una accurata visita, lo ha messo a riposo. Sono già trascorsi due mesi e mezzo. Ma lui vuole rientrare quanto prima a lavoro e in un clima sereno e di reciproco rispetto.

«Non posso essere continuamente offeso per la mia identità sessuale anche davanti ai pazienti - replica - anche perché sono sicuro di essere meticoloso nel mio lavoro che tanto amo e nel quale metto tanta passione». Del resto l’infermiere aveva anche avuto delle sedute con la psicologa in servizio per il personale del Ruggi ma non ha mai avuto una valutazione negativa. «Un medico amico - ha scritto il 44enne nella denuncia - mi ha avvisato di stare attento perché vogliono farmi fuori. Ed è per questo che stanno cercando in tutti i modi di mettermi in cattiva luce. Se poi sono pressante perché sottolineo delle anomalie e delle disfunzioni vorrei dire che lo faccio nell’interesse e per il bene di tutti, dipendenti e pazienti». Quindi: «Durante il Covid mi hanno chiesto il lasciare il reparto perché doveva essere eseguita una sanificazione: sono stati accusato di aver lasciato il posto di lavoro senza alcuna autorizzazione. Siamo davvero al ridicolo. Non riesco più a sopportare questo stato di cose, spero che la giustizia mi dia quanto prima ragione e di poter tornare a lavorare con serenità».

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