Avellino, le ragioni della crisi per la squadra di Pazienza

Quante cose sono cambiate in questi mesi e perché?

Avellino, le ragioni della crisi
Avellino, le ragioni della crisi
di Marco Ingino
Martedì 5 Marzo 2024, 11:56
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Da Catania al Catania. Dal 29 ottobre scorso, quando i biancoverdi sbancarono il Massimino a distanza di 75 anni dall'ultimo blitz nel vecchio Cibali, alla gara di domani sera al Partenio Lombardi che cade a nove giornate dalla fine della regular season. Dal giorno in cui Pazienza, Marconi e compagni rientrarono in Irpinia, in piena notte, trovando il piazzale antistante lo stadio Partenio Lombardi zeppo di tifosi festanti ad accogliergli come eroi, alla freddezze e diffidenza di buona parte della tifoseria che oggi si sente delusa e tradita. Quante cose sono cambiate in questi mesi e perché?

Domande lecite a cui ognuno sta provando a dare una risposta convincente scavando in un problema evidenziato persino dai numeri nel parallelismo tra il cammino delle prime dieci giornate del girone di andata e le prime dieci del ritorno. Un confronto crudele che fotografa il cammino di un Avellino in netta crisi se si pensa che Michele Pazienza lo aveva ereditato, dopo le sconfitte contro Latina e Juve Stabia, a zero punti, con tre reti subite e nessuna messa a segno. Un bilancio da profondo rosso che, nelle successive otto tappe e con una rosa falcidiata da infortuni, l'allenatore di San Severo era riuscito a rendere roseo mettendo insieme addirittura 19 punti.
Numeri da primato confermati nella successiva trasferta in Sicilia dove l'Avellino, incentrando tutto sui meccanismi di un semplice ma sempre più oleato 3-5-2, riuscì persino a migliorare sbancando Catania con i gol di Marconi e Gori, due attaccanti che all'epoca erano sugli scudi e oggi, approfittando dell'assenza forzata di Patierno, cercano il rilancio.

Un cammino per nulla paragonabile a quello incerto, per nulla sicuro e altalenante del girone di ritorno inaugurato con un tanto roboante quanto illusorio 0-5 a Latina.

Un incantesimo subito spezzato dal pareggio interno contro la Juve Stabia che ha inciso non poco nella mente e sulla classifica dei lupi. Da quel giorno, nel tentativo di correggere gli errori di una squadra che aveva trovato comunque una sua identità e un suo equilibrio in quel sistema di gioco, l'Avellino ha finito per andare sempre peggio. Il trend negativo è strada facendo proseguito peggiorando addirittura la media dell'allenatore finito sulla graticola e nel mirino di una parte della tifoseria. A fargli muovere le maggiori critiche è stata la svolta tattica che ha deciso di imporre in maniera netta rimodellando la squadra su un 4-3-3 tuttora senza una precisa identità e con un evidente disequilibrio tattico.

Non a caso, sebbene la svolta definitiva sia arrivata solo nella ripresa di Potenza, in 10 partite del girone di ritorno la squadra di Pazienza ha messo insieme appena 16 punti, segnato 17 gol (pesa la goleada di Latina) ma soprattutto incassato 10 reti. Score passivo che ha inciso non poco sui risultati finali perché le vittorie sono scese a 4, impattando con i pareggi, mentre le sconfitte sono state due ma dolorosissime contro Sorrento e Messina in casa. Nulla lasciava presagire una uscita di scena dalla corsa al primato così anticipata. Da qui la delusione dei tifosi e dello stesso presidente. Per fortuna nulla è ancora perduto: si può rientrare in pista per il percorso secondario ma le incognite sono tante.
 

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