Galleria Vittoria di Napoli, il giudice: «Non fu un crollo colposo»

Il gip ordina il cambio di imputazione

La galleria Vittoria
La galleria Vittoria
di Viviana Lanza
Giovedì 7 Dicembre 2023, 22:57 - Ultimo agg. 9 Dicembre, 08:48
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Non fu crollo colposo. Ciò che accadde il 23 settembre 2020 nella Galleria Vittoria, quando un pezzo di rivestimento, lungo 1,80 metri e largo altrettanto, si staccò da una parete laterale interna costringendo la Galleria nel cuore della città alla chiusura per quasi un anno, è tutto da ridefinire. Il giudice dell’udienza preliminare Luca Battinieri ha infatti rimandato gli atti al pm affinché qualifichi il capo di imputazione diversamente da quanto delineato nella richiesta di rinvio a giudizio. Ciò significa che la Procura dovrà inquadrare il fatto in una prospettiva diversa, e meno grave, rispetto a quella che ha guidato l’inchiesta in questi ultimi tre anni, e cioè diversa dal crollo colposo, ipotesi di reato per la quale, a gennaio scorso, le indagini erano state concluse con una richiesta di processo per tre dirigenti del Comune di Napoli. A questo punto, quindi, l’inchiesta sul crollo alla Galleria Vittoria fa un passo indietro e si ridimensiona. 

A Renato Esposito ed Edoardo Fusco, in qualità di dirigenti che si sono avvicendati negli anni alla guida del servizio Progettazione, realizzazione e manutenzione strade e grandi assi viari del Comune di Napoli, e ad Andrea Esposito, in qualità di direttore centrale Infrastrutture, lavori pubblici e mobilità del Comune, i pm Ciro Capasso e Federica D’Amodio avevano contestato di avere, in concorso, «cagionato per colpa il crollo di un pannello di prefabbricato di rivestimento laterale della parete interna della Galleria Vittoria», «colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia - si legge nel capo di imputazione - per avere omesso qualsiasi opera di manutenzione del rivestimento interno della Galleria, caratterizzato da condizioni di forte deterioramento». 

A gennaio scorso i pm avevano chiuso le indagini mettendo sotto accusa la manutenzione della Galleria per via di macchie di umidità e ristagni d’acqua ai quali non sarebbe stato posto rimedio con tempismo nonostante un documento del 2015 avesse indicato la necessità di risolvere in tempi rapidi le problematiche di infiltrazione delle acque del sottosuolo, «attività - hanno sottolineato i pm - svolte soltanto successivamente al crollo avvenuto il 23 settembre 2020».

Gli avvocati Salvatore Basile per Edoardo Fusco, Luigi Martano per Andrea Esposito e Lello Della Pietra e Guglielmo Abbate per Renato Esposito hanno chiesto e ottenuto che la vicenda venga qualificata giuridicamente in maniera diversa e molto meno grave. «L’evento verificatosi non è tale da integrare quei requisiti minimi di gravità e pericolosità richiesti dalla struttura del reato in contestazione», hanno sostenuto gli avvocati della difesa. Per loro le cause del crollo non risiedono nella mancata manutenzione, su cui tuttavia gli imputati sono pronti a difendersi, ma sono da attribuire a un difetto ab origine di quel pezzo di galleria. 

 

«Sarebbe una forzatura attribuire al collasso quelle conseguenze di immane gravità che costituiscono l’evento preso in considerazione dal delitto contestato agli imputati», ha osservato il giudice dell’udienza preliminare nel provvedimento con cui ha inviato gli atti al pm.

Evidenziando che il crollo interessò un unico pannello laterale del tunnel il cui cedimento non invase nemmeno la sede stradale, il giudice ha indicato come «molto più consona» la contravvenzione prevista dall’articolo del codice penale in materia di omissioni di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina. Un reato, dunque, molto meno grave del crollo colposo e per il quale è prevista un’ammenda non inferiore a 309 euro o al più l’arresto fino a sei mesi. 

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