Boscoreale e Boscotrecase, 21 arresti: il ritorno dei fratelli Pesacane

Vecchi e nuovi clan vesuviani ​alleati per droga e usura

Scacco ai clan vesuviani
Scacco ai clan vesuviani
di Dario Sautto
Giovedì 12 Ottobre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 13 Ottobre, 06:43
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Per anni era stato ritenuto un clan «disciolto», smantellato dalle inchieste dell'Antimafia. Ma, nel 2018, dopo la scarcerazione dei boss, i Pesacane erano tornati in «attività», avevano stretto nuovamente alleanze con i Gallo-Limelli-Vangone ed avevano ripreso la gestione del traffico di droga, il giro delle estorsioni, l'usura, servendosi anche di alcuni imprenditori del Vesuviano e intestando alcune aziende a prestanome. Ben 21 persone sono finite in manette ieri, nell'ambito del maxi blitz dei carabinieri del Gruppo di Torre Annunziata contro il rinato clan Pesacane, che si muove tra Boscoreale e Boscotrecase, dove aveva sancito un patto di non belligeranza con i Gallo-Limelli-Vangone dopo i primi screzi e il rischio di una faida di camorra, rifornendosi di droga dalla sorella del defunto capoclan Vangone.

Secondo l'Antimafia, a guidare il gruppo c'erano i cinque fratelli Pesacane.

Tutti sono finiti in carcere ieri, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare del gip del tribunale di Napoli, a chiusura di indagini condotte dai carabinieri. Tredici persone in cella, altre otto ai domiciliari e ulteriori otto indagate per una serie di reati contestati che vanno dall'associazione a delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di droga, e ancora usura, riciclaggio, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. 

In carcere sono finiti i fratelli Giuseppe, Francesco, Umberto, Gabriele (detto Sandro) e Pasquale Pesacane, tutti tra i 69 e i 48 anni, i cinque uomini ritenuti ai vertici del clan di famiglia insieme a Santolo Martire e Giuseppe Ranieri, e ancora alle giovani leve Nicola Galise, Alessandro Carotenuto e Raffaele Solimeno, e ancora Francesco Curcio, Francesco Caso e Pasquale Ferricelli. Disposti gli arresti domiciliari, invece, per Azzeddine Janani, Francesco Severino, Gennaro Russo, Ferdinando Cirillo, Gilberto Natale, Rosaria Vangone (sorella del defunto capoclan), Carmela Gallo e Pasquale Ingenito. Secondo l'accusa, il clan Pesacane era ripartito autofinanziandosi attraverso i proventi dell'usura e delle estorsioni. 

Il pizzo era imposto a diversi imprenditori e commercianti fino a Terzigno e Trecase. Tra le vittime c'erano negozianti del Vesuviano e anche agenzie funebri della zona, così come era stato imposto il versamento del 5% dei ricavi a una azienda che forniva le slot ai centri scommesse d Boscoreale e Boscotrecase. Chi si rifiutava di pagare, finiva per subire minacce e pestaggi, come accaduto ad un commerciante picchiato nel parcheggio del suo negozio. Ma il vero business dei Pesacane, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, era legato ormai all'usura.
Da piccoli prestiti anche di poche centinaia di euro, le vittime era costrette a restituire di interessi migliaia di euro, senza mai estinguere il debito contratto con «Sandro» Pesacane. Il titolare di una tipografia, un fruttivendolo, il proprietario di un supermercato, alcuni operai, un meccanico, un macellaio, un ristoratore, un rivenditore di auto, addirittura un contadino, un panettiere, un imprenditore edile: erano decine le vittime di usura, sotto scacco dei Pesacane. 

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«Vengo armato di una mazza» perché devo «schiattargli la testa» erano i messaggi che venivano riferiti alle vittime. Dopo l'arresto del capoclan Peppe «'o Pesacane», il fratello «Franchino» avrebbe gestito lui anche il versamento degli stipendi ad affiliati e detenuti, mentre Gabriele detto «Sandro» è ritenuto il finanziatore e il custode delle armi del clan. Martire e Ranieri, invece, avrebbero effettuato vere e proprie ronde armate nel periodo di frizione con i Gallo-Limelli-Vangone, ma anche le estorsioni a imprese e commercianti insieme a Pasquale Pesacane.

Il giovane Galise avrebbe avuto il ruolo di autista del boss Giuseppe Pesacane, mentre Carotenuto avrebbe partecipato all'attività di usura, reinvestendo gli incassi in una concessionaria. Tramite alcuni prestanome, «Sandro» Pesacane avrebbe riciclato i proventi dell'usura in una rivendita di fiori e articoli cimiteriali a Terzigno e in alcuni impianti di distribuzione di carburante. Infine, è la ricostruzione degli investigatori, Francesco Caso «vrzetiell» controllava la piazza di spaccio di piazza Vargas a Boscoreale. 

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