LLa riserva, se non la riserva della riserva. L'uomo del destino, un precario chiamato Cholito. Ovvero, il figlio del Cholo. Dunque, con un bel po' di sangue interista che scorre nelle vene: «Lo so che papà prima o poi andrà ad allenarli», disse Giovanni Pablo parlando di Diego e senza azzeccare la previsione. Ora che Simeone ha conquistato il posto da titolare, è chiamato a fare il bis del gol realizzato alla Fiorentina contro la squadra della famiglia. D'altronde, Mazzarri come può metterlo da parte? È un attaccante che dà sempre tanta gioia a tutto l'ambiente. Riad lo esalta, forse è l'aria delle gare che vanno vinte e basta, senza fare troppi calcoli. Lui vive un momento magico: d'altronde, sorprendeva sempre tutti con il sorriso, con la calma, con la mano sulla spalla anche quando non giocava neanche un minuto. Lo ha detto anche Walter Mazzarri: «Può anche non giocare, sta sempre dalla tua parte». E pure se questa stagione sembra carogna, ha reagito con equilibrio, aspettando il suo momento. E quando è arrivato, se l'è preso. Con la rabbia assassina di chi non urla mai il proprio dispiacere a vedere la vita scorrere in panchina. La squadra non gioca per lui ma con lui, e lui sa aspettare il momento, il pallone giusto. Primo tiro in porta contro la Fiorentina ed è arrivato il gol.
Giovanni Simeone è il centravanti di quando eravamo piccoli, una specie di eroe dell'area capace di segnare in tutti i modi, potente ma veloce, scattante e forzuto. Pur non avendo il fisico da supereroe come invece Osimhen: ha accettato di essere terzo nella gerarchia. Ma non si è mai perso d'animo: per lui giocare al calcio vuol dire emozionare, divertire, rovesciare partite e destini. Giocare bene significa fare le cose che gli altri non sanno fare, e spalancare gli occhi alla gente. Come Simeone, che ha spalancato soprattutto la porta alla Supercoppa. È il terzo centravanti del Napoli, ora sta meglio di Jack Raspadori e tocca a lui imporsi.