Napoli, strada chiusa da un mese e residenti in rivolta: «Pronti alla class action»

Ristoratori, baristi e semplici cittadini: «Chi ci pagherà i danni per tanti disagi?»

Via Tito Lucrezio Caro dal crollo dell’albero dello scorso maggio su una vettura in sosta
Via Tito Lucrezio Caro dal crollo dell’albero dello scorso maggio su una vettura in sosta
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Sabato 17 Giugno 2023, 23:35 - Ultimo agg. 18 Giugno, 18:25
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Si stanno organizzando, puntano a fare fronte comune. Puntano a chiedere i danni per quanto vissuto nel corso degli ultimi cinquanta giorni. Sono ristoratori, baristi, esercenti. Un intero mondo che si reputa danneggiato dalla mancata riapertura di via Tito Lucrezio Caro, la strada colpita dal crollo dell’albero dello scorso maggio. Nessun danno alle persone, un furgoncino andato distrutto, crollato su una vettura regolarmente in sosta, una strada off limits per motivi precauzionali. 

In attesa di un intervento di bonifica, tutti con il naso in sù, nella speranza di capire quali e quanti fusti potranno essere lasciati in vita, magari dopo un intervento di riqualificazione del manto stradale a tutela delle radici; ma anche quanti dovranno essere abbattuti. Una conta evanescente, per chi è alle prese con il bilancio quotidiano, dal momento che - per almeno oltre un mese - gli affari di chi gestisce attività di ristorazione nei pressi del Virgiliano hanno fatto registrare una flessione evidente.

Quanto basta a rivolgersi a un avvocato.

Lo ha fatto un ristoratore, che - dal canto suo - punta ad aggregare attorno alla sua inziativa la voce e gli interventi di altri colleghi commercianti. Al lavoro l’avvocato Matteo De Luca, penalista napoletano che punta a formalizzare un esposto in Procura. Nei prossimi giorni, le carte del grande vuoto saranno trasmesse ai magistrati della sesta sezione della Procura di Napoli (sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Simona Di Monte), nel tentativo di avere contezza di un punto: c’è una responsabilità oggettiva da parte di chi avrebbe dovuto assicurare agibilità dell’intero territorio? C’è qualcuno che doveva assumersi l’onere di liberare una delle strade principali dell’area?

 

Inutile dire che al centro dell’esposto ci sono i conti. Quelli economici, quelli che sanno di ragioneria, di casse rimaste ferme per ore intere, nella grande depressione posillipina. Non è una class action nel senso tecnico, dal momento che siamo di fronte a una iniziativa penale, ma siamo di fronte a una evidente mobilitazione. E non è l’unica, alla luce di quanto raccontato dal Mattino in questi mesi. Appena quindici giorni fa, infatti, un gruppo di cittadini si è ritrovato attorno al lavoro di un artista di strada, che ha personalizzato decine di fusti di alberi mozzati in due. Una provocazione non fine a se stessa, sembra di capire. Qualcosa che va oltre lo spazio di uno spot autoreferenziale, dal momento che l’iniziativa ha fatto discutere e non poco. 

Cosa voleva raccontare l’artista? Intervistato dal Mattino, sette giorni fa, l’artista Ruben D’Agostino ha raccontato così la sua impresa di sensibilizzazione della collettività: duecento fusti (quelli della falcidie del 2019) sono diventati una sorta di set artistico, contro il degrado e la mancanza di attenzione per l’ambiente. Un progetto attorno al quale si è stretto un’intera collettività, in un quartiere che - proprio a proposito di verde pubblico - ne ha provate realmente tutte. 

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Ricordate la storia del mecenate di Posillipo che si è reso protagonista - in epoca pre covid - del rilancio della zona? Quanto è stato utilizzato del suo contributo? Possibile che in questo campo la sintesi tra pubblico e privato sia stata tutt’altro che risolta in termini costruttivi. È quanto dichiarato pochi giorni fa, sempre al Mattino, da un residente di 73 anni. Si chiama Domenico Morra e si è improvvisato boscaiolo. Nel senso che, secondo quanto raccontato a questo giornale, si è reso protagonista della piantumazione di quattro alberi. Una iniziativa scandita da non pochi intralci, come sempre avviene quando si entra nel labirinto della burocrazia. 

Un progetto che ha fatto fatica a decollare, tra difficoltà di ottenere i permessi per la piantumazione dei quattro alberi ragalati, ai mille intoppi in un iter tutt’altro che in discesa. 

Posillipo si ribella, dunque, al grande scempio. E lo fa con le istanze legali, ma anche con una mobilitazione dal basso da parte di cittadini, passanti e residenti. Tutto ciò mentre Posillipo resta meta privilegiata per turisti a caccia di un selfie o di una foto. Manca qualcosa - dicono - non ci sono gli alberi, non ci sono i pini, qui la cartolina è metà. 

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