Autonomia differenziata, i costruttori: «È una trappola per il Sud»

Voce fuori dal coro, il senatore Rastrelli rassicura sul rischio disgregazione

Il tavolo dei relatori
Il tavolo dei relatori
di Antonio Vastarelli
Sabato 6 Maggio 2023, 09:00 - Ultimo agg. 19:31
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«Mentre l'Europa spende tanti soldi per le politiche di coesione, perché è convinta che la coesione sia la base della crescita, l'Italia va in senso contrario, portando avanti un'autonomia differenziata che farà aumentare il divario Nord-Sud». Ad affermarlo è il leader dei costruttori napoletani, Angelo Lancellotti, nel corso del convegno “Diversamente Autonomi, ugualmente cittadini”, organizzato da Acen e Anep (associazione nazionale ex parlamentari), e moderato dal direttore del Corriere del Mezzogiorno, Enzo D'Errico. Secondo Lancellotti, per fare in modo che il Pil italiano cresca in maniera consistente, è necessario investire sulle aree meno sviluppate. «L'Europa l'ha capito - sottolinea - e invece noi non ci rendiamo conto che la crescita del Paese passa proprio dallo sviluppo del Mezzogiorno».

Per gli organizzatori del convegno, il ddl Calderoli va contrastato: ma in che modo? Per Erminia Mazzoni (coordinatrice Anep Campania), «lo scudetto del Napoli è di insegnamento: è una vittoria arrivata dopo 33 anni grazie alla capacità di stare in campo e fare squadra». Dovrebbero farlo anche i parlamentari campani e meridionali, sostiene, «al di là degli schieramenti, per sconfiggere un progetto populistico che spaventa i più, anche per i gravi problemi di natura costituzionale che solleva». Il direttore del dipartimento di Giurisprudenza della Federico II, Sandro Staiano, ad esempio, ricorda come la Costituzione promuova le autonomie «ma con l'obiettivo di democratizzare il sistema e superare i divari territoriali». Il testo varato dal governo, invece, «nega esattamente questi principi» sottolinea il costituzionalista, che ritiene colpevoli tanto la destra che la sinistra e individua «il peccato originale» nell'approvazione, nel 2001, della riforma del Titolo V «viziata - dice - da un tatticismo del centrosinistra che sperava così di irretire le spinte secessionistiche della Lega». Ci fu un «uso strumentale della revisione costituzionale» allora, come oggi. «Il vero obiettivo delle Regioni più ricche - afferma - è mettere le mani sul residuo fiscale», minando le politiche di redistribuzione verso le aree più povere del Paese. D'accordo la presidente dell'Ordine degli avvocati di Napoli, Immacolata Troianiello, che paventa «un rischio anche per l'unitarietà della Repubblica».

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Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, si dice poi «basito sulla possibilità di demandate a 20 singole Regioni competenze in temi centrali per il Paese quali l'energia, le reti, i porti e gli aeroporti, la formazione e la ricerca: questioni per le quali la stessa Italia ha una dimensione piccola». Voce fuori dal coro il senatore Sergio Rastrelli che rassicura sul rischio disgregazione ricordando come la coesione nazionale sia un elemento fondativo del suo partito, FdI: «Su questo tema esiste un pregiudizio. Io la chiamerei autonomia competitiva perché l'obiettivo è fare in modo che Regioni meno efficienti possano emulare quelle virtuose». Mentre il deputato Pd Marco Sarracino parla di «un progetto ingiusto contro il quale serve una battaglia di carattere popolare per spiegare ai cittadini di cosa si sta discutendo». Cupo, infine, lo scenario ipotizzato dall'ex senatore e costituzionalista Massimo Villone il quale ritiene che, nel ddl Calderoli, esistano norme insidiose (ad esempio, la possibilità di istituire uffici e strutture comuni tra più Regioni) che potrebbero essere utilizzate «per portare a compimento il progetto originario della Lega di un Grande Nord che si unisce all'Europa, lasciando che il resto del Paese si arrangi». 

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