Prestazioni e medicine, i meno abbienti pagano di più dei salernitani benestanti

Il “Rapporto sanità”: disagio economico causato dal sistema regionale inefficiente

Un medico
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di ​Sabino Russo
Mercoledì 31 Gennaio 2024, 07:00
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Curarsi rende poveri. Circa 44mila tra le famiglie salernitane e il 9,8 per cento di quelle campane vive, infatti, una condizione di disagio economico dovuto alle spese sostenute per le cure sanitarie. Un dato nettamente superiore non solo alle realtà territoriali più avanzate del Nord Italia, ma anche alle altre aree meno efficienti del Mezzogiorno. A certificarlo sono i dati del diciottesimo Rapporto Sanità, dal quale viene fuori un quadro critico del sistema sanitario regionale, che è sempre meno efficiente, non svolge la sua funzione redistributiva e pesa sulle tasche dei più deboli. La Campania ha il livello di «rinunce» più alto d’Italia (9,8 per cento) e un tasso di impoverimento che sfiora il 3 per cento. Tradotto in termini territoriali, questo significa che per circa 44mila nuclei familiari salernitani curarsi significa creare al proprio bilancio economico un disagio pesante. Un dato record, al quale si avvicinano solo la Calabria (9,1 per cento) e la Basilicata (8,1). 

Incrociando i dati di chi non può permettersi di farsi curare e di chi diventa povero per farlo, si registra la più alta incidenza dei consumi sanitari sulle famiglie meno abbienti. A conti fatti i più poveri sostengono una spesa, ponderatamente, più alta rispetto a chi invece ha un tenore di vita più agiato e dunque il servizio sanitario risulta del tutto inefficiente sul piano della capacità redistributiva, quello che dovrebbe garantire le cure e il diritto alla salute anche ai più deboli. Eppure, come già emerso nei mesi scorsi dai dati della Ragioneria dello Stato sui bilanci consuntivi di 77 aziende ospedaliere italiane, la Campania presenta un sistema sanitario economicamente virtuoso con i conti in ordine e senza alcun buco di bilancio. Un virtuosismo finanziario che però è frutto di una spesa che è la più bassa d’Italia. La Campania, infatti, in termini di spesa pro-capite complessiva (pubblica e privata) è ultima con soli 2mila 504 euro. Una cifra irrisoria rispetto ai valori massimi di Trentino Alto Adige (3mila 317 euro) e Valle d’Aosta (3mila 258) e inferiore anche alle altre realtà meridionali. 

Anche per quel che riguarda le performance il Rapporto Sanità è tutt’altro che incoraggiante e anzi evidenzia e certifica i limiti del sistema sanitario. Nel documento l’indice di performance, determinato sulla progettualità, si ferma sotto il 30 per cento, lontano da uno standard di offerta efficiente. I dati sulle performance del Rapporto sanità sono in linea e confermano quanto già rilevato l’anno scorso dall’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che aveva indicato tra i 12 ospedali peggiori d’Italia ben 4 campani, tra cui il Ruggi, insieme agli altri nosocomi campani San Pio di Benevento, Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta e Luigi Vanvitelli di Napoli. Per valutare gli ospedali sono stati presi diversi indicatori, tra i quali un Pronto soccorso che fornisce ai pazienti entro le 8 ore le cure e l’assistenza necessaria. Qui, il Ruggi, complice anche il periodo pandemico, mostra un indice di aderenza medio-alto nel triennio 2019-2021. Male, invece, per quanto riguarda i tempi di attesa che rispettano quanto indicato dalla legge (per esempio l’intervento chirurgico per la protesi d’anca entro 180 giorni e gli interventi per tumore alla mammella, al colon retto e al polmone entro 30 giorni); tassi non elevati di ricoveri ad alto rischio di inappropriatezza, ricovero dei pazienti nel reparto giusto per il loro problema (per esempio meno ricoveri possibili di pazienti medici in reparti chirurgici), non far passare troppi giorni dall’ingresso in ospedale per un intervento chirurgico all’intervento chirurgico stesso, capacità di attrarre pazienti da fuori Regione.

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Livelli non soddisfacenti, inoltre, vengono mostrati anche per quanto riguarda il numero di medici e infermieri per posto letto e il numero di macchinari e apparecchiature non obsolete. Stando agli ultimi dati del piano nazionale esiti si registrano livelli tra il medio e il basso in gran parte delle aree assistenziali.
 

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