Paesi d'Irpinia, ultimo ruggito d'agosto

Obiettivo su Greci, unico comune arbëreshë della Campania. D'estate il ritorno degli emigrati: strade animate e riti della festa

Greci, particolari della mostra fotografica di Federica Lauda
Greci, particolari della mostra fotografica di Federica Lauda
di Aldo Balestra
Giovedì 24 Agosto 2023, 11:42
4 Minuti di Lettura

«Ogni anno è un addio. Ci sono quelli che vanno e quelli che restano. Io faccio parte di entrambi, perché resto tanto quanto basta a sentire i saluti della gente che riparte, e il vuoto che lascia. Poi me ne vado anch'io e il nodo alla gola pian piano si scioglie, mentre vengo trascinata dal flusso della vita, inarrestabile». Le parole scelte da Federica Lauda, 34 anni, grecese che vive e lavora a Milano, traduttrice letteraria per professione e fotografa per passione, risuonano nella pace di palazzo Caccese, a Greci. E qui, a Katundi, nell'unico comune arbëreshë della Campania che dal bregu, il poggio, guarda la Valle del Cervaro e le province di Benevento e Foggia, che proprio in questi giorni si vive la condizione della maggior parte dei comuni irpini: un agosto da leoni, con gente per strada, emigrati di ritorno e turisti ma un settembre ormai prossimo, in cui le partenze si succederanno rapide, e sarà una sequela di "ci rivediamo l'anno prossimo".

E dire che a Greci, almeno fino a domani, il gran giorno del dramma di San Bartolomeo, non ci sarà (ancora) tempo per accorgersi che l'estate sta finendo e il paese si svuoterà. «Godiamone ancora qualche giorno», dice Leonardino Gliatta, l'affabile barista-edicolante, che in questi giorni dispensa aperitivi, gelati e spritz oltre ai soliti peroncini, e vende persino più quotidiani. Nei vicoli stretti si gioca a carte, ci si apostrofa scherzosamente in arbëreshë, i bambini che corrono per le stradine hanno accenti settentrionali, sono "i figli di", figli di gente che è venuta giù per l'agosto in Irpinia, per la vacanza al paese. Ma a giorni si risalirà al Nord, e a Greci di bimbi ne resteranno pochi, davvero troppo pochi rispetto agli anziani che muoiono. «Il nostro cuore è qui - osserva Lauda - qui abbiamo le radici, ma "Qui non si può restare", come ho voluto intitolare la mia mostra fotografica.

Eppure...». Tornano le note di accompagnamento dei testi alle foto, volti di anziani, stanchezza, case rotte e bucato steso al sole. Vicoli vuoti: «Chi viene per l'estate non può che apprezzare una gradita lentezza, chi non ha dove altro andare è costretto a sopportarla».

I grecesi residenti, poco più di 500, s'ingegnano orgogliosi con il programma estivo. Sagre di pannocchia e cinghiale, fiere e arcieri e domani l'attesissima rievocazione in costume del dramma del patrono San Bartolomeo. Il sindaco, Nicola Norcia, è al secondo mandato. È giovane ed ha voglia di fare: «Cerchiamo di tenere vive le nostre tradizioni e guardare al futuro, abbiamo idee e progetti ma viviamo in pieno le grandi difficoltà dei piccoli comuni dell'entroterra». Magari proverà ad intercettare il momento magico dell'intesa Italia-Albania, in fondo c'è l'unicità di Greci in Campania, quella di essere l'unico comune della regione inserito nella dorsale di insediamento albanese che dal XV secolo, partendo dall'Abruzzo, scende giù in Molise, Campania, Puglia, Calabria, fino in Sicilia. «Dobbiamo preservare e al tempo stesso investire sulla nostra tipica unicità linguistica», dice Antonio Sasso, grecese che spesso non resiste e da Avellino scappa qui, dove sono le radici. Perché ad agosto c'è un sussulto di vita.

Greci ha angoli caratteristici e carini ma tanto tessuto urbanistico in stato di degrado, eppure c'è chi come Maria ha voluto recuperare l'unità abitativa della madre in una caratteristica kaliva, le costruzioni albanesi a tetto basso. Ma non si creda che qui il problema sia delle case, tante sono chiuse da decenni, in vendita o in disfacimento. È la gente che manca. È lo spopolamento, iniziato inesorabile dal 1900, il principale avversario dei piccoli comuni. Da Arminio a Ventura fino ai tanti piccoli cantori dei borghi. E a Greci l'intenso lavoro fotografico di Federica Lauda. Il grido di dolore resta: che futuro ci sarà, se ci sarà, per i nostri luoghi dell'anima? Torneremo? E chi resta, quanto resisterà se qui si continua a nascere poco e, appena si cresce, si scappa via?
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA