Napoli-Fiorentina, Spalletti alza la voce: vuole superare anche il record di punti di Sarri

«Non so cosa sia la felicità», e giù come un martello

Luciano Spalletti
Luciano Spalletti
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Domenica 7 Maggio 2023, 09:00 - Ultimo agg. 21:33
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Il campo numero due dove si allena il Napoli è nascosto un lungo steccato. Una recinzione che impedisce ai curiosi di scrutare oltre. Ma non impedisce di sentire. E la voce di Luciano Spalletti è lì nel sottofondo del primo allenamento da campioni d'Italia. Ma tutto sembra, tranne che i giochi siano fatti. Lucianone è un vero e proprio sergente di ferro: non intende neppure per un secondo concedere una tregua ai suoi eroi in maglia azzurra. Con la squadra, dopo la notte di festa e la sbornia dell'abbraccio dei tifosi di ieri, è stato chiaro. E le sue parole non hanno bisogno di traduzione: vuole vincerle ancora tutte da qui alla fine del campionato, perché oltre lo scudetto vuole togliere a Sarri anche il record dei punti. Un cannibale insaziabile, proprio come la squadra che ha forgiato. Per questo per parlare della sua permanenza qui c'è ancora un po' di tempo, prima c'è il campo, le partite. «Il presidente dice che resto? Lo deve dire a me». Qualcosa dentro ce l'ha. E dovrà tirarla fuori. Ma certo, De Laurentiis non ha intenzione di far partire il tecnico che ha vinto lo scudetto. Ed è pronto a tendere la mano, andare incontro alle sue richieste. Ovvio, la strategia del club non cambia: se arrivano «proposte indecenti» per Osimhen e gli altri, non dirà di no. E lui, Spalletti, deve dare disponibilità a ripartire come ha fatto l'estate scorsa. Tenendo conto che, magari, può anche avere l'esigenza personale di stare più vicino alla sua famiglia.

Spalletti spinge sull'acceleratore: dobbiamo fare il record, dobbiamo provare a vincerle tutte e cinque la gare che mancano, spiega alla squadra prima di allinearli sul campo e riprendere il discorso. Macché ferie anticipate: «i bravi ragazzi» non possono e non devono staccare la spina, a iniziare da oggi con la Fiorentina. Perché, pure se è solo per la gloria, Spalletti vuole prendersi il record dei 91 punti del Napoli di Sarri. Non è una questione di rivalità, ma è un modo per cancellare anche quel record. In realtà, non ce ne sta bisogno: con lo scudetto, il suo Napoli ha già ampio spazio nel cuore dei tifosi. Ma sarà pure vero che il primo scudetto non si scorda mai, ma al momento non è così. «Non so cosa sia la felicità». E se c'era bisogno di capire il perché, basta vederlo in azione questa mattina sul campo di gioco, come se fosse la vigilia di una finale di Champions. È uno della vecchia guardia, di quelli che amministrano la disciplina con metodi draconiani, e chi non obbedisce è perduto. Ha trovato una squadra perfetta, sotto questo aspetto: paradossalmente, la mancanza di un leader forte (dopo gli addii di chi lo spogliatoio credevano di tenerlo un pugno come Mertens, Insigne, Koulibaly, Ospina e persino Ghoulam) ha maneggiato e plasmato questo gruppo a immagine e somiglianza della sua idea di calcio. Si è imposto, con il lavoro. Solo con il lavoro. Lui, lo ha detto, non sa godere delle vittorie. Anche se è uno scudetto inseguito per una vita intera. La notte in cui lo vince, ha tirato fuori i suoi fantasmi. Che hanno sempre un nome. «Lo scorso anno mi avete contestato dopo la sconfitta con l'Empoli».

A tutti pare impossibile rovinarsi la notte più bella della sua carriera così. Ma per Spalletti è tutto normale. Per lui non vale il motto: domani è un altro giorno. Un altro giorno è già un attimo dopo aver raggiunto l'obiettivo.

È un uomo perbene. Molto. Che gestisce questo momento di incertezza sul suo futuro a Napoli senza mai aver sussurrato a nessuno le proprie intenzioni. Neppure a Giuntoli, che pure non sa ancora dove sarà a luglio. Ma Luciano ora deve iniziare a interrogarsi. Fino a ora, ne ha avuti di alibi per non farlo. Ma adesso, non più. Impossibile che oggi dica qualcosa in più, dopo la gara con la Fiorentina, quando tutti proveranno a capire cosa ha in mente ovvero se restare o andare via. Non sa ancora se affronterà il presidente per dirgli «non me la sento di restare, anche se c'è il contratto». Ma, certo, serve un faccia a faccia. Gli hanno spiegato che De Laurentiis non trattiene nessuno controvoglia. Il contratto non è una gabbia e lui, il presidente, ha imparato la lezione di Benitez: Rafone voleva andar via dopo il primo anno, restò e iniziò a sbattere i piedi come un bimbo dell'asilo a ogni partita (ricordate la storia del business plan ripetuta come un martello). Dunque, serve un incontro tra Spalletti e De Laurentiis che potrebbe avvenire già prima di Monza-Napoli. Ma non è scontato. Anche perché se dovesse arrivare il divorzio, ma non è detto perché davvero Luciano ha il cuore che lo lega a Napoli e al Napoli e ha una grande voglia di superare quell'asticella, serve al club di iniziare a sondare un nuovo profilo di allenatore. Cosa che De Laurentiis, forte della clausola per il 2024, non ha ancora fatto sul serio. Non c'è un casting per il dopo-Spalletti. Per il patron azzurro, dopo Luciano c'è solo Luciano.

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Spalletti è, in ogni caso, la persona perfetta per questa piazza: come lo è stato Bianchi nel 1987. Si è chiuso a riccio, a un certo punto di quest'anno ha pure cambiato numero di telefono quando ha capito che in troppi lo avevano. E lo ha fatto proprio per concentrarsi meglio sul Napoli. E si è spostato dall'hotel di Corso Vittorio Emanuele, direttamente in una stanza del centro tecnico di Castel Volturno. Tra i pochi fedelissimi c'è Ciro che ha il compito alle 7 di tenergli compagnia quando esce per comprare i giornali (va in edicola, non ama leggere le rassegne stampa che gli preparano minuziosamente). Se è il giorno della conferenza con i giornalisti, prepara piccole frasi che sa possono tornargli utili. Non è mai banale, è accorto ai dettagli e non trascura i momenti pubblici. Ma ha consentito a pochi di entrare nel suo cerchio magico. I cavalieri della sua tavola rotonda sono Domenichini e Baldini con cui divide anche le cene. Sa bene che la vita non regala niente e che il lavoro di mesi può essere distrutto dalla cattiva stella di un giorno. Per questo ha alzato un muro per mesi. Glielo ha insegnato il piccolo mondo antico da cui non si è mai staccato, la campagna, il lavoro della terra, i cicli delle stagioni. Non gli scivola niente addosso. Lucio non dimentica. Ora vuole vincere le ultime cinque gare di serie A e prendersi pure il record dei 91 punti. 

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