Venezia 80, i favoriti: Yorgos Lanthimos e Agnieszka Holland davanti a tutti

Caleb Landry Jones e Carey Mulligan in pole tra gli attori

Agnieszka Holland tra Malgorzata Szumowska e Michal Englert
Agnieszka Holland tra Malgorzata Szumowska e Michal Englert
di Titta Fiore
Sabato 9 Settembre 2023, 12:00
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Chi vincerà il Leone d'oro dell'80esima edizione della Mostra? «Povere Creature!» di Yorgos Lanthimos, sempre in testa nella classifica dei film più apprezzati dalla critica internazionale, o «Green Border» di Agnieszka Holland sul dramma dei migranti sfruttati, percossi, abbandonati al confine tra Polonia e Bielorussia che ha colpito al cuore il popolo del festival e irritato mezzo governo polacco con accuse di «propaganda nazista» alla regista? E tra i sei italiani in gara, chi avrà le maggiori chance di conquistare un posto nel verdetto finale? Per quel che vale il gioco dei pronostici, sono stati «Io capitano» di Matteo Garrone e «Enea» di Pietro Castellitto a portare a casa il maggior numero di stellette assegnate dai critici. Ma si sa che nelle riunioni di giuria tutto può cambiare fino all'ultimo momento. Vedremo stasera, quando il presidente Damien Chazelle leggerà la lista dei premiati nel galà di chiusura al Palazzo del cinema (inizio alle 19).

In ogni caso, tra le teste di serie della Mostra figura «Il diavolo non esiste» del premio Oscar di «Drive my car» Hamaguchi Ryusuke, una poetica elegia sulla natura da salvare incentrata sulla storia di un villaggio di montagna i cui abitanti si oppongono alla costruzione di un campeggio di lusso. Potrebbe trovare il suo spazio nel palmares anche il travolgente «Maestro» di e con Bradley Cooper sul compositore e direttore d'orchestra Leonard Bernstein, in corsa soprattutto per la Coppia Volpi all'attrice protagonista, la bravissima Carey Mulligan. Allo stesso premio si candida la superstar di Lanthimos, Emma Stone (che però l'ha già vinta per «La La Land», e proprio con la regia del presidente Chazelle), mentre tra gli attori si candidano alla vittoria il protagonista di «Dogman», l'eclettico Caleb Landry Jones, lo stesso Bradley Cooper e c'e chi dice il tedesco Franz Rogowski di «Lubo» diretto da Giorgio Diritti. Non tutti potrebbero essere al Lido, visto lo sciopero degli attori hollywoodiani. Anche sotto questo aspetto non va trascurata l'interpretazione della brava Jessica Chastain di «Memory», che ha avuto dai sindacati il permesso di partecipare al festival perché il film non è prodotto da una major.

Aspettando il gran finale, ieri intanto l'amministratore delegato Nicola Maccanico ha illustrato il nuovo corso di Cinecittà nell'ultimo anno, con un importante ritorno di visibilità sui media internazionali.

Il bilancio di esercizio per il 2022 è stato approvato con un utile netto di oltre 1,8 milioni, con un fatturato di 39 milioni, più che raddoppiato rispetto al 2021. Tuttavia, ha spiegato l'ad, anche su Cinecittà potrebbe riverberarsi l'effetto dello sciopero delle produzioni hollywoodiane: «Anche noi cominciamo a soffrire di questo problema che ha rallentato le attività, con un'incidenza al momento non quantificabile».

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Quattro dei sei film italiani in gara alla Mostra, ha continuato Maccanico, sono stati girati a Cinecittà, a riprova del fermento che anima gli studi, e uno, «Finalmente l'alba» di Saverio Costanzo, vede gli stessi studi protagonisti della storia. Oltre cinquanta le produzioni ospitate nell'ultimo periodo e, tra gli artisti, Luca Guadagnino, Anthony Hopkins, Daniel Craig, Angelina Jolie, Ralph Fiennes, Charlise Theron, Uma Thurman, Denzel Washington, Marco Bellocchio, Gabriele Salvatores, Nanni Moretti, Edoardo De Angelis, Pierfrancesco Favino, Luca Marinelli, Willem Dafoe, Adam Driver. Quanto agli investimenti del Pnrr, nel tempo si sono modificati gli obiettivi, concentrando 220 milioni di investimenti su 9 teatri storici di via Tuscolana e lasciando da parte i 40 milioni per il nuovo terreno di Torre Spaccata. «Sono state rispettate le procedure e le tempistiche» ha concluso l'ad, «nel 2026 Cinecittà avrà 25 teatri attivi e un aumento di oltre il 60 per cento della capacità produttiva». 

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