Francesco Da Vinci rapinato a Napoli: «Tre pistole alla tempia, mi hanno portato via l'orologio e 40 euro»

Brutto episodio per il figlio di Sal da Vinci: il raid all’esterno di un ristorante di via Foria

Francesco Da Vinci
Francesco Da Vinci
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Domenica 30 Aprile 2023, 23:30 - Ultimo agg. 3 Maggio, 07:01
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Lo hanno circondato, erano in tre, ed erano armati. Ognuno impugnava una pistola, hanno “scarrellato”, come per piazzare il colpo in canna, poi hanno preso la mira, puntando alla tempia. Minuti di inferno, brutta esperienza per Francesco Da Vinci, figlio dell’artista napoletano Sal Da Vinci, due notti fa nei pressi di via Foria. Era stato a cena in un noto ristorante della zona, aveva salutato i proprietari e si era incamminato, assieme a un amico in un vicolo che portava verso il Borgo di Sant’Antonio. Parlava al telefono con la moglie, dopo una una serata di lavoro, quando ha vissuto alcuni minuti di terrore puro. 

Francesco Da Vinci, cosa è accaduto sabato notte?
«Violenza assoluta, gratuita. Ho impiegato diversi minuti per capire che si trattava di una rapina. All’inizio ho pensato ad un agguato. Ho pensato che volessero uccidermi».

Cosa è accaduto?
«Mi hanno circondato e mi hanno puntato le pistole alla tempia. Avevo da poco raggiunto la mia auto, quando sono stato immobilizzato. Ho fatto appena in tempo a gettare il cellulare nell’auto, l’ho fatto perché ero al telefono con mia moglie e non volevo che si spaventasse.

Purtroppo, ha avuto modo di percepire alcuni passaggi del raid consumato dai tre malviventi. Pensi, che mi ha detto di aver sentito il rumore metallico delle armi, oltre alle minacce che mi sono state indirizzate». 

Come è andata?
«Mi hanno chiesto soldi e orologio, che ovviamente ho ceduto subito. Poi, l’amico che era con me ha provato a indietreggiare, attirando l’attenzione di altre persone»,

Perché, c’erano altre persone?
«Tantissime. In tanti hanno visto. E la cosa che mi ha impressionato di più è che quei tre malviventi non hanno indietreggiato neppure quando è intervenuto un agente di polizia libero dal servizio».

Come è andata?
«Il mio amico ha tentato di scappare, rivolgendosi verso la folla di un ristorante, venendo inseguito da uno dei tre rapinatori. A quel punto, si è materializzato un agente che ha impugnato la propria pistola di ordinanza, intimando l’alt. Il terzo uomo a quel punto ha fatto qualche passo indietro, mi ha raggiunto, mentre ero sotto il tiro incrociato degli altri due, e ha puntato anche lui la pistola all’altezza del mio viso. Capite che significa? Ero paralizzato, al centro di tre malviventi con il volto travisato che mi puntavano un’arma al volto».

E lei che ha fatto?
«Ho cercato di mantenere la calma. Ho dato loro i soldi, avevo circa 400 euro, e l’orologio al polso, un modello non particolarmente costoso. Ho pensato a quanta violenza gratuita c’è in città, anche alla luce degli ultimi episodi di cronaca che rimbalzano sui siti dei giornali on line e tramite i circuiti social».

In che senso?
«Mi riferisco a quanto avvenuto poche settimane fa in via Marina, quando un uomo è stato gravemente ferito alle gambe da parte di due giovani balordi armati di pistola. Ricordate quelle scene? Ecco, mi sono sentito al centro di una dinamica simile, ho pensato che finisse veramente male, perché purtroppo continuiamo a registrare in città episodi di violenza spropositata, abnorme, che va al di là anche delle logiche criminali. Che senso ha puntare tre pistole alla tempia di una persona che non accenna alcuna reazione?».

Aveva mai subìto un agguato di questo tipo?
«Da ragazzino, credo intorno ai 14 anni, mi portarono via lo scooter, ci rimasi malissimo, ma fu un raid rapido ed estemporaneo, roba di altri tempi. Oggi ho moglie e figli, ho un senso della responsabilità più profondo e ancorato ai sentimenti della mia famiglia. È per questo che mi chiedo: possibile mai che in questa città si rischia di morire per poche centinaia di euro? Provo un senso di comunità e di appartenenza per le persone oneste di Napoli che, mi creda, sono la maggioranza. Ma vorrei che non ci fossero più scene come quella che ho subìto io due notti fa, quando - lo ribadisco - sarebbe potuto accadere qualcosa di irreparabile».

Si tratta di vicende destinate a riportare in auge la questione del controllo del territorio. Cosa pensa a proposito dell’emergenza criminalità?
«Credo sia necessario rafforzare i presìdi di forze dell’ordine. È chiaro che non è possibile pretendere un agente in ogni vicolo, però sarebbe doveroso blindare i percorsi turistici, anche a tutela di chi ha investito sul food, sulla ristorazione, sulla ricezione alberghiera e sta garantendo un futuro da capitale del turismo alla nostra metropoli».

Ha affidato a un post il suo disincanto.
«Perché stiamo vivendo un momento magico, grazie alla straordinaria fioritura artistica, al calcio che ci vede primi e prossimi - si spera - allo scudetto, e al turismo. Penso a una famiglia che va a cena fuori dopo una settimana di lavoro e finisce al centro di tanta violenza: mi limito a dire che non è giusto».

I tre aggressori erano napoletani?
«Purtroppo sì. Erano giovani, molto giovani ed erano napoletani. Armati e pronti a tutto, anche in una zona interamente coperta da telecamere di sorveglianza, anche al cospetto di tantissime persone».

Cosa l’amareggia di più in questo momento?
«Ho la certezza che quei tre erano stati avvertiti da una soffiata. Hanno agito a colpo sicuro, probabilmente hanno notato i nostri spostamenti fin dal momento in cui siamo arrivati in zona. Qualcuno ci ha segnalati e fa male che una cosa del genere sia accaduta».

Cosa auspica ora?
«Di ritrovare la serenità e mi auguro che quei tre malviventi vengano arrestati e, dopo un processo giusto, possano scontare una condanna esemplare all’insegna della riabilitazione, come disposto dalla nostra Costituzione». 

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