Napoli milionaria! lunedì su Rai 1, Natale con Eduardo De Filippo

Più che la commedia o l'opera lirica, il film di Luca Miniero rimanda a quello di Eduardo del 1950

Massimiliano Gallo e Vanessa Scalera sul set
Massimiliano Gallo e Vanessa Scalera sul set
di Luciano Giannini
Giovedì 14 Dicembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 15 Dicembre, 19:17
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«Il set principale era in vico Scassacocchi, dove abitava anche Pasqualino Miele, impersonato da Totò nel film Napoli milionaria!, che Eduardo nel '50 trasse dalla commedia. Siamo stati nel cuore di Forcella, simbolo di una città che sta cambiando, anche per il turismo sregolato, ma che in certi luoghi conserva le atmosfere degli anni 40». Gli abitanti? «Ospitali. Grazie per la pazienza. Abbiamo occupato militarmente la zona, girando ad agosto, con un caldo torrido. La gente l'abbiamo chiusa in casa, coprendo i condizionatori per esigenze sceniche».

Luca Miniero, napoletano, il regista di «Benvenuti al Sud», descrive l'ambientazione di «Napoli milionaria!», da lui diretta. Targato Rai Fiction e Picomedia, il film tv tratto dalla commedia (e si sottolinea «tratto da») andrà in onda lunedì prossimo in prima serata su Raiuno.

La scelta conferma la recente tradizione della tv pubblica di riproporre, a Natale, un De Filippo variamente rivisitato: scaduti i diritti, i titoli originali che il drammaturgo curò e registrò non sono più disponibili su Rai Play, ma torneranno ad esserlo dalla prossima settimana.

La coppia protagonista è la stessa della fiction «Imma Tataranni, sostituto procuratore» (è in cantiere la quarta serie) e della «Filumena Marturano» Rai dello scorso anno: Massimiliano Gallo nel ruolo di Gennaro Iovine; la pugliese Vanessa Scalera in quello della moglie Amalia; con loro, tra gli altri, Vincenzo Nemolato, Tony Laudadio, Michele Venitucci, Gennaro Di Biase, Carolina Rapillo, Marcello Romolo, Maria Bolignano, Nunzia Schiano.

In una intervista del '69 Eduardo rivelò la genesi della drammaturgia: «Poche settimane dopo la Liberazione, mi affacciai al balcone della mia casa di Parco Grifeo e detti uno sguardo al panorama di questa città martoriata. Così mi venne in mente, in embrione, la commedia». Il suo gran merito fu di trasporre la realtà di quei giorni. Nasceva il neorealismo a teatro. E sul suo antieroe scrisse: «Uomo sui 52 anni, un po' pallido, patito».

Massimiliano: «Per esserlo, ho dovuto perdere cinque chili». Il personaggio? «Nella prima parte ho provato a dargli fissità e innocenza. Gennaro è quasi paralizzato da quel che gli accade intorno. Forse, è poco consapevole e responsabile. Finge di non sapere che la moglie fa soldi col mercato nero. Al ritorno a casa, dopo aver sperimentato la guerra, e la morte, diventa adulto. E assume il ruolo di padre». Vanessa, conosce i precedenti? «Certo, visto e rivisto film e commedia. E, dopo, ho costruito la mia Amalia, donna frenetica, in opposizione al fisso stupore del marito. Imma Tataranni indossa tacchi impossibili; Amalia ciabatte che la costringono a passi brevi e nervosi; un personaggio multiplo: in lei c'è la contrabbandiera del vicolo, che non ha mai visto il mare e tanti soldi; e la madre di famiglia, che si strugge per la sua Rituccia morente. Sarà lei la sua nemesi, così come il ritorno di Gennaro».

Più che la commedia o l'opera lirica del '77, con musiche di Nino Rota, il film di Miniero rimanda a quello di Eduardo del 50. Filippo Gili, autore della sceneggiatura con Massimo Gaudioso: «Abbiamo sfiorato la versione operistica, salvato la poetica dell'originale, rubacchiato dalla scaletta del film, conservandone il ritmo. Poi siamo andati per conto nostro, immaginando diverse ambientazioni per non restare imprigionati nella clausura del vicolo».

Ancora Gallo: «Per me è un sogno che si realizza. Testo straordinario, ma prova più difficile di Filumena Marturano, perché i personaggi nascono in un modo e finiscono in un altro, feriti da quel che accade loro intorno. Le macerie sono soprattutto quelle interiori. Testo di frasi iconiche: Ha da passà' a nuttata; e la guerra non è finita, non è finito niente». Vanessa: «Concordo. Più complicato di Filumena. Dico fisicamente. Sono riuscita ad ammalarmi in pieno agosto!». E la lingua? Il suo napoletano è dignitoso: «L'ho imparato per Filumena. Ora, al secondo anno di corso, l'ho perfezionato. Grazie a un trainer personale». Le scene con Gallo? «Lisce come l'olio. Ci conosciamo e il testo parla da solo».

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A proposito di frasi, e di trama: sia il film di Eduardo, sia la versione lirica hanno risvolti più bui. Nella pellicola, il figlio Amedeo, che a teatro si ravvede, finisce in prigione, mentre Peppe o cricco muore. Ma, a Natale, la Rai ha il dovere della speranza, per servizio pubblico. E l'unico pessimismo consentito è stato un «forse», che il medico pronuncia sulla possibile guarigione di Rituccia, assente nella drammaturgia originale. Piuttosto, in questo film manca una battuta cruciale di Gennaro: «Chella criatura ca sta llà dinto me fa pensà ô paese nuosto»; eh sì, perché Rituccia, ammalata, trascurata, e salva - forse - se riceverà l'introvabile farmaco tenuto nascosto per alzarne il prezzo, è Napoli. Ieri come oggi. Perciò Eduardo, nella commedia, non la fa mai comparire. È il convitato di pietra. 

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