Walter Mazzarri, 500 panchine in serie A

Dalla Reggina al Napoli bis, la cronistoria di Walter il mago

Walter Mazzarri con Lillo Foti ai tempi di Reggio Calabria
Walter Mazzarri con Lillo Foti ai tempi di Reggio Calabria
di Marco Ciriello
Sabato 23 Dicembre 2023, 09:00 - Ultimo agg. 24 Dicembre, 10:01
4 Minuti di Lettura

Ci arriva dimesso e un po' stropicciato, ma con ancora la voglia d'avventura intatta, infatti ha accettato di tornare al Napoli prendendosi una gran bella rogna calcistica. 500 panchine in serie A con il cambio di pelle e modulo, e ancora la forza di stare a bordo campo, con meno urla, nessuna giacca o cappotto da togliersi come diceva Ciccio Ingrassia dopo anni in cui teneva Franco Franchi che faceva il burattino: un tempo lo prendevo in braccio, ora lo guardo niente più riti, ma con ancora molta voglia di prendere acqua e vento mentre urla al malcapitato di fascia che cosa sta sbagliando. Walter Mazzarri è un uomo del fare, un artigiano del pallone, che si racconta maluccio, si spiega sempre un po' meno bene di come fa giocare le sue squadre, e per questo appartiene a un mondo lontano, quando l'allenatore non era pure una rockstar, e un maestro contava per quello che diceva negli spogliatoi, non in conferenza stampa. In questo pasticcio di comunicazione ha pagato dazio alla superficialità del racconto, ma non è affatto un uomo e un allenatore banale, e queste 500 panchine che son tante ma se ti volti a contarle spariscono dietro alle partite, ai calciatori, ai gol, ai lamenti, alle vittorie e alle sconfitte disegnano un allenatore con una grande identità, capace di tirar fuori il meglio dai calciatori che allena e sempre con una funzionalità di gioco. E quindi Mazzarri può cantare con Guccini: «Ho ancora la forza di non tirarmi indietro / di scegliermi la vita masticando ogni metro».

È vero sono pochi i «tituli» visto che festeggia le 500 panchine contro José Mourinho ma le emozioni e le imprese sono tante. Cominciò alla Reggina nel 2004, un esordio in serie A dalla punta dell'Italia, a dire comincio dall'estremità, ma arriverò lontano, e questo si capì nell'anno del -11 (2006-2007) di penalizzazione per Calciopoli. Fu una corsa contro il baratro e una esperienza che gli valse come dieci stagioni in serie A, giocava con Nick Amoruso e Rolando Bianchi che divennero eroi a Reggio insieme a lui. L'impresa lo porta alla Sampdoria dove deve rieducare Antonio Cassano dopo le pazzie al Real Madrid dove mangiava e non segnava, si vestiva male e non crossava, e il risultato è Samp sesta e qualificazione alla Coppa Uefa. Perde anche una Coppa Italia ai rigori, poi arriva al Napoli nel 2009, sempre di corsa e dal 2009 al 2013 costruisce le sue panchine migliori, riporta l'entusiasmo a Napoli, e dopo 21 anni lo riporta in Champions League. È tutto appena rivissuto per il suo ritorno, Hamsik, Lavezzi e Cavani che fanno immaginare lo scudetto senza raggiungerlo, ma è il primo secondo posto per una squadra rinata. 

Se fosse una famiglia Mazzarri è quello che riporta il benessere e i sogni di grandezza. Vince la Coppa Italia e passa la fase a gironi sprecando col Chelsea la partita nei nuovi rimpianti. Ma ha cuore, e la città ama chi lo mostra, per questo è ancora qua, nonostante tutto. Tra l'altro a giocarsela col 4-3-3, dopo una vita da 3-5-2. Quando se ne va all'Inter in transizione viene scelto da Massimo Moratti, ma si ritrova Erick Thohir dove governa le tempeste dell'Internazionale (Icardi in elevazione, Milito in decadenza, Palacio motore), quinto posto ed Europa League, non male, ma nemmeno bene per la piazza. E poi salta, se ne va in Premier League al Watford (2013), una stagione tranquilla, una sola, anche se porta a casa i complimenti di analisti come Gary Lineker e Frank Lampard, e l'interesse di West Ham e Everton che però non lo convincono. Torna in Italia, convinto invece da Urbano Cairo, si accolla il Torino, e l'ennesima impresa: far tornare al benessere e all'attico del calcio i granata. Lo consegna al settimo posto e in Europa League, ma manca lo smalto napoletano. Infine Cagliari, una mezza stagione di disperata vitalità provando l'impossibile contro la matematica.

Insomma, 500 panchine da pirata, mari e Cassano, bordeggiando la gloria, tra sporche fucilate cavanesche ed eleganti uscite da lanzichenecco in Premier. 

 

Una lunga collezione di lamenti, colonna sonora delle partite, un marchio di testardaggine, non si molla niente su nessun campo d'Europa, detto col piglio d'un operaio che esce da un cantiere navale scuola Ferguson sognando i Caraibi del pallone, per poi ritrovarseli improvvisamente come un vantaggio insperato, raggiunto allo scadere. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA