Monica Acito racconta «Uvaspina» al Capua il Luogo della Lingua festival

"Ho sperimentato un clima linguistico perché credo che occorra osare, non avere paura di essere spericolati sulla pagina"

Monica Acito
Monica Acito
di Mariamichela Formisano
Giovedì 13 Luglio 2023, 15:01
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Monica Acito è talento che, con gli strumenti della Scuola Holden, ha trovato voce.

E così, a trent'anni e con la scrittura nelle vene, dopo un passato di racconti brevi che con “Amaràvia” le hanno meritato il Premio Calvino Racconti nel 2021, è arrivata al Capua il Luogo della lingua festival con "Uvaspina" (Bompiani), il suo primo romanzo che sta scalando le classifiche di vendita e qualità e che ha conquistato il Salone del Libro di Torinoconsegnandole il premio "Giovane promessa nazionale".

«Coltivo l’idea di questo romanzo da quando ero molto piccola» - ha spiegato la scrittrice che ha incontrato il pubblico del festival, diretto da Giuseppe Bellone, in dialogo conlo scrittore Antonio Pascale edil digital creator Emanuele Bosso.

«Da quando cioè, intorno ai nove anni, avevo l’ossessione di guardare nelle borse aperte delle persone della mia famiglia, delle cugine più grandi, affascinata soprattutto dalle sigarette.

E mi chiedevo cosa si provasse a fumarne una fino a quando decisi di farlo. E ne fumai tante, per un giorno intero, e questo mi procurò una tosse forte, aspra, che non andava via in nessun modo. Così mio padre, in maniera goliardica, mi disse: “adesso ti porto da una mia amica che ti guarirà sicuramente”. E così fu: mi accompagnò da una signora che abitava in una specie di antro la quale mi diede un decotto a base di uva spina raccontandomi del succo di questo frutto che lenisce i dolori degli altri.

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Mi bevvi questa cosa, in tutti i sensi, e negli anni ho attribuito questa caratteristica alle persone che devono essere spremute solo per rendere la vita degli altri meno miserabile.

E questo è il caso del protagonista del mio romanzo, un ragazzo soprannominato Uva Spina perché abituato ad essere spremuto da tutta la sua famiglia, e in particolar modo dalla sua sorellina Minuccia, una ragazzina sadica, rabbiosa,quasi demoniaca, che abusa di lui.

E’ un romanzo incentrato sulla sopportazione familiare, quindi, perché ogni equilibrio familiare si regge su una tirannide, e Minuccia e la tiranna di questa famiglia».

E su quale sia lo stile di narrazione che, secondo lei, sta determinando il successo del suo romanzo, Monica Acito non ha dubbi:

«Ritengo dipenda dal fatto che non ho un utilizzato una scrittura in italiano dentro la quale ho inserito espressioni dialettali, ma ho creato un clima linguistico fatto di italiano standard, di italiano regionale, di lingua dialettale, e con squarci lirici. E credo ci sia bisogno di osare, sperimentare con il linguaggio, di non aver paura di essere spericolati sulla pagina».

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