Coronavirus, Vassallo lavora in ospedale:
«Edoardo numero 1 non solo in porta»

Edoardo e Gabriele Vassallo
Edoardo e Gabriele Vassallo
di Diego Scarpitti
Domenica 5 Aprile 2020, 20:14 - Ultimo agg. 20:15
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Evitare i gol e consentire di segnarli. Fratelli ed entrambi portieri, figli di una insegnante di educazione fisica. Percorso comune fino ad un tratto poi le strade si biforcano. Gabriele Vassallo gioca in serie A1 con la Canottieri Napoli, vestendo la calottina rossa numero 13. Edoardo, invece, ha dismesso la cuffia numero 1 e indossato il camice bianco, per combattere una partita molto più importante e impegnativa.  
 
Orgoglio di famiglia. «Da 20 giorni Edoardo lavora presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II. In prima linea nella lotta al coronavirus nel reparto di pediatria, appositamente istituito. Ha firmato un contratto di 6 mesi, per contrastare l’emergenza da Covid-19», racconta soddisfatto l’estremo difensore del Molosiglio. Ancora vivido il ricordo dell’indimenticabile viaggio nell’agosto del 2018 in Israele: mete prescelte Tel Aviv e Gerusalemme, proprio dove la straordinaria chiusura in questi giorni del Santo Sepolcro non accadeva dal 1349, causa peste.
 
Difficoltà oggettive. «Non torna a casa da un bel po’. Dispiace non vederlo. Mamma Marilina e papà Rodolfo sono giustamente preoccupati. Facciamo il tifo per Edoardo», afferma il giocatore canottierino classe’93, il più piccolo dei due consanguinei.
 
La storia. «Fin da piccolo ho sempre praticato tutti i tipi di sport, fino ad innamorarmi della pallanuoto a 13 anni, circa due anni dopo mio fratello Gabriele. Ho difeso i pali della Rari Nantes Salerno under 20 e poi, quando ho iniziato a studiare medicina, ho continuato tra Oasi Salerno e Pallanuoto Salerno, in serie C», spiega Edoardo, conciliando studio universitario, corsi e tirocini, senza tralasciare mai gli allenamenti quotidiani in piscina «con grande serenità».
 
Scelte di vita. «Cominciato il 2016, ho iniziato la specializzazione in pediatria alla Federico II. Quell’anno é coinciso con il mio ultimo campionato, disputato con la Rari Nantes Napoli in cadetteria e conclusosi con una salvezza sofferta, guadagnata ai play-out, tra mille difficoltà nel conciliare gli allenamenti con i serrati ritmi lavorativi», osserva l’ex pallanuotista classe’90.
 
Evoluzione. «Ormai all’ultimo anno di specializzazione, mentre con i colleghi si discuteva e si ragionava su quale sarebbe stato il nostro futuro lavorativo, si è abbattuta sull’Italia la tempesta del Covid-19. Non nego che io stesso, nella fase iniziale dell’epidemia, non avevo ancora ben chiaro che questo evento avrebbe rappresentato una tale minaccia per la popolazione, mettendo così a dura prova il nostro Sistema sanitario nazionale», avverte il giovane salernitano. 
 
Organizzazione. «In Campania siamo stati fortunati, in quanto l’esempio della Lombardia, travolta dall’epidemia prima che potesse rendersene conto, ci ha permesso di approntare le misure di isolamento preventive e l’ampliamento della capacità di accoglienza delle strutture sanitarie».
 
Controffensiva. «Nell’ambito della preparazione a questa «guerra», l’AOU Federico II ha messo in piedi, in tempi record, una serie di reparti dedicati, tra cui l’HUB Covid pediatrico, diretto dal prof. Alfredo Guarino, direttore dell’UOC Malattie infettive pediatriche. Alcuni miei colleghi del V e IV anno ed io ci siamo subito resi disponibili nel supportare il prof. Guarino e i suoi collaboratori nella gestione degli aspetti pediatrici di quest’emergenza», prosegue Edoardo. «Pertanto da circa due settimane lavoriamo a pieno regime nel reparto. Attualmente sono ricoverati due pazienti, uno di 6 mesi e l’altro di 2 anni e mezzo, con confermata infezione da SARS-CoV-2. Gestiamo, inoltre, moltissimi altri pazienti attraverso un triage e una rete di supporto telefonico 24 ore su 24 ai pediatri e agli ospedali del territorio, in quanto centro di riferimento».
 
Battaglia. «L’impegno è continuo e molto intenso dal punto di vista fisico e mentale, in quanto i turni sono sostenuti (12 ore: dalle 8 alle 20 e viceversa) e sullo sfondo c’è sempre lo spauracchio di poter contrarre l’infezione. Molti di noi, infatti, si sono isolati dalle proprie famiglie ed io non vedo i miei genitori, mio fratello e la mia fidanzata Benedetta da alcune settimane», argomenta.

Missione. «Tuttavia il nostro lavoro ci dà grande soddisfazione. I miei colleghi ed io siamo onorati di formare un piccolo anello della catena che sta tenendo insieme l’Italia intera». 
 
Solidarietà. «Il mio pensiero e sostegno va sempre ai colleghi che in Lombardia e in Emilia Romagna vivono nel cuore dell’epidemia, lavorando in condizioni ben più drammatiche rispetto alle nostre. Il mio invito è quello di continuare ad affrontare questa situazione con sempre maggiore responsabilità, rispettando tutte le limitazioni stabilite dal Governo».
 
Futuro. «La mia, e la nostra speranza, è tornare al più presto ad abbracciarci, a viaggiare e a crescere tutti insieme». E naturalmente tornare in piscina a giocare a pallanuoto. «Mi manca molto l’acqua clorata. Non ho mai rinunciato allo sport. Mi riservo sempre almeno un’ora, quando posso. Da un biennio a questa parte mi dedico al crossfit in maniera costante per motivi di salute, forma e svago mentale. E’ fondamentale per svolgere al meglio il proprio lavoro», riferisce il dottore dai trascorsi pallanuotistici.

Stima fraterna. «Mio fratello Edoardo è un talento puro. Anche se si è dedicato interamente alla sua vocazione naturale, per me resta l'esempio ideale di pallanuotista. Sono orgoglioso di lui, del suo coraggio e del suo impegno», conclude Gabriele, invitando tutti a rimanere a casa, altrimenti si vanificherebbero gli sforzi encomiabili degli eroi moderni e del fratello Edoardo.   
 
 
 
 
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