Sannio: peronospera e maltempo, la vendita del vino giù del 40%

Previsto un aumento dei prezzi del 20%

I vitigni allagati
I vitigni allagati
di Antonio Mastella
Martedì 10 Ottobre 2023, 10:38
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«Una catastrofe». Così il presidente del Consorzio tutela vini, Libero Rillo, definisce le conseguenze di peronospora prima e grandine poi sui vitigni sanniti. «Sono 33 anni che mi dedico al lavoro di viticoltore; ebbene - sottolinea - mai ho assistito ad un disastro come quello patito oggi da centinaia di viticoltori». Le previsioni formulate nelle primissime ore dopo l'ondata di maltempo si sono rivelate del tutto fondate. «Siamo costretti a misurarci conferma - con un crollo del raccolto che, in termini quantitativi, oscilla tra il 30 ed il 40%». La percentuale segnalata da Rillo si riferisce ad una media delle perdite calcolata su tutto il prodotto degli oltre diecimila ettari vitati del Sannio.

Il che vuol dire che ci sono stati casi in cui il danno è stato di dimensioni a dir poco brutali. «Decine e decine di produttori - attesta - mi hanno segnalato di avere visto distruggere sino al 90%, se non il 100%, dei propri vigneti. Un'annata di lavoro, di sacrifici e speranze del tutto vanificati». Non diversa la valutazione di Domizio Pigna, presidente de «La Guardiense», coop tra le più grandi e solide del settore con oltre mille soci. «Ho visto annate migliori» esordisce, con una punta di amara ironia ed aggiunge: «Abbiamo perso circa la metà di quello che normalmente raccogliamo. I 210mila quintali di uva messa nel paniere lo scorso anno sono un lontano ricordo: si sono ridotti a poco più di 110mila». Fabio Mortaruolo, 37 anni, da 12 alla guida di un'antica impresa familiare nel territorio di Vitulano, dedita alla coltivazione di aglianico, falanghina e barbera, ha dovuto fare i conti con un drastico ridimensionamento di queste uve.

«Riusciamo - puntualizza - a vendemmiare non meno di mille quintali, quando non si mettono di traverso le calamità naturali e la peronospora che ci hanno preso d'assalto quest'anno. Conti alla mano, ho dovuto prendere atto che il raccolto non è andato oltre i 600 quintali». Nelle stesse condizioni si è ritrovato Rino Corbo (in foto), giovane imprenditore con vitigni che si estendono su 30 ettari in una fascia di terreno incastonata tra Torrecuso e Benevento. I suoi Doc sono in vendita nelle enoteche di Germania e Gran Bretagna oltre che in quelle nazionali. Grazie anche all'impegno profuso nella ricerca e sperimentazione, la sua azienda è stata la prima in Campania a conseguire la certificazione di produzione rigorosamente bio.

E dal 2015, ha lanciato una linea anche vegana. «Dei 1000 quintali ed oltre - evidenzia - delle annate normali ne sono andati perduti circa 400. Saranno dunque quasi 20mila le bottiglie in meno rispetto alle oltre 50mila che realizzo in tempi normali».

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Va evidenziato tuttavia, che le quantità di Igt, Dop e Docg non caleranno in maniera drastica. «Le grandi aziende - avvertono Rillo e Pigna - hanno giacenze tali da poter affrontare, sia pure in parte, le normali esigenze di mercato». In ogni caso, i 25 milioni di bottiglie «a marchio» realizzate lo scorso anno scenderanno tra i 21 ed i 22. Per fronteggiare in qualche misura il contraccolpo economico, sono stati ritoccati i prezzi dell'uva. «Si è stati costretti - osserva Pigna - a passare dai 50-55 euro al quintale di ieri ai 60-65 di oggi». Il che si tradurrà anche in un maggiore onere per il consumatore. «Prevediamo chiarisce Corbo un incremento di almeno il 20%». E non è finita qui. Una battaglia si annuncia sulla possibilità di ottenere ristori dalle istituzioni, a cominciare dalla Regione. «È un problema - sollecita Pigna - che va affrontato. Occorre che ci si metta tutti insieme partendo dal consorzio per finire con le associazioni ed i produttori. Da soli non si va lontano». 

 

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