Coronavirus, la seconda ondata fa paura: «Combattere i piccoli focolai»

«Combattere i piccoli focolai». Il timore della seconda ondata
«Combattere i piccoli focolai». Il timore della seconda ondata
di Lucilla Vazza
Giovedì 11 Giugno 2020, 08:16 - Ultimo agg. 08:30
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Mentre gli scienziati si accapigliano sull'incognita contagiosità degli asintomatici o sulle ragioni dell'evoluzione meno problematica della malattia, i cittadini si chiedono quanto è concreta l'ipotesi seconda ondata. Ci sarà o non ci sarà? Tronca sul nascere il discorso Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani di Roma che alla domanda risponde netto: «Non ho la palla di vetro». Perché la realtà è che questo virus è imprevedibile e gli scienziati possono solo formulare ipotesi e chiedere alla popolazione di non fare passi falsi e contemporaneamente ai governi di tenersi pronti.

«In questo caso è un po' come per i terremoti dobbiamo attrezzarci con case antisismiche poi se il terremoto non arriva, meglio così - Walter Ricciardi, rappresentante italiano presso il comitato esecutivo dell'Oms e consigliere del ministro della Salute, Roberto Speranza - Nessuno può essere certo al 100% che in ottobre la pandemia possa riprendere. Ma l'ipotesi che il virus sparisca è improbabile».
 


«È molto difficile dire cosa accadrà. Le epidemie come le influenze e anche la stessa Spagnola nascono da virus diversi - spiega l'infettivologa del Goretti di Latina, Miriam Lichtner - Questa pandemia origina da un virus di origine animale, come la Sars, e va considerata come una tempesta che passa di continente in continente: ha una sua evoluzione intrinseca che va studiata con modelli matematici. Lascia dei focolai epidemici e sono quelli che potrebbero far riattivare localmente una nuova ondata epidemica, per questo bisogna fare di tutto per vigilare. L'immunità di gregge del Covid-19 dipende da altri fattori rispetto per esempio al morbillo, quello che sappiamo è che ogni volta che un soggetto infetto riesce ad attivare un focolaio (per esempio nelle rsa o in ospedale) può ripartire il contagio ed è quello che sta succedendo a Roma. Va fatta sorveglianza a tappeto per i prossimi mesi, adesso è fondamentale, ci sono troppe variabili legate agli andamenti stagionali che non ci fanno stare tranquilli» conclude la professoressa.

Non schiarisce gli orizzonti nemmeno il primario di Pneumologia del Gemelli, Luca Richeldi, che è membro del Comitato tecnico-scientifico per l'emergenza: «Allo stato attuale non è possibile prevedere se ci sarà una nuova ondata di casi nei mesi che verranno, in particolare nell'autunno - precisa - L'atteggiamento giusto è quello della cautela e tutti i presìdi che sono stati allestiti (monitoraggio, tracciamento, ospedali dedicati) sono cruciali per non farci trovare impreparati, come inevitabilmente è successo per la prima ondata. Del resto, i focolai che sono stati segnalati di recente dimostrano che gli strumenti di sorveglianza funzionano. L'ottimismo non è incompatibile con la cautela e con questo spirito vanno affrontati i mesi a venire». E se ci fosse bisogno si potrebbe richiudere tutto? «Un secondo lockdown non è da augurarsi e sarebbe una misura estrema, anche se in altri Paesi è già successo» dice Richeldi.

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La matematica in questo caso può dare una mano alla comprensione. «I numeri al momento non ci portano a prevedere una seconda ondata nei prossimi mesi - ne è convinto Nicola Fusco, ordinario di Matematica alla Federico II di Napoli - Una seconda ondata, se ci sarà potrà venire solo in autunno, se non saremo riusciti a eradicare completamente l'epidemia e se allenteremo le pratiche di distanziamento. Ma da qui a settembre mi sembra di poter dure che la situazione dovrebbe essere tranquilla». «In questo momento nessuno è in grado di fare previsioni, gli ultimi esperti di pandemia sono stati quelli della Spagnola di un secolo fa e mi pare che siano morti tutti. Le persone intelligenti usano il buon senso: un virus che ha colpito 7 milioni di persone è improbabile che sparisca di punto in bianco. Vanno ancora seguite le precauzioni e bloccati i focolai sul nascere, non possiamo fare altro» conclude lapidario l'immunologo dell'Università di Modena, Andrea Cossarizza

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