Venezia 80: in concorso sei italiani, David Fincher, Michael Mann e Bradley Cooper

Apre «Comandante» di Edoardo De Angelis con Pierfrancesco Favino

Il direttore del settore Cinema della Biennale Alberto Barbera e il presidente della Biennale Roberto Cicutto
Il direttore del settore Cinema della Biennale Alberto Barbera e il presidente della Biennale Roberto Cicutto
di Titta Fiore
Mercoledì 26 Luglio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 27 Luglio, 07:21
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Al netto del film di Guadagnino con Zendaya, rinviato a data da destinarsi, lo sciopero degli attori americani avrà «un impatto molto modesto» sulla Mostra del cinema di Venezia, al via il 30 agosto. Lo ha specificato il direttore artistico Alberto Barbera presentando il programma del festival con il presidente della Biennale Roberto Cicutto. Nel cartellone, ricco e agguerrito come sempre, spiccano 6 film italiani su 23 e Barbera sgombra subito il campo dalle possibili polemiche: «Non sarà una Mostra autarchica» dice, «tutte le grandi rassegne internazionali, da Cannes a Berlino, sostengono il cinema di casa, in ogni caso avremo film da 54 paesi e 10 titoli italiani su 82 e, soprattutto, l'offerta italiana era così ricca e originale che sarebbe stata una scelta dolorosa escluderne qualcuno».

Apre, come si sa, «Comandante» di Edoardo De Angelis con Pierfrancesco Favino nei panni dell'eroico ufficiale della regia Marina Salvatore Todaro che al comando di un sommergibile durante la Seconda guerra mondiale affondò una nave nemica mettendo in salvo l'equipaggio. Poi, confermando le attese della vigilia, ecco «Io capitano» di Matteo Garrone, sul viaggio verso l'Europa di due migranti senegalesi, e «Finalmente l'alba» di Saverio Costanzo, sulla perdita dell'innocenza di una giovane attrice interpretata da Lily James nella Cinecittà degli anni Cinquanta, una vicenda vagamente ispirata al caso Montesi. Quindi il fluviale «Lubo» di Giorgio Diritti (tre ore) sulla storia vera di un rom svizzero, uno jenish, perseguitato negli anni Trenta da nazisti tedeschi e svizzeri; l'opera seconda di Pietro Castellitto, «Enea», un kolossal «sulla grande bruttezza di Roma» interpretato dallo stesso regista con Benedetta Porcaroli e, infine, «Adagio» di Stefano Sollima, con Favino, Toni Servillo, Francesco Di Leva e Valerio Mastandrea «su una Roma distopica circondata da incendi» che promette di essere «un punto di svolta» nella carriera del cineasta. «Tutte opere capaci di osare anche dal punto di vista produttivo» spiega ancora Barbera: «Il film di Costanzo è costato 28 milioni, quello di De Angelis 16-17, è un segno del rischio consapevole che i produttori hanno deciso di correre e della volontà di consolidare la filiera del nostro cinema uscendo dai canoni tradizionali degli ultimi vent'anni».

In Orizzonti Extra l'esordio nella regia di Micaela Ramazzotti con «Felicità», fuori concorso «L'ordine del tempo» di Liliana Cavani, uno dei due Leoni d'oro alla carriera (l'altro è Tony Leung). E sempre fuori concorso - con «The Penitent» di Luca Barbareschi, «Enzo Jannacci vengo anchio» di Giorgio Verdelli e il corto «Welcome to Paradise» di Leonardo Di Costanzo - due pezzi da novanta come Woody Allen («Coup de chance», girato in Francia) e Roman Polanski («The Palace», nel cast internazionale anche Fortunato Cerlino). Tutt'e due i registi sono stati coinvolti in casi di abusi sessuali, come Luc Besson, in concorso con «Dogman».

Teme polemiche, il direttore? «Non temo niente e comunque mi schiero tra coloro che distinguono le responsabilità dell'uomo dall'artista».

Nella rosa dei più attesi in gara ci sono «Maestro» di Bradley Cooper sul rapporto tra Bernstein e sua moglie (Carey Mulligan); «Priscilla» di Sofia Coppola sulla giovane moglie di Elvis Presley; «The killer» di David Fincher che torna a Venezia dopo «Fightclub», con Fassbender e Tilda Swinton; il misterioso «Memory» di Michel Franco e il segretissimo film di Agnieszka Holland, «The Green Border», sulle violenze patite dai profughi al confine tra Polonia e Bielorussia; «Povere creature» di Yorgos Lanthimos su una sorta di Frankenstein in gonnella di grande voracità sessuale (Emma Stone, che per lo sciopero non ci sarà) creata dallo scienziato pazzo Willem Dafoe; «Ferrari» di Michael Mann con Adam Driver e Penelope Cruz; «El Conde» di Pablo Larraìn con un Pinochet non morto, trasformato in vampiro succhiasangue del suo paese, mentre Ava Duvernay sarà la prima regista afroamericana in concorso con «Origin».

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I temi: sono molti i film sul disagio giovanile e sulle nuove generazioni deluse dalla famiglia, dalla politica e dalla società. In primo piano anche le storie sul fenomeno migratorio e la scelta di usare i generi per affrontare gli argomenti più caldi della contemporaneità. Lo sciopero degli attori influirà solo sui film prodotti dalle major, spiega Barbera, per i protagonisti delle opere indipendenti la produzione sta chiedendo deroghe al sindacato: «Insomma, il tappeto rosso non sarà sguarnito. Chi sciopera affronta temi non procrastinabili, come il rapporto con le piattaforme e l'uso del l'intelligenza artificiale nelle sceneggiature, tuttavia rinviare l'uscita di grandi titoli in un periodo difficile per le sale rischia di essere un autogol clamoroso». 

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